BAGNI DI LUCCA – “Giornata della memoria” del Consiglio regionale della Toscana, ieri, a Castelnuovo Garfagnana per ricordare la Shoah degli ebrei stranieri che in Italia furono perseguitati durante la seconda guerra mondiale.
Una tipica giornata invernale, con tanto di pioggia a tratti battente, ha salutato a Bagni di Lucca l’avvio delle celebrazioni della giornata della memoria. Nello spazio verde dove sorge il monumento in memoria di Liliana Urbach, la piccola bambina di neppure due anni che i nazisti uccisero solo perché di famiglia ebraica, il picchetto d’onore dal comando dei Carabinieri di Lucca si è schierato sull’attenti, le note del silenzio si sono levate nell’aria, mazzi di fiori e corone di alloro sono state deposte in onore delle cento persone di fede israelitica che fra il 1941 e il 1943 furono prima concentrate a Bagni e Castelnuovo e poi spedite nei campi di sterminio in Germania ed Austria, mentre la presenza di molti vessilli, bandiere, gonfaloni, fra cui quello della Regione Toscana, ricordavano che di questi tristi ed ignobili episodi, tanti anni dopo, non si è persa e non si vuole perdere la memoria.
Dopo un breve intervento del sindaco di Bagni, Antonio Contrucci, e dopo il saluto del consigliere regionale Maurizio Dinelli eletto nel collegio di Lucca, il vicepresidente del Consiglio, Leopoldo Provenzali, ha ricordato l’internamento di quegli ebrei mandati ad Auschwuitz, in maggioranza stranieri, che nel campo di concentramento, tranne due, trovarono tutti la morte. Alla commemorazione era presente anche il presidente Riccardo Nencini che, in seguito, ha presieduto la seduta solenne del Consiglio regionale che si è svolta al cinema Eden di Castelnuovo Garfagnana.
“La Toscana è caratterizzata da un’accentuata sensibilità nei confronti di temi delicati e fondamentali come la memoria delle stragi e delle persecuzioni. Il fatto di coinvolgere non solo il mondo politico-istituzionale, ma anche la scuola, l’associazionismo, la società, è una scelta di civiltà”, ha detto Provenzali. Che ha aggiunto: “E’ di importanza strategica che i giovani interiorizzino valori ineludibili, fondati sul rifiuto della violenza, dell’intolleranza e della discriminazione, affinché sia chiaro che ogni individuo ha pari dignità dal punto di vista umano e giuridico, nella speranza e con l’impegno di globarizzare le opportuinità di crescita civile, culturale, psicologica di ognuno.
La tragedia della Shoa è stata purtroppo solo la drammatica punta di un iceberg rappresentato dai totalitarismi nati e cresciuti nel secolo scorso. Ma ciò che preoccupa di più, oggi, è che la persecuzione per motivi religiosi, razziali, etnici, politici, è un tema ancora di piena attualità: Corea del Nord, Cuba, Cina, Yemen, sono solo alcune delle realtà dove i diritti umani sono calpestati, mentre numerosi paesi islamici danno modo all’integralismo di negare i più elementari diritti della persona”.
Provenzali ha evidenziato il dramma delle dittature del Novecento ed ha auspicato che “tutti gli autoritarismi vengano sconfitti dalla democrazia” ed ha messo in luce l’aspetto di “terra per la libertà e la democrazia” che caratterizza la storia e la cultura sociale della Toscana affermando che “la barbarie che circa sessant’anni fa portò allo sterminio di milioni di ebrei si basava sulla discriminazione, sull’idea unica, sull’intolleranza, sulla negazione del pluralismo, ovvero sugli stessi germi e sulle stesse basi ideologiche dei regimi che si fondano sul partito unico, sul divieto di dibattito politico, sulla distruzione delle idee” aggiungendo che “Hitler e Stalin sono stati due facce della stessa medaglia”.
Al fanatismo del totalitarismo Provenzali ha contrapposto il valore e la trasparenza della democrazia ed ha invitato a togliere il segreto di Stato sui documenti che riguardano le tragedie dell’Olocausto e della Shoa: “La distanza temporale che ci separa da quei tragici avvenimenti che toccarono così da vicino anche la Toscana non può attenuare il dolore che questi ancora provocano in ognuno di noi. Il fatto che siano passati sessant’anni deve aiutarci però a far subentrare alla rabbia l’analisi, la riflessione, il ragionamento.
