Il maresciallo Pietro Badoglio non fu un inetto politicante, bensì un astuto politico: protagonista degli eventi successivi all'armistizio del 1943, riuscì a salvare la monarchia e il proprio governo dalle conseguenze della "resa senza condizioni". Lo dimostra Ennio Di Nolfo nel saggio Pietro Badoglio: un leader politico mancato pubblicato da Polistampa all'interno dell'ampia e attesa monografia La guerra fredda e l'Italia. 1941-1989 (pp. 696, euro 48). Il maresciallo Badoglio, già capo di Stato maggiore dell'esercito fino alla fine del 1940, e successore di Mussolini alla guida del governo italiano, dal 25 luglio 1943 all'8 giugno1944, ha raramente goduto di buona stampa nelle cronache, nella pubblicistica e nella storiografia italiana.
Eppure nel periodo successivo all'armistizio, pur tratto in inganno da una serie di ambiguità e silenzi, ma anche da qualche artificio posto in essere dagli Alleati, mise in mostra come dietro l'immagine del militare esistesse una personalità non priva di astuzie politiche: "Sotto la figura grigia e al di là delle apparenze", scrive Di Nolfo, uno dei maggiori esperti italiani di storia delle relazioni internazionali, "si celava un disegno politico assai più complesso, ricco di impreviste sfumature e capace, pur nei limiti concessi dai tempi difficili, di sfruttare alcuni appigli offerti dalla situazione".
Badoglio evitò, in particolare, che il governo e i regnanti italiani venissero esautorati (che pure era possibile, in base agli accordi presi con Eisenhower), ed avviò un'intensa attività diplomatica con cui permise all'Italia di mantenere la capacità di elaborare una politica autonoma. I saggi contenuti nel volume forniscono una lettura innovativa di molti aspetti della guerra fredda alla luce dei documenti resi disponibili negli ultimi anni, affrontando questioni ancora aperte come la politica estera del Vaticano nella fase finale della seconda guerra mondiale e il ruolo italiano nella crisi dei missili del 1962. Gherardo Del Lungo