Le sale del Palazzo Mediceo di Seravezza (Lucca), ospitano sino a domenica 29 settembre la mostra “Cultura della terra in Toscana, mezzadri e coltivatori diretti nell’arte dell’Ottocento e Novecento” promossa dal Comune di Seravezza e curata da Enrico Dei in collaborazione con Andrea Baldinotti. Con 90 quadri tra cui alcuni veri e propri capolavori, 20 opere grafiche e 10 sculture, questa mostra si propone di raccontare la campagna italiana e in particolare quella toscana nel secondo Ottocento e primo Novecento contraddistinta dalla mezzadria, un termine che deriva dal tardo latino e che indica “colui che divide a metà”. Le opere appartengono ad artisti come Fattori, De Grada, Guidi, Ferroni, Viani, Vagaggini, Rosai, Lega e tanti altri che rappresentano in modo diverso e talvolta antitetico la campagna rurale illustrando la vita, i costumi e le abitudini delle popolazioni nei diversi, talora conflittuali, filoni iconografici.
Tra queste si potranno ammirare due capolavori ritrovati: “Le ultime vangate” di Angiolo Tommasi, imponente opera macchiaiola (oltre due metri per tre) del 1892 di cui si erano perse le tracce dal 1927 e di proprietà della Cassa di Risparmio di Firenze, e “Ritorno dalla Fiera” di Egisto Ferroni del 1863, anche questo quadro ritrovato dopo decenni. Il percorso espositivo, ricco e suggestivo, inizia proprio da una necessaria introduzione macchiaiola, capace di evidenziare il rinnovamento nella pittura dei campi all’indomani dell’Esposizione Universale di Parigi. La prima sezione della mostra intende a raccontare come l’entrata in crisi di questo movimento, negli anni settanta dell’Ottocento, abbia coinciso con la nascita di un filone di pittura naturalistica, finalizzato a descrivere oggettivamente, in tele spesso di grandi dimensioni, la vita delle classi rurali.
Mentre il filone dominante, tra l’ottavo e il nono decennio, è costituito dall’interpretazione rassicurante della vita contadina che culmina nell’opera di Egisto Ferroni, a partire dell’ultimo decennio del secolo si fa sempre più strada una tendenza alternativa, intenzionata a denunciare le condizioni di miseria e sfruttamento. Si pensi ad esempio alla monumentale tela di Niccolò Canicci “Inverno triste”, 1899: questo anche in una situazione sociale tutto sommato “favorevole” come quella toscana, dove il sistema economico fondato sui principi della mezzadria aveva consentito condizioni di vita certamente migliori rispetto alla media nazionale.
Una seconda sezione della mostra apre il discorso su altre realtà regionali italiane: quella padana con il grande manifesto naturalista costituito da “Alla vanga”, 1889 – 1890, del ferrarese Arnaldo Ferraguti, conservato al Museo del Paesaggio di Verbania, quelle più aspre che si vivevano nelle regione del Sud. La terza sezione della raccolta è dedicata ai principali momenti della vita quotidiana delle campagne: le feste campestri, i battesimi, i matrimoni, i funerali, le occasioni di religiosità, gli strumenti e i diversi momenti del lavoro nei campi, gli animali e i paesaggi rurali.
E in questa parte incontreremo artisti come Giovanni Fattori con un grande capolavoro come “Casa colonica con la Porta Rossa” (1862), Lorenzo Viani con “Campagna contadina e versiliese”, Raffaele De Grada con “ “La fuga in Egitto” (1920), Memo Vagaggini con “Traghetto in Maremma” (1939). Un’ altra parte della raccolta riguarderà l’iconografia statuaria di artisti come Ugo Guidi e Quinto Martini, mentre la sezione grafica raccoglie bozzetti originari approntati dai vari artisti (tra cui Francesco Gioli, Giovanni Fattori, Vittorio Corcos), per la prima edizione illustrata delle “Veglie nere” di Renato Fucini (1889).
Infine una parte dell’esposizione evocherà l’immagine delle campagne toscane offerta dalla fotografia contemporanea culminante in quella vera e propria summa costituita dal monumentale “Bauernwerk” (Il lavoro dei contadini) dello studioso svizzero Paul Scheuermeier, capace di documentare, mediante una serie di viaggi di studio e reportage fotografici compiuti in Italia a partire dal 1919, un mondo primitivo che stava per scomparire per sempre. La mostra è stata realizzata grazie al contributo della Provincia di Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Banca di Credito Cooperativo della Versilia e della Lunigiana e i patrocini del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Regione Toscana.
Sarà aperta nel Palazzo Mediceo di Seravezza (Lu), Via del Palazzo, 358, tutti i giorni dal 5 luglio al 27 settembre con orario dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 23. Costo del biglietto 5 euro intero e 3 euro ridotto. Per informazioni Ufficio Cultura del Comune di Seravezzza, tel.0584.756100, sito web: www.palazzomediceo.com, e-mail: palazzomediceo@comune.seravezza.lucca.it