Sono fioccate in questi ultimi giorni, insieme alla neve, anche le richieste che la Rai avanza nei confronti di ogni impresa esistente sull’italico suolo per il pagamento dell’Abbonamento Speciale alla televisione, ovvero quel canone (definito dal sempreverde Regio Decreto Legge 246/1938 e dal non meno longevo Decreto Legislativo Luogotenziale 458/1944) che obbliga al versamento dell’obolo tutti coloro che possiedono uno o più apparecchi “atti o adattabili” alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive, al di fuori dell'ambito familiare. Non solo alberghi, affittacamere, campeggi, ristoranti e strutture recettive in genere che offrono volontariamente alla propria clientela la visione delle trasmissioni Rai, ma anche negozi, botteghe, studi professionali e ogni tipo di impresa in possesso di un qualsiasi strumento, diverso dal televisore, che consenta (o possa consentire con apposite modifiche) la ricezione del segnale radio-tv.
Ovvero computer, ma anche smartphone, iPad e simili. “Poco importa che computer e telefoni siano strumento di lavoro e che la connessione internet sia richiesta dall’obbligatorietà della Pec o dalle modalità esclusivamente telematiche di comunicazione con la Pubblica Amministrazione – spiega Gianna Scatizzi, presidente di Confartigianato Imprese Firenze – A contare è solo un’opportunità di far cassa sulle spalle delle imprese (da 200,91 a 6.696,32 euro/anno di canone Tv per ognuno degli oltre 9 milioni di imprese e professionisti esistenti) enorme ed indecente, tanto per il periodo di crisi ed i sacrifici imposti dal Governo alle imprese (una su tutte, le liberalizzazioni selvagge), quanto per l’insensatezza di un’imposta basata sull’ipotesi e la possibilità d’accesso, piuttosto che sull’utilizzo reale di un servizio.
Come se noi, imprenditori e dipendenti, usassimo il computer per guardare fiction o partite di calcio in orario di lavoro”. L’ipotesi di neo-balzello, se non riesumato, di certo improvvisamente applicato nella più estensiva e letterale delle interpretazioni pro casse “statali” pare confermata dallo stesso Ufficio Abbonamenti Speciali della Rai di Firenze che, contattato in materia da Confartigianato, ha lodato la preveggenza del Regio Decreto, attribuendone la mancata applicazione fino al gennaio 2012 ad una bonaria volontà di “chiudere gli occhi” da parte di Rai stessa.
“Visto che di tecnologie parliamo, sarebbe più opportuno, sensato e civico che la Rai regolasse l’accesso streaming alla sua programmazione tramite password, così come avviene nel resto del mondo civile” aggiunge Scatizzi. Confartigianato chiede la revisione della normativa e la cancellazione del canone richiesto alle imprese per il solo possesso di computer, telefoni cellulari e strumenti similari.