Per questo è necessario che la ricerca storica sia messa nelle condizioni di svolgere il proprio compito senza censure ne’ limitazioni di sorta. L’espressione segreto di Stato, in tempi di democrazia e trasparenza, suona male ed anzi non è accettabile”. La conclusione di Provenzali è stata incentrata sull’auspicio che i crimini dei totalitarismi serva a far sì che simili aberrazioni non vengano mai più ripetute: “Le deportazioni avvenute nel corso dell’ultima guerra mondiale, le persecuzioni e la Shoa, vanno ricordate con la volontà di battersi in concreto perché non siano emulate ai giorni nostri.
Il terrorismo che mina la serenità internazionale è una forma moderna di sterminio di chi non condivide le idee dei carnefici. Le liberaldemocrazie devono dimostrare con l’esempio, la tolleranza e la solidarietà, la superiorità dei propri valori su quelli della violenza, dell’oscurantismo e della discriminazione. La Toscana è e rimarrà in prima fila per riaffermare l’essenzialità del rispetto della vita, del singolo individuo, dei diritti di associazione, riunione e manifestazione del pensiero”.
Prima di lui, come detto, avevano preso la parola il sindaco Contrucci e il consigliere Dinelli Il sindaco della cittadina lucchese, Contrucci, aveva affermato che “non perdere la memoria è cosa di fondamentale importanza e doverosa verso i giovani” e da qui aveva invitato a fare luce su tutti i segreti, compresi quelli di Stato, chiedendosi anche “come e perché le vicende oggi ricordate, pur gravi e feroci, al contrario di quanto è accaduto per altre tragedie, non hanno finora avuto la giusta rilevanza storica ed il giusto rilievo anche in sede di commemorazione”.
Contrucci si è dunque detto felice della possibilità di rendere giustizia a tutti quegli ebrei che in Lucchesia e in Garfagnana trovarono l’anticamera del loro trasferimento nei campi di concentramento o addirittura la morte. A tal proposito Contrucci ha posto seriamente una domanda: “Perché questo silenzio per tutto quello che è avvenuto quaggiù?”. Ed ha invitato a proseguire sulla strada tracciata oggi. Contrucci, inoltre, ha anche ricordato come il padre della piccola Liliana Urbach, oggi 82enne, residente in Inghilterra, abbia mandato un messaggio per esprimere la sua soddisfazione rispetto alla volontà di celebrare la giornata della memoria.
“Lo abbiamo invitato”, ha detto il sindaco”, “ed in questo parco pianteremo un cedro del Libano in onore della piccola Liliana a cui i nazisti tolsero il diritto di crescere”. Il consigliere Dinelli, rifacendosi al modo in cui i bambini delle scuole avevano letto i nomi delle vittime, ha esordito affermando che “occorre trattare queste tragedie con la stessa asciuttezza e la stessa sobrietà, segno di rispetto e serietà, con cui quei bambini hanno letto i nomi delle vittime, senza parole inutili, senza frasi sterili”.
E sulla tragedia di Bagni di Lucca e Castelnuovo Garfagnana ha aggiunto: “E’ l’ora di portare alla luce questa triste pagina della nostra storia recente. Il rispetto delle vittime passa anche attraverso la necessità di rendere loro giustizia”. Ed ha concluso soffermandosi sull’importanza di iniziative come questa: “Manifestazioni come quella odierna solo utili, anzi necessarie, non solo perché ci aiutano a non dimenticare e sono di monito per i giovani, ma anche e soprattutto perché ci fanno riflettere offrendoci l’opportunità di soffermarsi su valori importanti e profondi come il rispetto, la tolleranza, i diritti e la democrazia”.
Grazie agli studi di tre ricercatori locali è venuta alla luce una storia inedita del ‘ghetto’ realizzato in questa cittadina della lucchesia a seguito delle leggi razziali del 1938.
Dei circa 70 ebrei stranieri (soprattutto tedeschi, austriaci, cecoslovacchi) confinati nel cosiddetto “internamento libero” a Castelnuovo Garfagnana, dalla metà del 1941 al 5 dicembre 1943, sopravvisero soltanto 11 alle camere a gas di Auschwitz. Nonostante il suggerimento di fuggire, del locale tenente dei carabinieri Oscar Ferri, solo due famiglie ebree (i Meier e i Kienwald) preferirono scappare dal confino di Castelnuovo Garfagnana (vennero ospitati clandestinamente nella zona), mentre le altre in grande maggioranza risposero volontariamente e con rassegnazione all’ordine delle autorità nazifasciste di presentarsi per essere deportate, mentre alcune rimasero in casa per essere poi prelevate con la forza.
