Firenze– Se la maggioranza degli studi, finora, ha evidenziato che la generazione dei cosiddetti “nativi digitali”, cioè dei ragazzi e delle ragazze nate dopo il definitivo avvento dell’informatizzazione e della telefonia mobile, utilizza il cellulare in modo decisamente massiccio, ulteriori analisi oggi evidenziano anche un uso senza precedenti del telefonino, ormai non più percepito solo come uno strumento per comunicare attraverso sms e telefonate, ma anche e soprattutto come un “diario multimediale” tramite il quale si fanno foto, si ascolta musica, si vedono filmati. Questo è quanto emerso nel corso del convegno “La comunicazione mobile dei giovani, dagli sms al social networking” che si é svolto oggi, su iniziativa del Corecom Toscana, a Palazzo Panciatichi, sede del Consiglio regionale.
Durante il seminario sono stati presentati i risultati di un monitoraggio voluto dallo stesso Corecom e dal Communication strategies lab dell’Università di Firenze, in collaborazione con la fondazione Sistema Toscana, sull’uso dei cellulari da parte dei ragazzi e delle ragazze in un’età compresa fra gli 11 e 18 anni della provincia di Firenze. Dopo i saluti del presidente del Corecom, Marino Livolsi, che sottolineato come lo studio offra un quadro articolato e complesso del rapporto fra giovani e cellulare, il direttore del Communication lab, Luca Toschi, coordinatore della ricerca, ha aggiunto che l’indagine presentata potrà costituire una base su cui avviare una ricerca sull’evoluzione delle pratiche sociali legate all’utilizzo delle nuove tecnologie. In sala, ad assistere al dibattito moderato da Davide De Crescenzo del portale Intoscana.it, erano presenti alcuni studenti di una scuola di Figline Valdarno che, con altre, è stata al centro della ricerca “Dagli sms ai social network, digital natives e cellulari” presentata stamani. Ad entrare nel merito dello studio sono stati i ricercatori Gianluca Torrini dell’università di Firenze e Luca Raffini dell’ateneo D’Annunzio di Pescara, che hanno ricordato come il monitoraggio abbia riguardato un campione di 618 ragazzi individuati in dieci comuni della cintura fiorentina. Il telefono cellulare, il cui uso vede ormai primeggiare le ragazze sui ragazzi, non è più solo un apparecchio di comunicazione diretta, ma è un vero e proprio “multi medium”, o meglio un oggetto dalle molteplici funzioni capace di integrare un mezzo di comunicazione “uno a uno” con un mezzo “uno a molti”, come evidenzia il fatto che quasi il 60 per cento degli intervistati invia messaggi a più persone contemporaneamente.
Inoltre la quasi totalità del campione ha rivelato che con il telefonino si gestiscono immagini, brani musicali e filmati sia fatti in proprio che scaricati da Internet. In altre parole, per gli adolescenti di oggi, il cellulare diventa lo strumento che più di ogni altro riunifica attività comunicative ed espressive, siano queste condivise con la propria rete sociale che di natura personale e privata. Al pari di un diario personale, i cui contenuti sono per lo più segreti, il telefono cellulare è ormai considerato un “oggetto intimo”, da non condividere con altri, con cui “identificarsi” e semmai da personalizzare attraverso l’uso di cover e suonerie, adesivi o “ciondoli”. Tra la data di ottenimento del primo cellulare e il momento in cui questo diventa uno strumento di fondamentale importanza passano pochi anni, quelli che conducono il bambino dall’infanzia alla preadolescenza.
Ma il passaggio centrale, quello che fa la differenza, lo si ha quando, dopo i 13 o 14 anni, il cellulare smette di essere strumento di collegamento quasi esclusivo con familiari ed amici e diventa gradualmente il mezzo di estensione dei propri contatti, permettendo l’accesso ad ambienti on-line, in generale ad Internet e nello specifico ai social network tipo Facebook o Twitter. In questa duplice modalità di utilizzo, come evidenziato da Torrini, il cellulare diventa funzionale al processo di socializzazione dei giovani.
Mentre Ruffini ha sottolineato come, ormai, il telefonino sia diventato anche un piccolo ma ricco terminale di videogiochi. Al convegno sono interventuti diversi altri docenti ed esperti di comunicazione, da Carlo Sorrentino del dipartimento di Sociologia dell’università di Firenze a Gaetano Aiello in qualità di direttore del dipartimento di Scienze aziendali dell’ateneo fiorentino, da Leopoldina Fortunati del dipartimento di Economia dell’università di Udine a Marco Lalli della fondazione Sistema Toscana a Maria Pia Caruso in quanto dirigente dell’Autorità di garanzia delle comunicazioni.
Anche dai loro interventi è emerso che i “nativi digitali” sono oggi i protagonisti di un ambivalente processo di comunicazione e di socializzione. Essi associano al cellulare termini positivi, ma al tempo stesso “neutri” sul piano delle implicazioni sociali, cosicché il cellulare evoca “comodità” nel 77.5 per cento dei casi, “connessione” o “comunicazione” nel 75.5 per cento, mentre solo una minoranza, il 28.9 per cento, associa il cellulare ad una percezione di maggiore “sicurezza” ed ancor minore, il 26.8, è la percentuale di coloro ai quali il cellulare evoca una percezione di libertà. Il tutto mentre una buona parte di giovani avverte il rischio di una limitazione della libertà personale insita nello strumento.
Ma solo una minoranza, neppure il 17 per cento, sembra consapevole dei rischi di controllo sociale che il cellulare introduce e comporta. Semplicemente, ciò viene ignorato. Così come non viene avvertito che il cellulare è anche uno strumento di controllo in mano ai genitori. (mc)