L’adulterio è da sempre uno degli elementi narrativi più utilizzati dal cinema, ma spesso è stato narrato come amore di persone particolari. Un po’ sulla linea di tanta e importante letteratura l’adulterio era narrato spesso se non con personaggi decisamente fuori dalla norma, quasi sempre con sistemi narrativi raramente agganciati a una vita reale e comune. In questo l’ultimo film di Silvio Soldini “Cosa voglio di più” , ci sembra particolarmente originale ed è ,forse,un po’ nella linea del film “Innamorarsi” di U.
Grosbard con Robert De Niro e Meryl Streep , dove il regista inseriva una storia d’amore adultera nella banalità quotidiana. Il film narra la storia di Anna (Alba Rohrwacher) e Domenico (Pierfrancesco Favino): lei è un’impiegata d’ufficio che ama la sua famiglia e il suo compagno Alessio (Giuseppe Battiston), col quale vive e ha deciso di avere un figlio; lui è un giovane operaio “tuttofare”, sposato con Miriam (Teresa Saponangelo) e padre di due bambini piccoli. Da quando i due si incontrano scatta in loro una forte passione che li spinge inesorabilmente l’uno verso l’altra.
Nasce così un amore clandestino che , tra bugie, tradimenti, incomprensioni e litigate telefoniche, li induce a incontrarsi in motel a ore e a farsi travolgere da una totale passione amorosa che i due non vivevano da tempo . La macchina da presa segue i protagonisti , è sempre all’altezza dei personaggi, provocando nello spettatore un coinvolgimento nel loro esistere e agire. Il regista si sofferma su come questi incontri fugaci entrino nella quotidianità di persone comuni. Uomini e donne con problemi economici, con una famiglia ancora da definire, con amici e parenti credibili.
La storia di quella che potrebbe essere una tragedia, diviene grazie al tocco di Silvio Soldini, qualcosa di impalpabile, poetico e soprattutto vero. Una vicenda quotidiana, di esistenze normali, scandite dalla fatica di un lavoro qualsiasi. L’amor “fou” che travolge Anna e Domenico non interessa al regista e agli sceneggiatori , per la storia che sarebbe un po’ banale, se non fosse contestualizzata in un mondo in cui le certezze di un tempo sono state messe profondamente in crisi.
Anna e Domenico non possono astrarsi dalla realtà nel loro rifugio con specchi del motel. E’ vana l’illusione di poter chiudere il mondo fuori o di poter dare una dimensione di durata e di realtà al loro sogno. Il regista evidenzia anche nel modo di costruire le inquadrature una partecipazione e comprensione della vicenda di Anna e Domenico, non senza dedicare altrettanta attenzione ad Alessio nella sua difesa del rapporto con Anna barricato dietro un quieto non voler sapere e a Miriam, la moglie di Domenico, incapace invece di chiudere gli occhi dinanzi all’evidenza e in quotidiana lotta contro la precarietà economica.
E’ uno sguardo sensibilmente attento al quotidiano e alla fatica di vivere quello di Soldini , e il suo cinema si rivela, ancora una volta , particolarmente attento ai sentimenti, e alla difficile normalità dell’esistenza . “Mi affascina raccontare la normalità – ha affermato il regista - mostrare da vicino una vita che non ha niente di straordinario, ma che è piena di piccoli e grandi problemi in cui ognuno di noi si può rispecchiare. Faccio film ad altezza d’uomo”. di Alessandro Lazzeri