Successivamente, prima di partire nei vagoni piombati per il campo di concentramento, Jacob Toronski venne rilasciato perché sposato con una donna non ebrea, di nazionalità tedesca. L’unico del gruppo a uscire vivo da Auschwitz fu Leo Venderber. In omaggio a questa interessante ricostruzione storica, sul modello dell’“internamento libero”, oltre alla mostra “L’orizzonte chiuso” si è tenuto a Castelnuovo Garfagnana, presso il Teatro Eden, anche il Consiglio regionale solenne per celebrare la “Giornata della momoria”, alla presenza di Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha lanciato un preoccupato messaggio.
“Oggi siamo tornati a praticare l’esclusione ed io sono pessimista –ha detto durante le conclusioni- perché l’umanità cammina sul bordo di un vulcano che si prepara all’eruzione. Non solo per i venti di guerra. Mi fa più paura quel sistematico e silenzioso lavoro per attivare un nuovo conflitto di civiltà”. La manifestazione è stata aperta da Riccardo Nencini, presidente del Consiglio regionale: “la Toscana sceglie sempre dei luoghi simbolo, l’anno scorso Pitigliano, la cosiddetta ‘Piccola Gerusalemme’ ed oggi qui, per ricordare la Shoah e tutte le persecuzioni sia del popolo ebraico che dei deportati militari, politici e civili italiani nei campi di concentramento”.
Alla fine della cerimonia Nencini ha conferito a Luzzatto il “Gonfalone d’argento”, la massima onorificienza del Parlamento toscano. Il sindaco di Castelnuovo Garfagnana, Carlo Popaiz, ha ricordato i momenti di vita quotidiana degli internati ebrei. “Le leggi sulla purezza della razza imponevano precise restrizioni agli ebrei stranieri in condizione di internamento libero, come quella di non avere contatti con gli italiani. Ma quello che è incredibile –ha detto il sindaco- è che i circa 70 ebrei vissero in paese una vita normale, anche se con scarsi mezzi di sussistenza ed i divieti: furono fondate la sinagoga ed una scuola per i bambini della comunità; si celebrò un matrimonio; avvennero una nascita ed una morte; c’è chi trovò lavoro”.
E’ questa normalità della vita in una situazione eccesionale (anche dopo il 25 luglio 1943 ed il governo Badoglio), che forse inconsapevolmente determinò la rassegnazione verso la deportazione. Ma quello che le testimonianze ed i documenti raccontano a Castelnuovo Garfagnana è proprio la rete culturale, sociale e religiosa che la comunità ebraica straniera iniziò ad intessere con la popolazione locale, nel rispetto della diversità. Nonostante le restrizioni ed i divieti si formarono amicizie e relazioni e di nascosto qualche ebreo trovò lavoro come fotografo, barbiere, sarto, meccanico, ingegnere, disegnatore e pediatra.
Quest’ultimo, Israel Meier, fu il medico che riuscì a diventare l’animatore dell’intera comunità e venne delegato dalla Delasem a coordinare le opere di assistenza e volontariato. A lui, il tenente dei carabinieri Ferri, a cui aveva curato il figlio, confidò l’imminente arrivo dei tedeschi per la deportazione del gruppo, invitandolo ad informare le altre famiglie ed organizzare la fuga dal paese. “Noi siamo impegnati nei confronti delle giovani generazioni a tramandare questi ricordi –ha detto Francesco Pifferi, consigliere regionale e presidente della Comunità Montana della Garfagnana-, perciò la legge del 2000 che istituisce la “Giornata della memoria” ripara la decisione di un altro Parlamento che nel 1938 ideò le leggi razziali”.
Anche il presidente della Provincia di Lucca, Andrea Tagliasacchi, ha insistito sull’importanza di tenere in vita la memoria del passato per capire e spiegare presente e futuro dell’umanità.
