Strage di Brindisi: ritratto di una città

E' una città di porto, sconosciuta ai più. E' piagata dalla disoccupazione e dall'inquinamento, dovuto a industrie impiantate qui nei decenni passati. Ciononostante, la società civile esiste e ieri si è radunata in piazza.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 maggio 2012 12:07
Strage di Brindisi: ritratto di una città

Brindisi è una bellissima città sul mare, un’antica città romana incuneata così profondamente nell’Adriatico, che passeggiando per il suo porto sembra di stare sulle rive di un fiume. Ieri Brindisi è stata ferita, con un ordigno fatto esplodere davanti all’istituto professionale per i servizi sociali intitolato a Francesca Laura Morvillo Falcone, che ha ucciso e ferito alcune sue giovani figlie. Questa scuola superiore, pur essendo naturalmente aperta a tutti, è una scuola frequentata prevalentemente da ragazze.

La scuola si trova in un quartiere tranquillo, non lontano dal centro, tra il tribunale e la sede provinciale della CGIL. Tutta la città è molto tranquilla in realtà, ma questo non è molto percepito nell’immaginario collettivo, semplicemente perché è una città meridionale poco conosciuta, nonostante sia un nodo aereoportuale Ryanair e abbia un glorioso passato. A Brindisi la criminalità organizzata è sbocciata – fiore tardivo – solo negli anni Settanta, come in tutta la Puglia.

Ma la storia della città dopo la fine della seconda guerra mondiale non è stata molto felice anche per altri motivi, e innanzitutto per le decisioni prese dallo Stato centrale sul suo destino. A Brindisi fu aperta infatti nel 1959, nell’ambito dei provvedimenti speciali per il mezzogiorno, la Montecatini Edison, uno dei più grandi poli petrolchimici d’Italia, rivelatosi poi una delle tante “cattedrali nel deserto”. Più tardi sono state aperte la centrale Enel dall’ironico nome "Federico II", la centrale a carbone più grande d’Europa, e altre industrie dal grandissimo impatto ambientale. La città ha perso via via la balneabilità delle spiagge interne, la coltivabilità dei terreni agricoli, la qualità dell’aria. Ciononostante è rimasta sempre piena di disoccupati, o meglio lo è diventata perché fino a primi decenni del Novecento era invece meta di immigrazione, in particolare per i braccianti del basso Salento. I brindisini allora hanno iniziato ad emigrare, dappertutto: a Roma, nel Nord Italia, in Europa e negli Stati Uniti. In particolare negli ultimi decenni, gli studenti brindisini dopo il diploma vanno a studiare fuori: le risorse delle famiglie, prodotte in città, vengono drenate quindi altrove. Il risultato è anche però che Brindisi è cosmopolita e piena di esperienze e contributi provenienti da ogni dove. Gli studenti però, finita l’università, non riescono a tornare, per via della disoccupazione, e così la demografia della città è squilibrata, perché mancano i giovani tra i 20 e i 40 anni, e spesso a mancare sono proprio le menti più aperte e brillanti. Ciononostante, a Brindisi la società civile esiste eccome.

Accanto alla centrale a carbone più grande d’Europa, c’è anche uno dei movimenti ambientalisti più grandi d’Europa, che è riuscito a scongiurare l’apertura di un rigassificatore, con grande dignità, decidendo di non sacrificare più la qualità della vita a dei posti di lavoro comunque limitati e non generatori di vero sviluppo per il territorio. Brindisi, offesa e fiera, si è radunata ieri nel suo bellissimo centro storico pedonale, inondato dalla luce brillante tipica di queste zone. Si è radunata e si è chiesta se per caso anche stavolta Brindisi sia stata oggetto di decisioni prese altrove. Tatiana Schirinzi

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