“Carissimo Telemaco, diremo, – Signorini – / quantunque nell’aspetto, parecchio – Contadini – / come ce lo dimostra molto, evidentemente / quella zanna cariatide, che chiameremo dente. / Dunque, per principiarti una specie d’invito /a satollar l’artistico, stomatico appetito, / t’annunzio che nel prossimo martedì, primo agosto, / avremo, com’è solito, la fiera in questo posto...”. Così iniziava uno scherzo epistolare scritto nel 1875 da Renato Fucini (1843-1921) e i suoi amici Luigi e Roberto Martelli e indirizzato a Telemaco Signorini (1835-1901).
Nella lettera lo scrittore, che visse a Empoli e a Vinci, invita il pittore fiorentino a visitare una fiera di paese, descrivendogli stanza per stanza un museo immaginario di recente apertura dedicato a Leonardo Da Vinci, di cui il Signorini era dichiarato ammiratore. La lettera, custodita alla Biblioteca Nazionale di Firenze, è riportata per la prima volta nella sua versione originale da Nicola Baronti nel volume Befanate e scherzi in poesia (Sarnus, pp. 160, euro 13) assieme a numerose poesie, prose poetiche e stornelli della tradizione orale toscana. Baronti, nativo di Vinci (provincia di Firenze) dove tuttora risiede, oltre che poeta affermato è esperto delle tradizioni liriche giocose, a cui ha dedicato diverse pubblicazioni.
Quest’ultima affronta per la prima volta una forma poetica tradizionale del Montalbano, la “befanata”, il cui nome richiama la notte tra il 5 e il 6 gennaio in cui i poeti satirici e ironici si affrontavano in una specie di gioco di società. Lo scopo era raccontare in versi, perlopiù improvvisati, il paese e i suoi personaggi, che nell’occasione erano canzonati e descritti col linguaggio più dissacrante. Il volume tramanda e fa rivivere la tradizione poetica giocosa mediante vari testi antichi e moderni, dallo scherzo del Fucini agli ‘scherni patriottici’, dalle caricature agli stornelli, oltre a un apparato di rare fotografie d’epoca.
“Nel rapido ed intenso verso toscano, nell’immagine poetica, nel gioco di parole”, spiega Baronti, “si colgono la caratteristica del personaggio evocato, lo spirito della storia, la morale dello scherzo e della giovanile zingarata. Viene fuori l’ingegno, l’arguzia, l’ironia che talvolta rasenta la divertita cattiveria del carattere toscano”. Gherardo Del Lungo