Siena - Nel 2011 fatturati in aumento nel 52% dei casi, fiducia superiore alla media nazionale per il positivo andamento dell'export anche per il 2012, buoni riscontri in termini di vendite sui mercati esteri più dinamici (Russia, Cina e Canada), ma preoccupazione per l'eccessiva incidenza della burocrazia sull'attività aziendale e per la redditività. E' questo l'identikit delle aziende vitivinicole della Toscana che emerge dalla ricerca “Il settore vitivinicolo in Toscana e in Provincia di Siena” presentato oggi durante la seconda edizione del Forum Montepaschi sul Vino Italiano, organizzato da Banca Monte dei Paschi in collaborazione con Enoteca Italiana. All'interno del suggestivo Salone della Rocca di Piazza Salimbeni, sede di Banca Mps, le istituzioni del territorio hanno tracciato gli scenari e le prospettive in un contesto globalizzato per il vino delle Terre di Siena.
Presenti Antonio Vigni, Direttore Generale Banca Mps; Gianni Salvadori, assessore all’Agricoltura della Regione Toscana; Anna Maria Betti, Assessore all’Agricoltura e al Turismo della Provincia di Siena e Franco Ceccuzzi, Sindaco di Siena. A seguire la tavola rotonda, moderata dal giornalista Carlo Cambi, ha visto protagonisti Mario Marzucchi, Presidente di Mps Tenimenti; Fabio Carlesi, Segretario generale di Enoteca Italiana; Cesare Cecchi, Presidente Associazione Industriali della Provincia di Siena; Alessandro Cinughi de’ Pazzi, presidente Confagricoltura di Siena; Fausto Ligas, Presidente Coldiretti di Siena; Luca Marcucci, Presidente della Confederazione Italiana Agricoltori Siena. Durante la mattinata Marcello Lucci, dell'area research di Banca Mps, ha presentato i risultati della ricerca “Il settore vitivinicolo in Toscana e in Provincia di Siena” che ha coinvolto 38 aziende vitivinicole toscane di cui 15 espressione della provincia senese. Fatturati in crescita nel 2011, in miglioramento nel 2012 Il 52% delle imprese toscane dichiara che concluderà il 2011 con un aumento del fatturato di vino, grazie soprattutto alla vendite all'estero (il 75% dichiara infatti che la dinamica dei prezzi è stabile).
In Provincia di Siena la percentuale di aziende che prevede un aumento fino al 5% è pari al 25%. Identica percentuale anche per le realtà che prevedono vendite stabili. Il 2012 del vino toscano si annuncia migliore del 2011. Sempre in tema di fatturato, infatti, il 59,1% degli intervistati ipotizza un incremento superiore al 5%. In provincia di Siena, circa il 70% ipotizza un aumento superiore al 5% del proprio fatturato. A livello regionale l’effetto prezzi è atteso meno forte che nel resto d'Italia, con una maggiore quota di operatori che si aspetta prezzi stabili. L'export si allarga a Cina e Russia In Toscana la crescita dell’export 2011 è segnalata in modo ancora più significativo che nella media italiana.
Il 68,2% delle aziende, infatti indica un aumento. Non solo: più del 54% risponde che l'aumento sarà superiore al +5% annuo. Anche per la Toscana, è in atto una dinamica positiva, con un incremento del 16,2% delle esportazioni di vino registrate nel primo semestre 2011. Buono il trend anche per la provincia di Siena, dove le esportazioni aumentano, nello stesso periodo, dell’11,5%. I mercati più dinamici, come a livello nazionale, sono la Cina, la Russia, l'America Latina e il Canada che si vanno ad aggiungere ai mercati più consolidati (Germania, Regno Unito e Stati Uniti).
Per quanto riguarda il 2012 oltre il 50% delle aziende prospetta un incremento superiore al 5% (contro il 41,6% registrato a livello nazionale). Il vino toscano si vende nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata) Il vino toscano si vende prevalentemente attraverso la GDO (che risulta invece il terzo canale a livello nazionale, dietro alla ristorazione e alla vendita diretta). In Toscana sono buone anche le performance della ristorazione e quelle di enoteche e wine bar. La GDO è la più utilizzata dalle famiglie, sopratutto per i vini a denominazione, in ragione della facilità di accesso e della varietà di scelta.
