Il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Firenze Joseph Levi, il Dottore cardiologo Mohamed Bamoshmoosh capo della Comunità Islamica di Firenze e della Toscana, il Monsignor Dante Carolla, direttore dell’ufficio catechistico dell’Arcidiocesi di Firenze. Tre personalità rappresentanti ognuna la propria religione monoteista si sono riunite per confrontarsi in una conferenza su “La ricerca di Dio nella storia dell’uomo”.
Organizzata dall’Associazione culturale-religiosa “Amici della Certosa” presso le sale del Monastero della Certosa del Galluzzo questo dicembre, l’evento apparentemente a carattere teologico ha toccato trasversalmente aspetti di antropologia, filosofia, psicologia, ma anche scienza e letteratura, tessendo la trama verso un dialogo di tre credi mediaticamente e storicamente trattati come lontani ed incapaci di raggiungere una pacifica sintonia a causa di posizioni di stato e politica estera.
A Firenze, lontano dai riflettori, ha dominato la convergenza di intenti ed opinioni in un faccia a faccia a tre che ha coinvolto credenti e scettici incuriositi, giovani studenti ed imprenditori. Tutti intervenuti per il gusto di sapere qualcosa di più su un argomento tanto ingombrante quanto costantemente dibattuto nella storia: l’eterno confronto tra uomo e divino. Ha iniziato Rab Levi introducendo la possibilità nella società odierna di trovare un dialogo per equilibrare i vari aspetti delle diverse religioni.
E a tal proposito racconta di come l’antropologo francese Claude Lévi-Strauss negli anni ’50 valutava la possibilità di offrire un denominatore comune, ma solo dieci anni dopo scriveva deluso la chiusura dell’uomo occidentale, perennemente egocentrico nella concezione del Dio. "Qui emerge il primo paradosso della religione: da un lato auspica una promessa di un dialogo universale, dall’altro il particolarismo tende sempre a prevalere. Quest’apertura-chiusura è una costante", afferma il Capo della Comunità Ebraica, aggiungendo: "La scoperta dell’infinito nasce dalla consapevolezza della sua limitatezza.
E’ la sofferenza per quest’ultima che accende nell’uomo la ricerca dell’illimitato, che è a sua volta l’humus in cui l’uomo matura la sua crescita personale". Teologia e psicologia si integrano e completano nel pensiero di Levi. E conclude con un approccio scientifico: "Aprire un dialogo con l’infinito è insito nella natura della ragione umana. Lo stesso Abramo fu scientifico nella sua proposta di religione. Ricercava sempre una connessione tra fede e ratio non limitandosi alla superficialità delle simbologie.
Non esiste religione che contenga una verità assoluta, ognuna ha il suo spicchio di verità". Secondo a prendere la parola il cardiologo yemenita Mohamed Bamoshmoosh, rappresentante della comunità islamica in Toscana, che ha precisato come secondo il Corano la ricerca del Dio non abbia bisogno di intermediari, ma sia diretta ed individuale. "Dio non è un “trademark”. Tutti hanno la possibilità di ricercarlo nelle più svariate situazioni: dalla preghiera, al lavoro, ai cambiamenti climatici, eccetera.
E’ immanente in tutte le cose che ci circondano". Aggiunge inoltre di come la ricerca di Dio sia qualcosa di catartico e nel contempo dinamico, che viene ricompensata con la serenità e l’appagamento dell’animo. Conclude la triade Monsignor Carolla, direttore responsabile dell’ufficio catechistico-diocesano. "Ci facciamo portatori di promuovere un dialogo vero. Le culture di queste voci sono ufficialmente lontane, ma nella realtà hanno molto in comune". A sostegno della sua relazione cita alcuni autori che hanno tentato di comunicare con le loro opere l’esigenza di “infinito” dell’uomo.
"L’estetismo non basta a saziare la “sete di senso” che è insita in ognuno. Pirandello parla della necessità dell’uomo di autoingannarsi, perché colui che non riesce ad ingannarsi non ha più il “senso di infinito”. Anche tutti gli agnostici manifestano sotto forma di nostalgia la loro esigenza di elevarsi. La religione è portatrice della sua sete d’eternità", termina il canonico. "Ma esisterebbe Dio senza l’Uomo, ovvero senza un essere raziocinante capace di invocarlo?" domanda ai tre oratori un signore dalla barba argento in sala -.
E continua provocatoriamente: "Non è probabile che sia proprio Dio ad aver bisogno dell’essere terreno in quanto tale per sopravvivere?" Chissà se Platone o Aristotele avrebbero saputo azzardare una tesi logica sulla misura in cui la negazione di Dio possa o meno essere riconosciuta anch’essa come una forma di credo.