Per la prima volta la Toscana adotta il Codice del commercio, che la Regione ha elaborato avvalendosi delle competenze legislative esclusive assegnate dalla riforma Bersani e dal nuovo titolo V della Costituzione. Il Consiglio regionale ha approvato il Codice a maggioranza. Il nuovo testo unico - in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazioni di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti - riunifica, con una forte opera di semplificazione, le normative di disciplina di vari settori, cancellando di fatto sette leggi, di cui quattro regionali e tre statali.
E se la disciplina del commercio su aree pubbliche e la disciplina della distribuzione di carburanti nonché la parte relativa alle vendite promozionali vengono confermate, per la prima volta il codice interviene sul settore dei pubblici esercizi. Numerose le novità contenute nel provvedimento, che conta oltre un centinaio di articoli. Si punta molto sulla semplificazione, riducendo i tempi burocratici per le imprese che vogliono avviare un’attività: così si introduce, ad esempio, un massiccio ricorso alla Dia, la denuncia di inizio attività.
Ancora, si stabilisce la possibilità del ricorso allo sportello unico per le attività produttive come prassi standard. Per quanto riguarda orari e aperture festive, viene abolita l’attuale distinzione fra comuni turistici e non turistici, che tanto ha fatto discutere, e la definizione degli orari è demandata alla trattativa locale fra Comuni e parti sociali. Per gli assetti commerciali si introduce il concetto di “aree sature”, come idea che porti a privilegiare le strutture esistenti e a puntare a uno sviluppo equilibrato che riesca a far convivere piccoli e grandi negozi.
Viene rinviato al regolamento, che dovrà essere adottato entro 180 giorni, e quindi a una nuova fase concertativa con le parti sociali, la definizione delle dimensioni della media e grande distribuzione. Per la prima volta viene disciplinato il settore dei pubblici esercizi. Qui viene introdotta la programmazione da parte dei Comuni, che dovranno redigere veri e propri piani, la cui attuazione avverrà attraverso l’emissione di bandi comunali a cui concorreranno gli interessati al trasferimento delle attività esistenti o all’apertura di nuove.
Ad assegnazione avvenuta scatterà una vera a propria semplificazione attraverso il ricorso alla Dia, la denuncia di inizio attività. Altro punto di grande rilievo: per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, c’è un’unificazione delle tipologie di esercizi (non più bar e ristoranti, ma tipologia unica) ed è sancita l’abolizione del Rec, il registro degli esercenti in commercio. Per quanto riguarda infine la vendita di giornali e riviste, il nuovo testo articola il sistema distributivo in punti vendita esclusivi (le edicole) e non esclusivi: in pratica anche bar, ristoranti, librerie potranno essere autorizzati a vendere quotidiani e periodici.
Illustrando l’atto, il Presidente della III Commissione Loriano Valentini (Democratici di Sinistra), ha affermato che il “Codice tiene conto della condizione del commercio in Toscana – 130.000 imprese e 2.000 distributori – non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche strategico, perché corrisponde ai requisiti della crescita dei contesti economici locali”. Valentini si è inoltre soffermato sulle azioni messe in campo dalla Regione, definendole “incisive ed efficaci”, a partire dallo sforzo finanziario fino allo sviluppo della grande distribuzione in Toscana.
“Il testo è il risultato di una fruttuosa concertazione tra tutti gli interessati – ha spiegato Valentini – c’è la sensazione di una larga condivisione, che ci ha portato a conseguire diversi obiettivi strategici, come garantire l’equilibrio tra grandi, medie e piccole strutture di vendita, o promuovere interventi per la competitività delle imprese attraverso azioni innovative, costruzione di reti fra imprese e sistemi territoriali, sviluppo di progetti di filiera”. Il Codice è stato accompagnato da una risoluzione della III Commissione, che contiene gli orientamenti da seguire per l’elaborazione del regolamento.
Il nuovo Codice del commercio è stato approvato dal Consiglio toscano con il voto favorevole dei gruppi di maggioranza e contrario di centro-destra e Rifondazione comunista. Stesso risultato anche per la risoluzione predisposta dalla commissione Attività produttive, che impegna la Giunta ad attenersi a precise direttrici nel momento in cui adotterà i futuri strumenti attuativi della legge: promuovere uno sviluppo equilibrato della rete commerciale, indicando anche i criteri per l’individuazione delle aree sature; promuovere la qualificazione della rete commerciale, attraverso i centri commerciali naturali, i progetti integrati, l’innovazione; favorire la concertazione a livello locale.
Nel testo della legge, su sollecitazione del centro-destra, sono state inserite alcune disposizioni relative al commercio abusivo e alle sanzioni. Grazie a questo, Roberto Caverni (FI) ha ritirato la propria proposta di legge. Ma il consigliere non ha modificato il giudizio complessivo sul provvedimento, sostenendo che rischia di penalizzare i negozi di vicinato ed i centri storici. Pur contenendo alcuni aspetti positivi, per Caverni, infatti, la legge “avrebbe dovuto puntare di più sull’equilibrio tra grande, media e piccola distribuzione”.
“Se la sinistra parla di liberalizzazione – ha detto – qualche sospetto viene sempre: viene spontaneo pensare che qualche grande impresa o grande gruppo abbia interesse a portare avanti questo tipo di impostazione”. Secondo l’esponente azzurro, così si rischia di svuotare i centri storici, mentre sarebbe stato necessario “trasformare i centri storici in centri commerciali naturali”, facilitando ad esempio modalità di accesso e parcheggio. Maurizio Dinelli, capogruppo di Forza Italia, ha confermato il giudizio complessivo di Caverni, ma ha anche espresso soddisfazione per l’inserimento nel testo delle sanzioni per il commercio abusivo, definendolo “un notevole passo avanti”.
Anche Rifondazione comunista ha votato contro la legge. “I grandi centri commerciali favoriscono gli spostamenti dei cittadini finalizzati solo agli acquisti, mentre danneggiano la vita sociale, le relazioni, la vita di quartiere – ha affermato il capogruppo, Giovanni Barbagli – Per certi aspetti, questo tipo di liberalizzazione sembra una regalia di fine mandato”. Inoltre, per Barbagli il provvedimento non è coerente con le politiche regionali per la montagna e i piccoli comuni. Il dibattito si è chiuso con l’intervento dell’assessore regionale al commercio, Susanna Cenni, che ha respinto al mittente le accuse di eccessiva liberalizzazione ed eccessiva apertura ai grandi centri commerciali.
“Tutto si può dire sul Codice, tranne che promuova una liberalizzazione indiscriminata – ha detto – Anzi, la legge ed i numerosi atti e progetti che abbiamo attivato vogliono proprio favorire i centri minori e i centri commerciali naturali, promuovendo uno sviluppo equilibrato tra media, piccola e grande distribuzione”. L’assessore, ricordando che la Toscana è la prima Regione in Italia a dotarsi del Codice del commercio, ha ribadito che sul testo c’è stato un ampio processo di concertazione ed ha ringraziato la commissione per il suo lavoro, che ha portato ad un ulteriore miglioramento della legge.
In sede di dichiarazione di voto, Loriano Valentini (Ds) e Fabio Roggiolani (Verdi) hanno difeso l’impostazione della Giunta. “Il Codice punta alla democrazia economica e alla partecipazione – ha detto Roggiolani – Partendo dalla considerazione che il modello dei centri commerciali sta andando in crisi, favorisce il piccolo commercio come volano per le produzioni locali”. “La nuova legge è un segno di grande capacità di governo”, ha concluso.