Le enoteche e i wine bar sono una buona opportunità per i prodotti di fascia alta o per intercettare nuovi consumatori. La burocrazie frena le aziende Se a livello nazionale è centrale il rapporto tra prezzo/costo e la riduzione dei consumi interni, le aziende toscane puntano il dito anche sulla normativa (eccesso di regolamentazione e burocrazia), mentre risultano meno preoccupanti i temi riferiti alla congrua remunerazione dei prezzi di vendita. Il ruolo delle banche Se a livello nazionale è determinante per il finanziamento dell’attività del settore vinicolo (equilibrato tra finanziamenti a medio lungo termine e credito per l’operatività corrente), in Toscana assumono, invece, maggiore rilevanza le operazioni con mezzi propri, confermando le indicazioni di una visione prospettica di medio lungo periodo delle aziende vitivinicole e di una discreta fiducia nelle prospettive, nelle proprie capacità imprenditoriali e nel bagaglio di conoscenze ed esperienza. La comunicazione delle aziende del vino italiano L'indagine realizzata dall'Area Research di Banca Mps e Ismea ha coinvolto 103 imprese vitivinicole italiane che fanno parte del Panel Ismea dell'Industria Alimentare, composto complessivamente da 1.300 aziende.
Le cantine del Belpaese rivelano un’elevata propensione a cogliere le opportunità comunicative e relazionali offerte dalla rete. Fenomeno, questo, che ben si coniuga con la spiccata vocazione all’export del vino made in Italy. Delle 103 realtà, 38% sono collocate del Nord Est, 35% del Nord Ovest, 18% del Mezzogiorno e 9% del Centro Italia. Il 54% del campione ha effettuato investimenti in comunicazione (attività di promozione, pubblicità, marketing) negli ultimi tre anni. A livello territoriale, nell’area di Nord Est si riscontra che la quota delle imprese che hanno effettuato investimenti è maggiore del dato medio (62%> 54%), fattore che può essere giustificato dalla presenza di grandi imprese nelle regioni di questa area (tra cui CAVIT, Zonin, GIV riunite, Mezzacorona).
Bene anche il Mezzogiorno, dove 53% delle aziende interpellate investe in comunicazione, segue il Nord Ovest con il 50% e il Centro con il 44%. L’incidenza degli investimenti in comunicazione sul fatturato aziendale è risultata mediamente pari al 6,5%. Per la maggioranza delle imprese che negli ultimi tre anni hanno realizzato investimenti in comunicazione (63%) il trend di tali investimenti nel triennio appena conclusosi è rimasto costante; il 29% ha dichiarato un trend in aumento; il 9% in diminuzione. Anche per i prossimi tre anni la maggioranza delle imprese (66%) ha dichiarato di non volere apportare sostanziali variazioni alla propria politica di comunicazione o - nel caso delle imprese che negli ultimi tre anni non hanno realizzato investimenti in comunicazione – di non volere intraprendere politiche di comunicazione.
Tra coloro che invece hanno dichiarato di voler apportare variazioni o implementare nuovi strumenti di comunicazione nei prossimi tre anni (23% delle imprese del campione), la motivazione principalmente addotta è quella di voler raggiungere nuovi target. Tra il 54% delle aziende che decide di investire in comunicazione prevale il web nel 51,8% dei casi. Seguono le fiere italiane (39,3%), le riviste specializzate (37,5%) e le fiere estere (32,1%). Inferiori i dati relativi ai mass media: la stampa generalista è scelta dal 23,2% delle aziende; la televisione e la radio dal 12,5%.
Ancora di nicchia il fenomeno dei social network: il 3,6% delle aziende ne fa uso, comunque in associazione ad altri strumenti. L'associazione più ricorrente è quella tra le fiere nazionali ed estere (25%), segue quella tra internet e le fiere nazionali (16%). Secondo il 39,8% degli intervistati chi ha un brand affermato deve investire nello stesso modo in comunicazione; secondo il 36,9%, invece, deve investire di più. Il 35% delle aziende coinvolte nell'indagine, infine, ha una struttura dedicata alla comunicazione al suo interno (specie nel Nord-Est con il 49% dei casi) mentre il 54% non ne è dotato e non pensa di predisporla a breve.