L’assessore Paolo Benesperi ha illustrato le inziative della Regione Toscana, di studio e testimonianza, per ricordare alle nuove generazioni l`Olocausto e gli eccidi di massa. La maggior parte delle attività della Giunta regionale sono rivolte alle scuole e si articolano su quattro livelli: il 25 gennaio partirà il `treno della memoria` per Auschwitz con 700 studenti, un viaggio-studio di 5 giorni per ragazzi ed insegnanti di ogni provincia e per la prima volta ne faranno parte anche un centinaio di studenti delle tre Università toscane; due seminari formativi per docenti; le mostre sulle `Stanze della memoria assieme alla Amministrazioni Provinciali; il finanziamento ai migliori progetti delle scuole sui temi dell’Olocausto.
Tra le pubblicazioni di quest’anno –ha sottolineato Benesperi- ci saranno: il “Libro della memoria” sugli ebrei della Toscana deportati nei campi di sterminio (1943-1945); l’edizione speciale della documentazione relativa alla Toscana estratta dagli elenchi nazionali elaborati da Liliana Picciotto per la Fondazione centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, pubblicata dalla Giunta Regionale in collaborazione con il Gruppo Ugo Mursia Editore di Milano; “Le stragi nazifasciste in toscana (1943-44)”, una guida bibliografica della memoria a cura di V.Galini e S.Duranti e con la presentazione di Enzo Collotti.
Quest’ultima opera rappresenta il primo volume di una serie di studi e ricerche (altri seguiranno entro breve tempo) promossa dalla Regione Toscana a conclusione degli interventi attuati nell’ambito della legge regionale per conservare la memoria storica degli eccidi. Il vice-presidente del Consiglio regionale, Enrico Cecchetti, ha ricordato che in Italia furono circa 6.000 ebrei stranieri che seguirono il destino dei 70 internati a Castelnuovo Garfagnana. “La ‘Giornata della memoria’, proclamata il 27 gennaio in ricordo del giorno in cui vennero abbattuti i cancelli di Auschwitz, deve far scoprire le infinite storie persionali e familiari, affinché restino più tracce possibili –ha detto Cecchetti-, per dare ai giovani la drammatica concretezza della barbarie umana.
I più recenti studi documentano che la deportazione ha direttamento colpito oltre un milione di italiani tra ebrei, zingari, militari e politici. Il genocidio può sempre ripetersi –ha concluso Cecchetti- e riguarda anche tante altre tragedie del mondo: dall’Armenia al Rwanda, dalla Cambiogia alla ex Jugoslavia”. La conclusione del Consiglio regionale solenne è stata affidata a Amos Luzzatto, il quale ha riconosciuto l’elevato valore storico-documentario della mostra e della ricerca realizzata a Castelnuovo Garfagnana.
“C’è un rapporto tra quello che successe allora e l’attualità: è l’insorgenza della categoria dell’esclusione: una volta che la società stabilisce questo principio esso si allarga a macchia d’olio. Una volta che l’ideologia dell’esclusione entra nei sentimenti e nella cultura di un popolo dopo non c’è più limite. E’ una fucina diabolica –ha detto Luzzatto- che si può allargare arbitrariamente in ogni direzione del sociale e della vita civile”. Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane non ha nascosto le sue preoccupazioni per i potenziali conflitti di civiltà che gli scenari di guerra stanno silenziosamente attivando.
“Stiamo camminando sui bordi di un vulcano che prepara all’eruzione”. A suo giudizio parte dell’umanità sta tornando a praticare l’esclusione invece di far crescere il principio dell’inclusione, cioè del dialogo tra culture diverse. “Ormai c’è chi crede all’impossibilità del dialogo intereligioso –ha detto Luzzatto-, ma è l’uomo che dialoga e non le idee astratre, perciò serve il coraggio per affrontare dubbi ed incertezze”. In chiusura Luzzatto ha fatto un racconto sull’usanza di una tribù di indiani d’America di radunarsi al mattino per raccontarsi i sogni della notte e condividere preoccupazioni e speranze.
“Se mettiamo assiene i nostri segni –ha detto- metteremo assieme le nostre speranze. Questa è la strada per un mondo migliore”. Alla deduta solenne del Parlamento toscano erano presenti anche i consiglieri regionali Leopoldo Provenzali (vice-presidente),Franco Banchi, Paolo Dinelli, Paolo Cocchi, Alfonso Lippi, Angelo Pollina, Lucia Franchini, Giovanni Barbagli, Bruna Giovannini. Presenti, tra le autorità civili e militari della Garfagnana, anche gli assessori regionali Chiara Boni ed Enrico Montemagni.
