La recrudescenza dei focolai di crisi ha messo in risalto i limiti della governance nell’Area Euro, assestando un duro colpo al ripristino dei livelli di attività economica; nella seconda metà del 2011 il quadro macroeconomico internazionale si è rapidamente deteriorato con un affievolimento della ripresa che, almeno nella prima parte dell’anno, sembrava dirigersi verso un certo consolidamento. L’aggravamento degli squilibri nei conti pubblici di Grecia e Italia ha profondamente minato le basi del recupero, portando ad una vera e propria involuzione del quadro congiunturale, con epicentro nei paesi dell’Area Euro. Al blocco della ripresa vi hanno peraltro concorso altri elementi come un generale grado di utilizzo degli impianti ancora non sufficiente; gli eccessivi rialzi dei prezzi delle materie prime che, per buona parte del 2011, hanno attenuato la dinamica della domanda; le politiche di bilancio restrittive, come risultato dell’inadeguatezza di quelle precedenti; le criticità ancora presenti sui mercati del lavoro con effetti depressivi soprattutto sulla domanda di lavoro delle imprese e sulla spesa delle famiglie. Il rallentamento dell’attività economica globale del 2011 è la sintesi di dinamiche differenziate tra il raggruppamento dei paesi emergenti e le economie avanzate, con i primi che apportano un contributo sostanziale al prodotto globale, nonostante una moderata frenata (da +7,5% a +6,2%); per i paesi avanzati si è verificato un dimezzamento del ritmo di espansione del PIL aggregato (da +3,2% a +1,6%).
Nell’ambito di questi ultimi gli Stati Uniti sono cresciuti dell’1,7% e l’Area Euro dell’1,4%; tuttavia è proprio all’interno dell’Area Euro che le tensioni sui mercati finanziari hanno influito a loro volta su un’ulteriore dualità ciclica come evidenzia anche l’aumento della variabilità nei tassi di crescita fra le diverse economie: da un lato troviamo le economie del centro nord trainate da Germania (+3,1%) e Francia (+1,7%), con dinamiche nettamente migliori; dall’altro paesi “periferici” come Italia (+0,4%), Irlanda (+0,7%), Spagna (+0,7%), Portogallo (-1,5%) e ovviamente Grecia (-6,9%), i quali hanno contribuito maggiormente a frenare la crescita dell’Area Euro e del vecchio continente. Nel 2011 la crescita economica nazionale è nettamente rallentata con un debole incremento del prodotto interno lordo (+0,4%).
Hanno fortemente inciso le tensioni sui mercati, emerse all’inizio del secondo semestre e determinate dai dubbi sull’affidabilità del nostro paese nel riuscire a rispettare gli impegni presi, attraverso le varie manovre, nel tentativo di riequilibrare i conti pubblici. Per quanto riguarda le stime di crescita per il nostro paese, elaborate dai principali istituti di analisi economica, tutte le previsioni convergono nel certificare come il 2012 sarà un anno di recessione con un prodotto che dovrebbe subire una contrazione compresa tra -1,2% (Ministero dell’Economia) e -1,9% (FMI).
Per l’anno in corso il decremento del prodotto interno lordo dipenderebbe da una pronunciata caduta della domanda interna, con un consistente calo dell’attività di investimento e con consumi che risulterebbero sempre tirati indietro da un peggioramento della dinamica negativa del reddito reale disponibile (-2% per REF nel 2012), indice di una graduale ed ulteriore erosione del potere d’acquisto. Nel 2011 la crescita del valore aggiunto prodotto localmente è stata del +1,4% rappresentando una buona tenuta rispetto all’anno precedente, almeno ad un primo sguardo.
Tuttavia se consideriamo la dinamica congiunturale e gli apporti delle varie componenti, affiorano segnali contrastanti ed anche premonitori dal punto di vista pre-recessivo, come il calo delle importazioni, strettamente legato al netto rallentamento della domanda interna. Parzialmente vengono scontati gli effetti delle misure fiscali restrittive poste in atto dal Governo, anche se dovrebbero riverberarsi principalmente sul 2012 con effetti depressivi generati prevalentemente tramite il canale dei consumi. In altre parole il 2011 può essere archiviato come l’anno della “ripresa frenata” durante il quale il sentiero di recupero si è parzialmente arenato nel primo semestre.
