Brindisi e il suo corso. Storia di un'altra città

Il sindaco di Brindisi ha la faccia simpatica, e i modi sicuri ma educati. Ci prova a fare quello moderno, democratico, aperto ai giovani e alle novità. Ma a volte si confonde e finisce per sembrare un sindaco del dopoguerra.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 giugno 2012 22:21
Brindisi e il suo corso. Storia di un'altra città

Il sindaco di Brindisi ha la faccia simpatica, e i modi sicuri ma educati. Ci prova a fare quello moderno, democratico, aperto ai giovani e alle novità. Ma a volte si confonde e finisce per sembrare un sindaco del dopoguerra. Dice che vuole riaprire al traffico il corso pedonale per liberare la città dal traffico, ma anche per smuoverla dall’immobilismo (qui il video). Proprio sul corso, tra gli anni Cinquanta e Sessanta vennero demolite le costruzioni novecentesche del palazzo del Banco di Napoli e del Teatro Verdi e, pochi metri più all’interno, il settecentesco Palazzo dell’Orologio. Queste strutture vennero demolite in nome della modernità, ma in realtà era un pretesto per far guadagnare gli speculatori, come era frequente in quegli anni.

Si diceva che quelle costruzioni non servivano più, e che la città si doveva smuovere. Dovevano arrivare le cose moderne, tipo i magazzini UPIM e un Banco di Napoli tutto nuovo, in vetro e metallo. Le amministrazioni di allora erano mosse chiaramente dalla volontà di aiutare amici, parenti e clienti che avevano bisogno di appalti. Oltre a questo però, erano veramente un po’ convinte della modernità delle proprie scelte, perché non avevano senso estetico, né cultura, né lungimiranza. Ora ovviamente quelle costruzioni anni Sessanta appaiono buffe e, per quanto abbiano ormai una bellezza vintage e malinconica che resta a testimonianza perenne di una città ferita dal malaffare, sono inutili.

Perché i grandi magazzini sul modello UPIM non servono più e le grandi banche zeppe di stanze per ospitare archivi cartacei e un personale sovrabbondante sono ormai superate. Modernità non è cambiare a caso e a tutti i costi. Modernità è libertà dalla superstizione, dal pregiudizio, dal brutto e dall’ignoranza. Ma non si sa se il sindaco dal sorriso aperto che ha fortemente voluto tante donne in giunta – anche se non ha reso pubblici i curriculum degli assessori – ce la può fare.

Il sindaco scrive su Facebook e chiama i contestatori per nome dicendo che non sarà mai un sindaco autoritario. Gioca però con l’ignoranza del cittadino meno informato, quello affezionato all’auto, quello che non vive il centro storico, e che confonde la modernità con l’industria pesante, perché è rimasto indietro di qualche decennio, perché non sa che un altro mondo è possibile. Mimmo Consales sicuramente ha viaggiato e lo sa che tutte le città hanno le vie principali pedonali.

Conosce Via Garibaldi a Torino, Via D’Azeglio e Via Zamboni a Bologna, Via Frattina e Via Condotti a Roma, Corso Vittorio Emanuele a Milano, Via Sparano e Via Argiro a Bari, Via San Fermo, l’area Liston e Via Roma a Padova, Via del Corso e Via Roma a Firenze. E il sindaco lo sa che il corso di Brindisi scoppia di gente, soprattutto in paragone con alcuni centri città del Nord Italia o del Nord Europa, dove dopo le 18 non c’è anima viva per strada, o magari con i centri abbandonati di alcune città della Calabria, piegate dalle speculazioni. Il 28 maggio 2012 però il sindaco ha detto al Quotidiano, il principale giornale locale, che "in nessuna grande città i corsi sono chiusi al traffico".

Il sindaco gioca con l’ignoranza di chi non ha viaggiato, o non lo ha fatto abbastanza per memorizzare abitudini e topografia delle altre città. Il corso a Brindisi è il luogo di socializzazione per eccellenza, da quando è nato a metà Ottocento. Sul corso si passeggia, si incontrano gli amici, si discute e si riflette, anche senza bere, anche senza comprare. In questo risiede la meraviglia della socialità urbana meridionale e la sua post-modernità. Questo tipo di socialità esalta l’essere umano in quanto tale e in quanto bisognoso di relazionarsi con i suoi simili e con la comunità, non in quanto consumatore, di merci o cibo o alcol. Il corso è stato progettato quando non esistevano le auto e aveva la funzione fondamentale di collegare la stazione al porto, anche senza il transito di automezzi.

Poi ha avuto la funzione di arteria stradale durante il boom economico e l'esplosione del mercato automobilistico. Infine, per decisione di una giunta sventurata ma incredibilmente lungimirante in questo senso, è tornato pedonale una decina di anni fa. Così il corso, in quest’epoca post-industriale che riscopre l’ambiente e la centralità della socialità urbana, è tornato a una funzione più vicina a quella originaria. Non per nostalgia, ma perché la post-modernità tenta di superare le contraddizioni più stridenti della modernità. La gente sul corso di Brindisi passeggia lenta.

A Brindisi c’è quasi sempre il sole e anche d'inverno la temperatura è mite. La vita sarebbe così bella a Brindisi se ci fosse il lavoro, se i ragazzi e le ragazze che sono andati via a studiare potessero tornare, se non ci fossero le morti di tumori a pioggia per l’inquinamento. La città si deve smuovere, il sindaco ha ragione. Si deve smuovere e non fare più cose tamarre, non offrire più il fianco all’ignoranza: si deve aprire alla bellezza, alla partecipazione, alla cultura.

E deve poterlo fare passeggiando sul suo corso, in direzione del mare. I Mille di (corso) Garibaldi, il gruppo nato per salvare il corso pedonale, ha indetto un sit-in per domenica 3 giugno alle 19, a Brindisi su Corso Garibaldi naturalmente.

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