di Aldo Piombino A Firenze erano presenti Gianfranco Conti, neosegretario regionale della FILT-CGIL Andrea Gambacciani, coordinatore delle attività ferroviarie e Alessandro Carmignani, segretario provinciale della FILT fiorentina. Nonostante gli accordi Governo – Regione e nonostante che la Regione Toscana abbia investito considerevoli sforzi nello sviluppo delle piattaforme logistiche in cui le merci destinate lontano arrivano su gomma e partono con il treno (e viceversa) Trenitalia sta gradatamente ritirandosi dal mercato toscano per arroccarsi esclusivamente al di là degli Appennini. Da tempo sta dismettendo le officine di Livorno, dopo che le locomotive di stanza nello scalo labronico erano state trasferite a Milano Smistamento e nonostante i 7milioni di euro già deliberati per il rinnovo tecnologico degliimpianti.
Ma il ritmo delle dismissioni si sta accelerando vistosamente e in una nazione dove tutto si svolge con estrema lentezza colpisce il ritmo di queste operazioni: il 1 aprile sono stati chiusi gli uffici commerciali cargo di Empoli, Arezzo e San Giovanni Valdarno, e il 1maggio sono stati chiusi gli scali di Grosseto, Chiusi e Empoli. A San Rossore, Livorno, Piombino e Lucca, zone che generano un bel traffico merci, la politica è subdola: semplicemente si dice che non ci sono i mezzi per fare i treni sperando che lo scadente servizio possa far passare i clienti definitivamente alla strada: succede spesso che i treni non vengono effettuati per “mancanza di locomotive”.
Questo è assolutamente in contraddizione con l'accantonamento e la messa in demolizione di decine di locomotive del gruppo E655, macchine di età non superiore ai 25 anni (un rotabile di questo tipo ha una vita media di 40 anni), demolizione peraltro sospesa almeno per una cinquantina di unità che sono state praticamente ricostruite in tutta fretta, visto che erano state quasi totalmente cannibalizzate(anche questo è un sintomo di eccellente organizzazione). Le conseguenze sui lavoratori possono essere pesanti, non tanto per i macchinisti che vengono riassorbiti dalle altre divisioni di Trenitalia, a corto di personale, quanto per gli altri lavoratori, meccanici delle officine e manovratori, la cui ricollocazione in altri settori è ostacolata dalla mancanza di competenze specifiche e/o dalla proposta di spostarsi in luoghi di lavoro più lontani, con tutti i problemi che comporta la cosa.
I risultati si vedono: i terminalisti di Livorno, il comparto dell'acciaio di Piombino ed altre realtà sono molto preoccupate per il futuro e si mormora che stiano cercando dei partner alternativi per il trasporto su ferro. Di sicuro non si può aspettare per fare un treno che arrivi una locomotiva da Genova, Milano o Verona. C'è comunque una speranza e cioè che la liberalizzazione del trasporto ferroviario, ormai in atto da tempo, porti in Toscana altri operatori alternativi all'ex-monopolista Trenitalia., semprechè RFI, il gestore della rete ferroviaria nazionale, altra società del Gruppo FS, non decida di dismettere gli scali, cosa che per adesso non sembra per fortuna in programma. Questa soluzione però, inutile dirlo, pone dei problemi di sicurezza notevoli che in Toscana abbiamo purtroppo sperimentato sulla nostra pelle a Viareggio.
E' possibile che il trasporto merci ferroviario vada sempre più ad assomigliare a quello stradale in mano ad una pletora di operatori mal pagati, dagli orari infami, poco addestrati e per nulla motivati, tutti alla semplice ricerca del prezzo più basso del trasporto, costi quello che costi? Le prime avvisaglie nelle imprese alternative più piccole ci sono, a partire dai contratti spesso diversi da quello specifico del settore ferroviario, e dall'uso in più funzioni dei macchinisti. A questo dovrebbe pensare la Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria, che ha sede proprio a Firenze.
Ora, a parte che una componente fondamentale del mercato delle merci su ferro è transfrontaliero e quindi almeno nel settore merci ci vorrebbe un potere maggiore dell'Agenzia Europea per la Sicurezza, piuttostochè di quelle nazionali, la situazione della ANSF, trasformazione del vecchio CESIFER interno alle FS, è molto difficile in quanto vive in regime transitorio e ancora il Gruppo Ferrovie dello Stato non ha disposto il trasferimento all'agenzia di una buona parte del personale che la dovrebbe costituire.
Da notare poi un conflitto di interessi tutto italiano, con l'agenzia per la sicurezza in mano all'ex monopolista del settore. Ma allora quali sono le prospettive del settore? Se vogliamo che il trasporto merci su ferro, più ecologico e meno impattante di quello su strada e anche più sicuro (nonostante Viareggio) possa continuare è chiaro che bisognerà rivolgersi altrove, a compagnie private che spesso sono emanazioni delle grandi amministrazioni ferroviarie nazionali straniere come le ferrovie tedesche (che hanno aperto un nuovo ufficio anche a Gonfienti), svizzere, austriache e francesi, tutte e quattro già operanti nel nostro territorio con società italiane di loro proprietà.
Alla Regione Toscana, che in Italia è una di quelle più attente al trasporto ferroviario, spetta l'onere politico di prendersi carico della situazione e trovare le risposte: la ripresa economica, che prima o poi verrà, dovrà trovare pronti i toscani sul lato infrastrutturale, sia per i porti (Piombino, Livorno e Carrara, che senza il ferro saranno pesantemente handicappati rispetto ai concorrenti) che per le industrie, con degli obbiettivi forti, chiari e precisi: evitare la dismissione degli scali presenti, favorirne eventualmente altri e agevolare al massimo tutti colotro che voglionousare iltrasporto merci su ferro.