Comunque il quadro congiunturale correlato all’andamento del prodotto locale non è sembrato particolarmente deteriorato, con riferimento alla sintesi annuale dei principali indicatori: si è registrata una buona performance del manifatturiero, del commercio estero e della spesa turistica estera; dinamica più contenuta per il tasso di sviluppo imprenditoriale, ma che rimane analoga a quella dello scorso anno al netto delle cancellazioni d’ufficio (+1,1%); la nota dolente riguarda il fatturato delle attività commerciali al dettaglio in sede fissa, con una variazione negativa che si accentua rispetto all’anno scorso (da -1,3% a -1,9), in stretta connessione con la dinamica cedente dei consumi delle famiglie.
Dal terzo trimestre l’assetto congiunturale locale ha iniziato a decelerare, mantenendosi sempre su tassi di sviluppo piuttosto accettabili, senza sgretolarsi ma escludendo necessariamente il commercio, che invece è ulteriormente peggiorato. La domanda estera ha mantenuto un buon tasso di sviluppo in termini reali (+5,6%) senza mostrare particolari cedimenti, con un elevato contributo all’andamento del prodotto derivante dalle esportazioni nette, determinato soprattutto da una rilevante caduta delle importazioni (-4,6%) che riflette la situazione di criticità della domanda interna. Considerando le componenti della domanda interna emerge un quadro fortemente indebolito: rallenta la dinamica dei consumi delle famiglie (da +1% a +0,3%) riflettendo le ricadute della manovra economica del Governo sulla nostra provincia, insieme ad un aumento dell’inflazione (+2,5% per la città di Firenze; +2,8% nazionale) e a criticità ancora presenti sul mercato del lavoro locale.
Inoltre il reddito disponibile, in termini reali, si è deteriorato rispetto all’anno scorso scendendo di circa l’1% con una dinamica che ha mostrato un profilo evolutivo inferiore all’andamento dell’indice generale dei prezzi al consumo, il cui divario potrebbe aumentare nell’anno in corso: ciò non fa nient’altro che segnalare una perdita di potere d’acquisto anche per l’ambito provinciale. Gli investimenti fissi lordi nel 2011 si sono caratterizzati per una lieve contrazione, dopo il buon recupero dell’anno precedente (da +3,8% a -0,5%): tale andamento risulterebbe strettamente correlato al peggioramento del quadro economico che hanno dovuto fronteggiare le imprese nella seconda parte dell’anno, insieme ad un sistema creditizio che ha gradualmente irrigidito le condizioni d’offerta determinando una restrizione delle condizioni di accesso al credito per le imprese, soprattutto quelle più piccole. Manifatturiero – L’attività industriale fiorentina non sembra identificarsi propriamente con il trend del prodotto annuale nel 2011, considerando che l’anno appena passato si è concluso con una variazione media annua che va quasi al raddoppio rispetto al 2010: il tasso di sviluppo è passato dal +4,4% al +8,2%.
Questo risultato rappresenta la sintesi di un andamento molto positivo nel primo quarto dell’anno (+8,3%), migliorando notevolmente nel secondo trimestre (+11,4%) per poi iniziare a decelerare nel terzo, anche se non in modo brusco (+7,4%). In chiusura d’anno la produzione si è caratterizzata per una ulteriore decelerazione (+5,6%). Il bilancio annuale degli indicatori appare quindi abbastanza positivo, facendo apparire sottotraccia le criticità che hanno cominciato ad affiorare soprattutto nel quarto trimestre del 2011 per l’attività industriale.
Se ci riferiamo ai valori medi annui, oltre che alla dinamica della produzione, piuttosto positivo è stato anche l’andamento del fatturato (da +3,7% a +7,3%). Maggior moderazione è rinvenibile per gli ordini esteri (da +3,6% a +2,1%) e per la quota di fatturato estero (da 32,6% a 33,9%); la domanda complessiva si è mantenuta su un livello abbastanza buono (+4,4%); i prezzi alla produzione sono saliti dal +0,7% al +1,6% parallelamente ad una capacità produttiva utilizzata che, almeno nel 2011, ha recuperato abbastanza bene (da 73,9% a 82,2%). In termini settoriali i dati medi annui andrebbero a delineare una buona ripresa del ciclo industriale locale con spinte propulsive provenienti da comparti di rilievo come pelli – cuoio (da +8,5% a +17,5%), farmaceutica (+29,1%), meccanica (da +3,9% a +5,8%); forti incrementi sono rilevabili anche per minerali non metalliferi (da +4,4% a +15,9%) e calzature (da +2,6% a +13,1%).
