Un’indagine tra le detenute del carcere di Sollicciano per comprendere meglio gli eventi e gli stati d’animo che conducono ad atti di autolesionismo e al suicidio, e mettere così in atto interventi mirati per prevenirli. E’ un progetto della Asl 10 di Firenze, approvato da una recente delibera di giunta. La ricerca avrà la durata di 12 mesi, sarà condotta da un’associazione di volontariato e coinvolgerà detenute e operatori/operatrici. “Negli ultimi tempi la Regione ha lavorato molto per migliorare le condizioni di salute dei detenuti – dice l’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia – La salute è un diritto di tutti, indistintamente, e la privazione della libertà personale non deve assolutamente significare anche perdita del diritto alla salute.
Nel giugno 2011 abbiamo varato le linee di indirizzo per la tutela della salute in carcere, e a ottobre inziative specifiche per la prevenzione del suicidio in carcere. Tra la popolazione detenuta femminile, però, gli atti di autolesionismo e i tentativi di suicidio presentano caratteristiche particolari: vogliamo studiarle meglio, per mettere in atto iniziative specifiche”. Il problema del suicidio in carcere, in aumento negli ultimi anni, è divenuto drammaticamente di attualità, anche a causa del sovraffollamento e dell’aggravarsi delle condizioni di vita negli istituti penitanziari.
Le – poche – ricerche svolte finora non evidenziano differenze numeriche significative tra uomini e donne nei tassi di suicidio in carcere. Ma sicuramente è emerso che, per esempio, le donne vivono con maggior sofferenza il mutamento del corpo rispetto agli uomini (mestruazioni, invecchiamento, menopausa), e i “tempi” del carcere si ripercuotono con più drammaticità sui “tempi”, assai più definiti rispetto agli uomini, della sessualità femminile: è come se le donne vivessero sul loro corpo, oltre alla costrizione in un ambiente ristretto, la privazione della sessualità e la perdita, a volte definitiva, della possibilità di diventare madre.
Anche le differenti metodiche usate dalle donne per togliersi la vita riflettono un diverso rapporto con il corpo: le donne sembrano prediligere metodiche, quali l’uso del gas, meno invasive e cruente rispetto a quelle scelte dagli uomini. Inoltre, le donne vivono con particolare paura e sofferenza la separazione dal partner e dai figli. L”indagine che verrà svolta nel 2012 tra le detenute di Sollicciano sarà in grado di individuare meglio i fattori di vulnerabilità e sofferenza che possono condurre le donne ad atti di autolesionismo e al suicidio, e di offrire elementi utili per le strategie da mettere in atto. Il suicidio in carcere, i dati italiani e quelli toscani Il rischio di suicidio è più elevato per le persone in stato di detenzione, rispetto alla popolazione generale, con un rapporto 20 volte maggiore.
Nelle carceri italiane nel 2009 il tasso di suicidi è stato di 116,5 su 100.000 detenuti; mentre il tasso registrato al di fuori del carcere è stato di 4,9 su 100.000 persone. Nel 2010, nelle carceri italiane i suicidi sono stati 55; 1.137 i tentati suicidi e 5.703 gli atti di autolesionismo. La maggior parte dei suicidi in carcere avvengono nel primo periodo di detenzione: 61% dei casi riguarda reclusi da meno di un anno; 51,6% si verifica nei primi 6 mesi di reclusione; 17,2% nella prima settimana di reclusione.
Il 62% dei decessi per suicidio in carcere riguarda utilizzatori problematici di sostanze. Nel 2010 nelle carceri toscane sono stati accertati 2.342 “eventi critici”. Sono stati registrati 5 decessi per cause naturali, 6 suicidi, 168 tentati suicidi, 849 atti di autolesionismo e 638 scioperi della fame.