La mostra documentaria “L’Orizzonte Chiuso” racconta la storia dei circa settanta ebrei stranieri che, assoggettati al provvedimento dell’internamento libero, vissero a Castelnuovo di Garfagnana dalla seconda metà del 1941 fino all’autunno del 1943, quando furono prima concentrati a Bagni di Lucca e poi inviati ad Auschwitz.
La vicenda è stata anche ricostruita in un apposito volume dai curatori Silvia Angelini, Oscar Guidi, Paola Lemmi. Nelle quattro sale della Rocca ariostesca, messa a disposizione dall’Amministrazione comunale di Castelnuovo, fino al 31 gennaio 2003 sono esposti i documenti che narrano le vicende di quasi un triennio, secondo piani narrativi diversificati, ma interagenti. Gli eventi storici europei e nazionali fanno da sfondo (nella prima sala) alle vicende locali. Si ha poi la presentazione di elementi della vita quotidiana (seconda sala): ai documenti ufficiali si intrecciano le voci narranti dei testimoni locali, che ci restituiscono immagini sfuocate dal tempo, sprazzi di vita vissuta fianco a fianco.
Le suggestioni si arricchiscono per i reperti esposti: oggetti della vita “normale” rimasti presso famiglie castelnuovesi, fotografie di alcuni protagonisti. Riemerge la vita interna del gruppo, l’assistenza prestata dagli enti ebraici italiani e la ricchezza della cultura religiosa, momento identitario forte. Nella terza saletta, appunto dedicata alla vita religiosa, il ritmo ciclico delle festività e delle ricorrenze solenni, scandisce lo scorrere del tempo individuale e il percorso della piccola comunità.
Nell’ultima sala, quella dell’epilogo, alle voci dei testimoni locali ed alla secchezza burocratica dei documenti ufficiali si uniscono le poche voci dei superstiti, che raccontano i loro itinerari di sopravvivenza sulle montagne della Garfagnana. La storia si chiude con la partenza per ignota destinazione, l’orizzonte si chiude con il secco rumore degli sportelli dei vagoni piombati del convoglio numero 6 diretto ad Auschwitz. Prima sala: L`arrivo La presenza degli ebrei stranieri in Italia viene contestualizzata nelle vicende storiche europee e nazionali, fino all`emanazione delle leggi razziali del 1938 e, poi, all`applicazione delle disposizioni relative all’internamento, al momento dell`entrata in guerra dell’Italia.
È inoltre ricostruita, anche attraverso fotografie, una precisa mappa dell`internamento ebraico a Castelnuovo di Garfagnana. Seconda sala: La vita quotidiana Le condizioni di vita degli internati, i loro rapporti con la popolazione locale, la loro organizzazione interna, l`opera degli enti di assistenza ebraici italiani verso i correligionari, sono illustrati con l`aiuto di documenti, fotografie, testimonianze e reperti materiali. Terza sala: La vita religiosa In questa stanza sono illustrate la cultura religiosa, le festività e le solennità ebraiche che accompagnano il ciclo della vita.
Quarta sala: L’epilogo Documenti ufficiali, fotografie e testimonianze permettono di ricostruire le vicende dell`arresto, della detenzione nel campo di concentramento provinciale di Bagni di Lucca, della deportazione della grande maggioranza degli ebrei stranieri che erano stati internati a Castelnuovo di Garfagnana. Sono altresì ricostruiti gli itinerari della sopravvivenza delle pochissime famiglie che si sottrassero all`arresto.
Il 'Treno della memoria' partirà alla volta di Auschwitz (Polonia) sabato prossimo, alle ore 18 circa, dalla stazione di Firenze Santa Maria Novella.
A salutare la delegazione toscana, composta da ben 600 persone, ci sarà il vicepresidente della Regione, Angelo Passaleva.
In carrozza, assieme ai rappresentanti di associazioni, comunità ebraiche, stampa ed enti locali, agli accompagnatori ed al personale di servizio, ci saranno circa 500 ragazzi, studenti provenienti dalle scuole superiori di tutte le province della Toscana e dai tre atenei di Firenze, Pisa e Siena, "inviati speciali" nei luoghi che furono teatro dell'Olocausto e che oggi sono divenuti il simbolo della volontà di non dimenticare ciò che è successo.
Saranno ben 73 le scuole rappresentate.