Tiene il comparto alimentare (da +2,6% a +2,4%), mentre decelerazioni più o meno marcate si sono registrate per tessile abbigliamento (da +4% a +2,1%), legno e mobilio (da 8,6% a +0,5%), chimica-gomma-plastica (da +5,6% a +3,8%) e mezzi di trasporto (da +8,5% a +1%). Artigianato – Col 2011 si chiude un nuovo anno difficile per il comparto artigiano, con una perdita media sul fatturato del 9,2%, più ampia di quella dell’anno scorso e che colpisce tutti i settori ma, in modo particolare, l’edilizia, la quale subisce una perdita del 18%; i servizi lamentano un calo dell’8,4% mentre il manifatturiero chiude in calo del 3,8%.
Negativi anche i dati relativi ai saldi tra imprese che hanno avuto ordinativi in aumento e imprese che hanno avuto una diminuzione (42,5p.p.). Il dato relativo ai distretti manifatturieri evidenzia delle perdite per entrambi i distretti fiorentini (Castelfiorentino -8,1% ed Empoli -7,4%). Commercio – Nemmeno nel 2011 il comparto è riuscito a invertire la tendenza negativa che si protrae oramai da molti anni. Difatti, l’anno si è chiuso con una perdita dell’1,9%. A livello settoriale è stato soprattutto il ramo non alimentare ad accusare i cali maggiori (-2,6%) e, al proprio interno, la vendita dei beni durevoli per il sistema casa ha avuto la peggio (-3,5%).
Flette anche il ramo alimentare (-1,7%). Sul lato dimensionale, ancora una volta la piccola e la media impresa di distribuzione (rispettivamente sotto i 5 e sotto i 19 addetti) manifestano le difficoltà maggiori con cali del 3,9 e del 2,5%; qualche criticità anche per la grande impresa di distribuzione (-0,4%). Il comparto tiene, sostanzialmente, sul fronte delle localizzazioni operative; quelle operanti nella vendita al dettaglio in sede fissa sono 14.462 (-0,3% rispetto al 2010), ma le localizzazioni operative nel settore alimentare perdono l’1,3%. Agricoltura - Il settore agricolo ha attraversato un altro anno connotato da stazionarietà del valore aggiunto (0,1%), ridimensionamento del numero di occupati totali e del numero di imprese attive (-1,4%).
In aumento le esportazioni (+9,8%). I primi dati del censimento sull’agricoltura 2010 hanno permesso di evidenziare una ristrutturazione del settore, articolata su una consistente riduzione del numero di imprese agricole (da 15.970 a 10.645), affiancato a un calo del numero complessivo di ettari destinati alla produzione; in crescita la dimensione media di ettari per azienda (da 7,8 a 10). Turismo - Nel 2011 è continuata la crescita dei flussi turistici, con le presenze che si sono portate oltre i 12 milioni e gli arrivi oltre i 4.
In aumento tanto il peso del turismo internazionale, quanto la permanenza media. La provenienza statunitense tra gli extra-europei e la francese tra le europee si confermano come quelle più rilevanti in termini numerici. In crescita il movimento turistico generato da brasiliani, cinesi e russi, mentre è calata l’affluenza dalla Spagna. Nel corso dell’anno, poi, la spesa dei turisti stranieri in provincia è aumentata in valori correnti del 7%; in aumento anche la spesa all’estero dei residenti in provincia (+3,9%, per una spesa pro-capite di 1.954 euro correnti); la bilancia dei pagamenti turistica chiude con un saldo di 1,7miliardi di euro.
