La comunicazione ufficiale della scoperta, tra le collezioni del Seminario Vescovile di Padova, di un autografo di Galileo Galilei sino ad oggi sconosciuto ha sollevato non poco interesse tra gli esperti di tutto il mondo riuniti nella veneziana Isola di San Servolo per il Convegno mondiale promosso dalla International Astronomical Union e dall'INAF Osservatorio Astronomico di Padova inaugurato oggi e che proseguirà sino al 3 ottobre. Nell'Anno Internazionale dell'Astronomia l'IAU ha scelto l'Italia, e Venezia in particolare, per il più prestigioso degli omaggi a Galileo e alla città che fu protagonista e testimone dei fatti che portarono alla costruzione del cannocchiale galileiano, alle straordinarie scoperte astronomiche, come ci narra il grande scienziato nella sua opera "Il Saggiatore".
E proprio a "L'astronomia e i suoi strumenti prima e dopo Galileo" che sono dedicate le relazioni che studiosi da tutto il mondo hanno idealmente intitolato a Galileo come paradigma di passaggio tra un vecchio e il nuovo modo di affrontare la ricerca nelle scienze. "Con questo convegno, di carattere interdisciplinare - afferma Luisa Pigatto, docente di astronomia storica all'Università di Padova e che presiede il comitato scientifico internazionale assieme al professor Clive Ruggles esperto di archeoastronomia dell'Università di Leicester -, si intende mettere in risalto il cammino percorso dall'umanità nell'approfondire le conoscenze del cielo mediante la costruzione di monumenti ed edifici, con l'ausilio di sempre nuovi strumenti matematici e meccanici: fu in questo modo che nacque l'astronomia scientifica". Ed è stata proprio la studiosa padovana ad ufficializzare, in apertura delle sessioni di lavoro, la sua scoperta di importanti annotazioni autografe di Galileo in una edizione cinquecentesca dell'Ottica di Euclide.
Si tratta precisamente della prima edizione italiana della celebre opera, tradotta dal greco, commentata e pubblicata a Firenze nel 1573, da Egnazio Danti, cosmografo del Granduca di Toscana Cosimo I. "L'opera - ha affermato la studiosa - era stata tradotta in italiano col titolo "Prospettiva" col preciso intento di essere un utile e indispensabile manuale nell'insegnamento dell'arte del disegno; tuttavia non si trattava di un'operetta che insegnava semplicemente la tecnica della prospettiva come la intendiamo oggi, ma era assolutamente quella che ancor oggi definiamo un trattato di "ottica geometrica" quello scritto da Euclide nel terzo secolo avanti Cristo. Risulta che Galileo possedesse quest'opera nella sua biblioteca personale, ed è pure noto che egli aveva frequentato da giovane la l'Accademia di disegno, e che avanti negli anni affermava che se da giovane avesse potuto scegliere la sua professione avrebbe fatto il pittore.
Si possono trovare numerosi esempi di spiegazioni fornite da Galileo nelle sue opere che hanno il loro fondamento nei teoremi dell'Ottica euclidea. Quindi nessuna meraviglia se questo libro era stato studiato da Galileo, come non è da meravigliarsi che la sua copia personale sia finita nella Biblioteca del Seminario vescovile di Padova dove attualmente si trova. Infatti qui si trova conservata anche la copia personale di Galileo della sua opera "Dialogo dei Massimi sistemi del mondo" con numerose annotazioni manoscritte.
È anche noto ormai da molti anni come questo, insieme ad altri libri di natura scientifica, fossero stati lasciati al Cardinale Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, da Cosimo Galilei nipote del nostro scienziato. Ma il fatto più importante di questo ritrovamento consiste nella conferma della perfetta conoscenza dell'ottica geometrica da parte di Galileo, conoscenza che gli permise di capire come il cannocchiale, ingrandendo gli oggetti, li faceva sembrare più vicini in precisa conformità ai teoremi dimostrati nell'opera euclidea, e che quanto si vedeva attraverso il nuovo strumento era dunque la realtà e non una illusione.
Vengono così smentiti tutti quegli studiosi che in passato sostennero, e ancor oggi sostengono, che Galileo non aveva conoscenze specifiche di Ottica".