Una linea bianca sul palcoscenco divide la zona del corpo di ballo dal proscenio risevato alle star: lungo questa “linea del coro” si susseguono i racconti di diciassette personaggi che, attraverso la musica e la danza, condividono con gli spettatori le storie delle loro vite. Diciassette storie bellissime, alcune divertenti, altre commoventi, tutte straordinariamente toccanti, regalano così la “rara sensazione” di un musical indimenticabile che, dopo 30 anni, conserva ancora un messaggio profondo anche per le nuove generazioni.
Emozionante, innovativo, creativo, a tratti drammatico, A Chorus Line (concepito e originariamente diretto da Michael Bennett, scritto da James Kirkwood e Nicholas Dante, con le meravigliose musiche di Marvin Hamlisch) nasce nel 1974 da un workshop in cui un gruppo di ballerini (i cosiddetti gypsies, coloro che passano da un musical all’altro), dopo le prove di uno spettacolo, si incontrano per parlare delle proprie esperienze personali e professionali, e di come la danza abbia condizionalto le loro vite.
L’incontro fu registrato su un nastro e trascritto: da lì fu tratto il testo dello spettacolo. Dopo la leggendaria prima del 25 luglio 1975 al Public Theatre di New York, alla presenza di 300 spettatori, partì un passaparola che portò a una svolta nella storia di Broadway. Era nato il “Re dei musical”.
In scena il “teatro nel teatro”, la storia non solo di un regista che sceglie, tra i numerosi candidati, il corpo di ballo per un nuovo spettacolo, ma, soprattutto, la vita di giovani artisti messa a nudo sul palcoscenico con le speranze, i sogni, le debolezze e i fallimenti della realtà quotidiana.
La storia racconta di un’audizione a Broadway: il regista Zach vuole conoscere a fondo i ballerini che si sono presentati e chiede loro di parlare di se stessi.
Ne nascono confidenze emozionanti, divertenti o commoventi, raccontate attraverso balletti e canzoni dalla forza travolgente. Alla fine, solo otto di loro saranno scelti ma, come nel sogno di ciascuno, tutti compariranno nel numero finale di “ONE”, nel bagliore accecante delle paillettes e dei cilindri dorati, a dirci che, comunque, essere lì sul palcoscenico rappresenta sempre “una rara sensazione”.