La sintesi annuale della bilancia dei pagamenti turistica con l’estero si può riassumere in un saldo che aumenta da 1,5 a circa 1,7miliardi di euro rappresentando poco più di due terzi del saldo regionale; il saldo così generato si avvicina sempre di più al livello pre-crisi del 2007, risultando inferiore a quest’ultimo del 2,6% Credito - Impieghi in moderato aumento (+2,5%). Il volume dei depositi (inclusi quelli attribuibili alla cassa depositi e prestiti) si porta a 19.379 milioni di euro e nel contempo cala il rapporto tra impieghi e depositi (adesso al 2, era al 2,17 nel 2010).
Problematico il dato sulle sofferenze, generalmente in aumento: difatti, il rapporto tra sofferenze e impieghi è balzato in avanti da 3,9 a 6,1 e il numero di affidati è lievitato sino a raggiungere quota 17.552, mentre l’importo utilizzato si è elevato, rispetto al 2010, del 32,5%, attestandosi a 2.360 milioni di euro. Dinamica dei prezzi - A fine 2011 per la nostra provincia le quotazioni all’ingrosso rilevate per i principali gruppi di prodotti denotano una tendenza bipartita, con prodotti come vini (da -8,7% a +14,4%), uova (da +3% a +19,4%), lattiero-caseari (da +5,5% a +16,9%) e conservati (da +2,4% a +5,3%) che migliorano rispetto allo scorso anno e merci che invece risultano decelerare o diminuire.
In particolare diminuiscono le quotazioni all’ingrosso per le carni fresche (-2,8%) e i cereali (-8,2%), mentre rallentano gli oli alimentari (da +14,2% a +1,6%) e gli avicunicoli (da +7,4% a +0,6%). I vini hanno mostrato una buona ripresa soprattutto nella parte finale dell’anno ancorandosi ad una domanda estera che ha mostrato segnali di recupero, rispetto ad un mercato domestico ancora piuttosto statico; quest’ultima caratteristica accomuna tuttavia segmenti come gli avicunicoli e le carni fresche, maggiormente dipendenti dalla domanda interna (in particolare locale). Le esportazioni totali, in valori cumulati correnti, sono passate dai 7,4miliardi di euro del 2010 a circa 8,1miliardi di euro per una variazione, calcolata su valori cumulati, del 9,8%, rappresentando un buon miglioramento rispetto alla fine del 2010 in cui si era registrato un tasso di sviluppo del 6,8%.
Sul fronte importazioni tuttavia si rileva una brusca decelerazione del tasso di crescita nei confronti dell’anno precedente, che passa da un +12,7% a un +2,6%, per un flusso importato complessivo di 4,6miliardi di euro: ciò potrebbe rappresentare un segnale non positivo e premonitore in termini pre-recessivi perché è sicuramente indice di una domanda interna caratterizzata da chiari segni di affievolimento. La buona crescita delle esportazioni insieme al rallentamento dei flussi di merci in entrata dall’estero vanno a determinare un saldo della bilancia commerciale con l’estero ampiamente positivo e su livelli superiori a quanto rilevato per la fine del 2010, con un valore che sale da circa 2,9 miliardi di euro a poco meno di 3,5 miliardi di euro. In termini merceologici si registra un incremento piuttosto sostenuto per i beni di consumo non durevoli (+20%) e i prodotti intermedi (+12,4%): nel primo raggruppamento troviamo il buon andamento delle produzioni del sistema moda (+22,8%), che hanno generato un contributo essenziale all’incremento complessivo delle esportazioni, spinte in particolare dal segmento cuoio-pelletteria (+32,9%), ormai vero motore trainante del nostro export locale, avendo raggiunto una quota del 19,6% sul valore totale esportato nel manifatturiero, con un guadagno di tre punti percentuali in un anno e generando un contributo alla crescita del +5,3%.
