Sabato 19 novembre alle ore 21 al Festival Teatro Era c’è un grande appuntamento con il teatro internazionale: il regista prodigio lituano Oskaras Korsunovas, con “HAMLET” torna a Pontedera dopo il successo di “Sogno di una notte di mezza estate”, presentato al Teatro Nato nel 1969, Oskaras Korsunovas è uno dei giovani registi più interessanti della scena europea, apprezzato a livello internazionale come regista, ha ricevuto nel 2001 il Premio Europa per le nuove realtà teatrali e le sue produzioni sono state ospitate in diversi Festival internazionali in Europa, America, Asia e Australia.
Dal 1999 dirige l’OKT/Vilnius City Theatre un teatro indipendente che, senza sovvenzioni, senza un palcoscenico o una sala permanente, ha cercato un suo modo originale di comunicare con il pubblico con un repertorio che affronta sia la drammaturgia contemporanea che i testi classici. “Abbiamo una profonda necessità di autoanalisi per comprendere ciò che ci circonda e le decisioni che prendiamo per vivere, abbiamo bisogno di superare la calma che ci circonda, di apprendere e imparare di nuovo che si tratta di un’illusione – afferma Korsunovas –Amleto è sicuramente l’opera più attuale dei nostri tempi.
Il dubbio di Amleto ci sembra assurdo in un primo momento, perché la nostra esistenza è così agiata e il nostro futuro ci sembra quasi garantito. Ma il futuro deve essere trovato dentro ciascuno di noi e non in slogan politici o in annunci pubblicitari. Dobbiamo squarciare il velo che ci nasconde la vita, lacerare la nostra esistenza apparentemente sicura. La sicurezza può essere molto pericolosa. “Amleto chiede agli attori di recitare come se fossero dinanzi ad uno specchio – prosegue il regista - Quando ci osserviamo attentamente allo specchio, ci rendiamo conto di quanto poco apparteniamo a noi stessi.
È un altro che ci guarda: qualcuno più reale di noi. Un estraneo che è sconosciuto quanto il destino di ciascuno. Il vettore di tale sguardo ha una precisa direzione all'inizio di una tragedia, che termina con le storie di Edipo, Oreste ed Amleto. Recitare come se si fosse dinanzi ad uno specchio, significa essere quanto più onesti possibili verso se stessi.Il teatro inizia con lo specchio del camerino e, più precisamente, dallo sguardo degli attori intenti a guardarsi. Amleto non vince la propria lotta, ma sopravvive al proprio presente nel modo più completo.
È impossibile recitare Amleto, così com’è impossibile ricostruire Elsinore, poiché essa non è mai esistita. Tuttavia, toccare con mano il proprio presente, aprire le porte alla propria Elsinore, così come andare alla ricerca di un teatro amletico, che funziona come una trappola per topi per la nostra realtà interiore, è possibile”. La struttura dello spettacolo è dettata dalla linea essenziale delle scenografie - tavoli con specchio da camerino mobili sono a volte assemblati a formare un monolito sinistro, in altri casi disseminati sul palcoscenico - a volte sistemati a caso, altre volte in modo da formare precise forme geometriche: un cerchio, oppure linee parallele o linee intersecanti.
Il problema di un singolo e della propria immagine riflessa, della rappresentazione e dell'immagine sono trasposte dalle scenografie agli spazi concettuali della rappresentazione. Tutto ha inizio con gli attori che guardano le proprie immagini riflesse nello specchio chiedendosi: "Chi sei tu?". I sussurri lievi ed intimi si trasformano in una valanga tonante di suoni urlati con disperazione, che non attendono una risposta o che non desiderano ascoltarla.