Il Teatro Verdi è l'ambiente ideale per presentare il ritorno a Firenze della Premiata Forneria Marconi: Franz Di Cioccio, Franco Mussida e Patrick Djivas eterni ragazzi sono pronti ad affrontare il nuovo progetto che li vedrà cimentarsi con la musica classica di Mozart, Verdi, Rossini ed altri mostri sacri. Accadrà il 25 ottobre, quando andrà in scena PFM in Classic un progetto ideato da Iaia Capitani e prodotto da D&D Concerti. Franz Di Cioccio, Franco Mussida, Patrick Djivas assieme a Lucio Fabbri, Gianluca Tagliavini e Roberto Gualdi si esibiranno con i 45 elementi dell'Orchestra della Toscana diretta per l'occasione dal maestro Bruno Santori. Perché? "Perché volevamo farci del male" spiega sorridendo Franz Di Cioccio fondatore della PFM con Mussida e già punto di riferimento nella musica italiana dal tempo de "I Quelli". Una formazione che ha subito variazioni, che ha visto il periodo dei vocalist strumentisti, in cui tutti i componenti suonavano e cantavano, per poi sposarsi artisticamente con Mauro Pagani e ritrovarsi a sperimentare ogni volta una nuova sfida.
All'interno di una lunga storia, inevitabilmente, incontri importanti come quello con Fabrizio De André per un progetto al tempo ugualmente allettante eppure osteggiato e criticato preventivamente. "I corvi ci volavano sopra" raccontano oggi i tre maestri del rock italiano, adesso che quell'esperienza segna un punto fondamentale nel panorama musicale di sempre. Una sperimentazione che non si è mai fermata. "Lo abbiamo sempre fatto - ha spiegato Mussida - perché è anche quello che ti spinge ad andare avanti, il metterti in gioco.
In questo caso noi immaginiamo, o cerchiamo di immaginare, cosa avrebbero potuto fare i maestri della musica classica se avessero avuto a disposizione i nostri strumenti". "Non sarà un intervento invasivo il nostro - spiega Di Cioccio che dovrà misurarsi con la sua amata batteria in un campo delicato - occorrerà richiamare la grande sensibilità dell'artista, capire quando suonare e quando no. Non a caso si dice 'tacere' e le ci fermeremo per poi sprigionare tutta la musica in un momento immediatamente precedente o successivo.
Sono due mondi distinti ma non distanti e noi giocheremo su questo, integrandoci con l'orchestra che avremo a disposizione". "Anche se non accadrà come di consueto - spiega Patrick Djivas - perché solitamente l'orchestra segue l'artista, mentre noi lasceremo che suonino la partitura originale per poi inserirci al momento opportuno. Per prepararmi a questo evento dopvrn studiare anche 3 ore al giorno. A noi non capita di esercitarci, oramai i pezzi li conosciamo dopo 5000 concerti, anche se ogni volta suoniamo in modo diverso ed ogni concerto è differente.
Qui pern si tratta di misurarsi con artisti che hanno un grande talento, una grande perizia tecnica". Creare un ponte tra le due culture per far assaporare ad entrambi i tipi di ''orecchio'' il versante opposto, due orizzonti che possono coesistere tra le note magistrali di un gruppo che non sente il tempo che passa ed anzi guarda con grande entusiasmo al futuro. Franz ricorda con emozione "Amico Fragile" di De André, una canzone che in alcuni passaggi lo distraeva per bellezza e per profondità del testo.
"A Fabrizio non piaceva sentire altri strumenti oltre alla sua voce ed alla chitarra, è stato difficile quel tour ma proprio per questo bello ed entusiasmante. Alla fine nel riascoltarsi disse solo "Ah, si è sentito cose? Bene, ho capito" ed andai via soddisfatto". "Manca oggi - conclude Djivas - l'ascolto della musica per il semplice piacere di ascoltare. Ai nostri tempi ci ritrovavamo a casa di amici per ascoltare anche 20 dischi in una sera. Oggi la musica accompagna la frenesia quotidiana, la si ascolta in macchina o al lavoro distrattamente.
La musica è diventata un oggetto e non piu un soggetto". Non ci saranno giochi di luce, non ci sarà la scenografia 'pop' che accompagna le band in tour. Ci saranno le impressioni che l'ascolto porterà alla mente cercando di immaginare le note del Nabucco piuttosto che di un'aria di Mozart, il resto sarà improvvisazione. La drammaticità, l'inquietudine che non nascondono la forza dell'ironia, come avvenuto ne "La sposa cadavere" opera di Tim Burton, arriveranno attraverso un assolo di chitarra o il vortice ritmico di un basso.
Strumenti che intere generazioni hanno guardato come un sogno impossibile da raggiungere, come un modello di stile, con la stima riservata ai grandi che possono solo incontrarsi, nell'arco di una vita, e creare arte. Significherà assistere a quella particolare gioia che segue o insegue, da anni i tre ragazzi che non hanno mai smesso di divertirsi e di coinvolgere il pubblico radunato a tutti i livelli, dal palco popolare a quello internazionale, perché sempre loro ma mai uguali a se stessi. "Vi abbiamo incuriositi?" - concludono all'unisono.
"Volevamo proprio questo". di Antonio Lenoci