“Genova, cinquant’anni dopo. L’inserimento mancato: il Msi dalle origini al congresso del 1960”. Questo il titolo del volume di Jacopo Cellai, consigliere del Pdl e vicepresidente vicario del Consiglio comunale uscito per i tipi di Sassoscritto Editore. Domani alle 18, nel Salone de’ Dugento a Palazzo Vecchio, la presentazione ufficiale. Ne discuteranno con l’autore Franco Servello, Luciano Garibaldi e Antonio Bellizzi.
Col coordinamento di Enrico Nistri, a porgere i saluti ai partecipanti (l’ingresso al Salone è libero per tutti) saranno l’assessore alla cultura Giuliano Da Empoli, l’assessore alla mobilità Massimo Mattei e il presidente del Consiglio comunale Eugenio Giani. Le conclusioni sono affidate al ministro alle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli. Nel suo lavoro, Cellai ricostruisce la storia poco nota e poco studiata dei primi 15 anni di vita di un partito, il Msi, che con i segretari De Marsanich e Michelini, tra il ’50 e il ’60, lavorò per il pieno inserimento democratico nella vita repubblicana, anche attraverso la partecipazione ad amministrazioni locali in ‘coabitazione’ con la Dc e addirittura, come avvenne nel ’58 in Sicilia, col Pci. Quella del mancato congresso di Genova del 1960 è rimasta, in questi anni, una pagina celebrata come ‘eroica’ dalla sinistra, che ne fece un simbolo del perdurare della lotta antifascista contro il governo Tambroni, reo di aver accettato i voti determinanti del Msi.
Lo studio di Cellai rivela però un’altra verità: quella nascosta dietro le responsabilità politiche in merito ai disordini, con la Polizia spedita in piazza senza munizioni, e i Carabinieri che rimasero in disparte senza intervenire. Fonti autorevoli e ufficiali fanno emergere oggi le responsabilità della Dc, del Pci e del Psi dietro i sanguinosi scontri, che causarono l’annullamento del congresso che avrebbe dovuto sancire definitivamente la legittimazione del Msi nella vita politica democratica in Italia. Dal battesimo delle prime elezioni (le amministrative di Roma nel ’47) fino al ’60, “Genova cinquant’anni dopo” racconta la storia vista dall’interno di un partito che, come sottolinea l’autore, “lungi dall’essere il deposito di reduci del Ventennio che la storia di sinistra ci ha raccontato per decenni, fu fin dal suo inizio una realtà politica democratica, con tanto di correnti al suo interno portatrici di diverse visioni politiche ed economiche che si scontrarono animatamente nei congressi nazionali, fino al raggiungimento di quella sintesi storica di Genova che non vide mai la luce”.
(fdr)