“Melancholia” di Lars Von Trier

Due sorelle, il mal di vivere e la fine del mondo nell'opera del maestro danese

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 novembre 2011 21:14
“Melancholia”  di Lars Von Trier

“Melancholia “ di Lars Von Trier è la storia del rapporto tra due sorelle Justine e Claire, narrata con accenti e andamenti bergmaniani, dal regista danese. E' anche la storia di un disturbo della psiche,vissuto in un microcosmo familiare, mentre la Terra è minacciata da una catastrofe, per l'imminente collisione con il pianeta Melancholia. Tutto inizia con la festa per il matrimonio di Justine(Kirsten Dunst). Durante il fastoso ricevimento Justine, ragazza bella e apparentemente felice, comincia a dar segno di avere gravi turbe psichiche.

Il matrimonio diventa per lei una tragedia. Prima si isola in camera, poi tratta in malo modo il marito e lo tradisce con un collega di lavoro nel campo di golf della villa e infine si licenzia insultando il suo datore di lavoro. A fine serata, il marito decide di andarsene, e Justine dopo aver tentato invano di trovare conforto nei suoi genitori, trova nella sorella Claire (Charlotte Gainsbourg ) l'unica persona in grado di starle vicina. .Nella seconda parte del film Claire decide di ospitare la sorella Justine, ormai in forte crisi depressiva, nella villa in cui vive insieme al marito John (Kiefer Sutherland) e al figlioletto .Questo microcosmo familiare dove Justine sembra riacquistare piano piano una qualche apparente serenità , è sconvolto da una paura cosmica: la Terra è minacciata da Melancholia, un pianeta dieci volte più grande, che dopo aver offuscato Antares si dirige a forte velocità verso il nostro pianeta.

John, un appassionato di astronomia, rassicura la moglie che Melancholia passerà solo vicino alla Terra, senza colpirla. Tuttavia cominciano a verificarsi le prime anomalie: i cavalli si imbizzarriscono, ci sono strani eventi atmosferici come la neve con temperature estive, e il cedimento del campo elettromagnetico terrestre che determina la mancanza di energia elettrica. John, si arrende all'inevitabilità dell'impatto e si suicida con delle pillole. A questo punto è Claire a soffrire di crisi depressive, e cerca conforto nella sorella Justine, che nel frattempo sembra aver superato le sue.

Justine e il nipotino Leo costruiscono con dei paletti di legno un rifugio immaginario (la "grotta magica"), aspettando la collisione imminente. I tre vi entrano e si tengono la mano, mentre Melancholia colpisce la Terra, distruggendola. Melancholia il nome del pianeta che distrugge la terra è il termine greco per la malinconia. Una sorta di tristezza di fondo, a volte inconsapevole, che porta un soggetto al vivere passivamente, senza prendere iniziative, adattandosi agli eventi nella convinzione che non lo riguardino o che in essi non possa avervi un ruolo determinante.

In qualche modo è questo il modo di essere di Justine e ,poi forse, anche di Claire. In qualche modo è l'atteggiamento pessimistico che esprime il regista che fa dire a Claire che il mondo è male e che quindi la distruzione temuta è in qualche modo necessaria. Il regista danese non offre molta speranza e presenta questa” danza di morte” tra Melancholia e la Terra che condurrà alla catastrofe , come inevitabilebile per l'umanità, esemplata in Justine che è forse l'io creativo e visionario dell'autore e in Claire presumibilmente l'io razionale, un 'umanità destinata a fallire nel divenire ,non prevedibile dalla scienza ,dell'Universo. Il film è la rappresentazione della depressione, fatta di scene e musiche ben equilibrate, con immagini fisse della catastrofe universale alternate a sequenze mosse e talvolta traballanti per evidenziare il dramma personale dei protagonisti.

Il regista crea un clima ansiogeno che conduce lo spettatore alla dimensione emotiva della depressione per poi paradossalmente liberarlo dall'angoscia nel momento della fine del mondo. E' un film particolare che piacerà agli appassionati del regista danese. È un'opera raffinata di un regista che è solito trasmettere il proprio malessere nell'esercizio della propria arte. Un film visivamente suggestivo di una bellezza malinconica, come la bellezza di Justine, una Kristen Dunst, mai così brava.

Alessandro Lazzeri

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