Tra i beni di consumo non durevoli aumentano anche alimentari e bevande (+9,4%) e farmaceutico (+12,5%). Considerando la geografia delle vendite all’estero, l’insieme dei paesi dell’Unione Europea è sceso ad un’incidenza percentuale del 40,7% dal 43,1% dell’anno precedente, con aumenti superiori alla media registrati per Francia (+18,8%), Germania (+10,2%) e Romania (+19,1%). All’esterno dei mercati europei, si sono registrati tassi di sviluppo piuttosto sostenuti dei flussi di merci in uscita per Stati Uniti (+19,5%) e America Centro Meridionale (+24,3%) con particolare riferimento ad un buon recupero del Brasile rispetto al 2010 (da -54% a +48,7%); crescono le vendite anche nel continente asiatico, in relazione sia all’Asia Centrale (+14,7%) che all’Asia Orientale (+25,4%): nel primo caso occorre mettere in evidenza il forte contributo dell’India (+67,9%), mentre riguardo all’estremo oriente va piuttosto bene il recupero del mercato cinese dopo il calo rilevato a fine 2010 (da -36,8% +7,8%). I dati Istat sulle forze di lavoro evidenziano a consuntivo 2011 uno stock di occupati che tende a ristagnare evidenziando una variazione flebilmente negativa (-0,2%); in valori assoluti si registra una perdita netta che tende a rientrare passando dai circa 2mila posti di lavoro persi l’anno precedente, ad una riduzione di circa 900 posti di lavoro.
La crescita economica locale non è stata in grado di riattivare una domanda di lavoro tale da fornire il giusto impulso alla creazione di base occupazionale dal lato offerta. Le persone in cerca di occupazione hanno evidenziato un aumento del 26,7% portandosi a circa 28mila unità, con un tasso di disoccupazione che sale dal 4,8% al 6,1%: in particolare l’indicatore risente del notevole aumento della percentuale di disoccupati di sesso maschile (dal 4% al 6,2%), rispetto ad una quasi stazionarietà del tasso di disoccupazione femminile (da 5,8% a 5,9%).
Si potrebbe trattare in parte di una "semplice" emersione di quelli che in precedenza figuravano tra gli scoraggiati (tanto che il tasso di inattività scende da 29,7% a 29,1%) e che sono tornati a cercare attivamente lavoro, perchè magari nei primi due trimestri dell'anno la congiuntura andava bene, prima del “crollo” estivo. Il ruolo della disoccupazione è stato piuttosto incisivo per la fascia di età 15-24 anni con un aumento del livello dal 20,8% al 26,8%, si tratta di un valore piuttosto elevato anche se inferiore alla media nazionale (29,1%), ma di poco superiore al dato medio regionale (24,9%). Prosegue la discesa del tasso di occupazione, inaugurata nel 2009, che perde 6 decimi di punto nei confronti dell’anno precedente scendendo quindi al 66,5% e tornando così al livello del 2005.
Il deterioramento occupazionale indotto dalla crisi, parallelamente all’affievolimento dei reintegri dei lavoratori in cassa integrazione potrebbe portare ad un ampliamento della perdita di posti di lavoro nel 2012 (circa 1.800 in meno) e ad una risalita del tasso di disoccupazione al 6,5%. Cassa integrazione - Il valore cumulato di ore complessivamente autorizzate per i trattamenti di integrazione salariale a fine 2011 è risultato pari a 13,3milioni, andando a diminuire del 5,6% nei confronti del 2010, con una perdita di circa 800mila ore.
Nell’industria in senso stretto la perdita in termini relativi è stata del 13,7% scendendo a 7,8milioni di ore autorizzate. Le ore ordinarie di CIG sono cadute notevolmente (-27,8%), parallelamente all’accrescimento della quota della componente straordinaria, caratterizzata da una diminuzione di minore entità (-1,3%) e di quella in deroga che invece è aumentata del 7,6%; il peso di ciascuna di queste ultime due componenti sul totale è del 40% circa, mentre quella ordinaria non rappresenta più la modalità di gestione delle riduzioni d’orario, avendo lasciato maggior spazio soprattutto alla componente in deroga. Pur in un quadro economico assai critico, nel 2011 il sistema imprenditoriale fiorentino ha mantenuto sostanzialmente inalterato il proprio stock; difatti, un buon andamento delle iscrizioni e un lieve calo delle cessazioni (al netto di quelle d’ufficio) hanno permesso di archiviare l’anno con un tasso di crescita praticamente identico a quello del 2010 (1,1%) Sul versante delle consistenze numeriche si registra una debole involuzione (da 109.041 a 108.671, -0,3%), che si riverbera anche sulle sedi attive (da 94.220 a 94.029, -0,2%).
