di Mauro Banchini
Prato Anche certi musei possono avere la loro “lumachina”, anche in certi musei si può entrare con lo stesso stile in cui si entra in un’osteria slow food, anche in certi musei la “lentezza” può contrastare le “massificazioni” del consumismo culturale, può essere una chiave interpretativa nuova per soddisfare la mente. Sono i musei civici, i musei delle città e delle comunità locali, per i quali presto potrebbe nascere un marchio (una specie di “slow museum”) nel senso indicato da Carlo Petrini con lo slow food, che ha fatto la fortuna di un nuovo approccio alla fruizione del cibo.
Ne ha parlato questa mattina, nel Palazzo comunale di Prato, Elena Pianea, direttrice dei Musei Comunali di Firenze, durante un convegno organizzato dalla Regione Toscana (“I musei civici in Toscana fra tradizione e nuove identità”): l’ultima delle tre giornate di studio volute dall’Associazione nazionale Musei Locali e Istituzionali (ANMLI). E l’assessore alla cultura, e al turismo, della Regione Toscana, Paolo Cocchi, ha proseguito nella metafora culinaria («Il successo di un museo somiglia al successo di un ristorante: non è sufficiente la materia prima, che comunque è fondamentale, ma occorre eccellenza anche nella cucina») per evidenziare il ruolo strategico, nei musei civici, delle iniziative legate alla valorizzazione di questi luoghi.
«Conservare i beni culturali – ha aggiunto Cocchi – è il dato di partenza, ma è oggi sempre più necessario guardare a una seria ridefinizione per il ruolo stesso dei musei». Sulla stesso linea Andrea Mazzoni, assessore alla cultura del Comune di Prato secondo cui «è anche dalle enormi ricchezze culturali presenti sul suo territorio che Prato potrà ripensare se stessa e vincere la sua crisi, accettando la sfida di diventare anche città della cultura».
Pensata dagli uffici dell’assessorato toscano alla Cultura “per riflettere sulla storia del museo civico, sulla sua trasformazione nel contesto in cui è sorto come premessa per ridefinire gli obiettivi di un moderno museo locale”, la giornata di studio si è sviluppata su varie comunicazioni proposte da direttori di musei civici toscani: Pistoia si è trovata d’accordo con Prato, Siena con Firenze, Volterra con Cortona sull’importanza di “ripensare i musei cittadini nella società della conoscenza”.
Nei musei civici di Firenze (quelli di Palazzo Vecchio e Santa Maria Novella, lo Storico-Topografico e la Fondazione Salvatore Romano) sono passati, nel 2008, cinquecentomila visitatori.
Le relative collezioni civiche (compresi il Forte di Belvedere e la Galleria Rinaldo Carni elo, oggi chiusi, e compreso il Museo Stefano Bardini, che riaprirà il 4 aprile) raccolgono circa 42 mila oggetti suddivisi in 71 raccolte. C’è poi da aggiungere – ha spiegato Elena Pianea – una serie importante di chiese acquisite in concessione (fra queste la Santissima Annunziata, San Firenze, Santa Maria del Carmine, il Santo Spirito) nonché altri edifici sacri su cui i Musei Civici di Firenze hanno in parte competenza (fra queste San Giovannino degli Scolopi, San Salvatore al Monte, San Giuseppino).
Un patrimonio di grande prestigio che può servire ai fiorentini («per recuperare l’orgoglio civico attraverso la conoscenza dell’arte conservata») ai turisti («per decongestionare i musei sovraffollati studiando modalità nuove di collaborazione con i tour operator») ma anche alle scuole e alle università straniere («proponendo forme personalizzate di avvicinamento al patrimonio ar tistico cittadino»). Ma i Musei Civici – ha aggiunto Pianea - possono servire anche per combattere l’esclusione sociale, come luoghi di dialogo interculturale e per aiutare gli immigrati a «vincere la sensazione di estraneità nei confronti dei luoghi e della loro storia».
Utile, il Civico, anche «per far venire voglia di cultura agli adolescenti dando alla visita il significato dell’apprendimento informale non imposto autoritariamente».
La giornata è servita per far conoscere alcuni progetti di sviluppo nei musei civici dell’area Firenze-Prato-Pistoia. Maria Pia Mannini e Marco Ciatti hanno illustrato i progetti per la riapertura del Museo Civico di Prato (un’intera sala sarà dedicata al Bernardo Daddi con le storie della Cintola e l’intero piano terra racconterà la storia della città dalle origini al Novecento).
Elena Testaferra, direttrice del Civico di Pistoia, ha spiegato l’unico museo su due sedi: Palazzo Comunale e Palazzo Fabroni. Nel pomeriggio presentate le esperienze di altre città nonché le attività dell’ANMLI (la presidente nazionale Anna Montaldo ha annunciato un convegno a Trento, in settembre, sul rapporto fra musei e turismo). Comune la consapevolezza di definire i musei civici come «luoghi di cultura dove non si va una sola volta nella vita ma vi si entra di continuo anche per la ricchezza sempre diversa di stimoli offerti».
«L’idea – ha sintetizzato Bruno Santi – è quella di una rete regionale di musei civici con una direzione e una gestione il più possibile coordinate».