Diversa la situazione per l’imprenditoria artigiana: continua il calo dello stock (da 31.511 a 31.220) ma, rispetto alle ultime due annualità, si arresta il trend negativo in termini di natimortalità; rispetto all’evoluzione per forma giuridica, la società di capitali è l’unica a crescere (27.009, +0,6%). Le imprese individuali si confermano lo zoccolo duro dell’imprenditoria fiorentina con una consistenza numerica di poco inferiore alle 54.000 unità (53.927), ma in lieve calo rispetto al 2010 (-0,5%); in calo anche le società di persone (24.801, 196 in meno rispetto al 2010).
Sul lato delle attività invece, si evidenzia come il sistema imprenditoriale fiorentino abbia avuto due andamenti diversi al proprio interno: debole per agricoltura, manifatturiero, costruzioni e riparazioni (molti trimestri in negativo e bassi quelli positivi), dinamica e più sostenuta per i servizi del terziario non commerciale (alle imprese e alle persone). Nel dettaglio, le perdite più cospicue in termini di imprese attive si riscontrano nel manifatturiero (-139 unità, dovuto soprattutto al ridimensionamento della metallurgia), nel commercio e nelle costruzioni.
In crescita, invece, le attività riguardanti i servizi di alloggio e ristorazione. Relativamente alle procedure concorsuali, secondo i dati Unioncamere, nel 2011 si è approfondito lo stato di crisi delle imprese e, in provincia di Firenze, risultano essere state 303 le imprese per le quali è stata aperta una procedura concorsuale (contro le 284 del 2010), mentre i procedimenti di liquidazione volontaria avviati nel 2011 sono stati oltre 2.000, segnando così un ritorno ai livelli del triennio 2007-2009, marcando pertanto un incremento su base annua del 12,8%, terzo in Toscana dopo Pistoia e Siena. Le correzioni di finanza pubblica decise dal Governo in carica avranno effetti sulla domanda interna, con un aggravio del carico fiscale a partire dal mese di giugno e, se dovesse andare in porto, delle imposte indirette con l’aumento di due punti percentuali delle aliquote IVA da ottobre.
Rimane difficile pensare a come sganciare il ciclo nazionale, così come anche quello locale da questi fattori fortemente frenanti; l’unico spiraglio è l’allentamento della restrizione creditizia nella seconda metà del 2012, insieme ad una persistenza dei tassi di interesse a lungo termine su livelli non elevati, che potrebbe incidere in positivo sulla capacità di investimento per il 2013, ma a parte questa considerazione l’orizzonte di previsione rimane piuttosto negativo, tanto che la stima per il 2012 segnala un calo del prodotto locale pari a circa l’1%.
Nel 2013 non si dovrebbe avere una coda negativa anche se la crescita potrebbe risultare ancora debole e “affaticata” (+0,5%). Sostanzialmente il 2012 risentirà delle politiche economiche volte al consolidamento del bilancio pubblico e degli effetti indotti da queste ultime sul ridimensionamento del potere d’acquisto delle famiglie; considerando anche una certa persistenza di un’inflazione pari o di poco inferiore al 3% e un quadro di recessione economica, il reddito disponibile in termini reali dovrebbe contrarsi in misura più consistente che nel 2011 (-2,4%) andando così a ripercuotersi su un ulteriore ed accentuato calo dei consumi delle famiglie (-2,2%), già messi a dura prova dalla perdurante incertezza riguardo alle condizioni del mercato del lavoro.
Se, in assenza di provvedimenti di riordino della materia fiscale, dovesse realizzarsi l’aumento dell’IVA nell’autunno 2012, anche nel prossimo anno si potrebbero verificare ulteriori effetti depressivi su potere d’acquisto (-1,3%) e consumi (-0,9%). Al ridimensionamento dei consumi si accompagnerebbe un netto deterioramento della capacità di accumulazione delle imprese (-3,3%), che risentirebbe del forte indebolimento dei consumi interni e di un certo irrigidimento delle condizioni di accesso al credito, anche se in via di probabile attenuazione soprattutto verso la fine dell’anno. Per la domanda di lavoro le possibilità di recupero rimangono ancora limitate con un lieve calo per il 2012 (-0,2%) e un debole aumento per il 2013 (+0,2%).