Il mercato, non solo quello del vino, è per definizione altalenante. Periodi di entusiasmo sfrenato si alternano a congiunture economiche più difficili, con specificità ogni volta diverse ma quasi sempre contraddistinte da un rapporto causa effetto comune, in grado di riportare i diversi significati del termine “valore” a un dimensione più reale. Così ciò che molti chiamano “crisi” per alcuni diventa una ulteriore “opportunità” per far emergere in un mercato libero da falsi entusiasmi un criterio di valutazione inattaccabile: la Qualità.
La stessa qualità perseguita ogni giorno dai produttori del Chianti Classico e garantita dal lavoro del suo Consorzio, che questa mattina, attraverso un’assemblea ha approvato ulteriori integrazioni alle modifiche al disciplinare di produzione, già in corso di valutazione presso il Comitato Nazionale Vini. Il testo che regola la produzione del Chianti Classico ha così subito alcune piccole ma significative modifiche, volte a garantire ulteriormente la qualità del prodotto, in particolar modo per quanto riguarda il vino sfuso.
In questo senso si inserisce, per esempio, la modifica riguardante la “Comunicazione preventiva di vendita” che prevede di comunicare al Consorzio la commercializzazione dello sfuso “atto a divenire, almeno due giorni prima del trasferimento dello stesso”. Sempre in termini di vino sfuso il nuovo disciplinare stabilisce che le relative partite “destinate alla DOCG Chianti Classico, oggetto di commercializzazione, devono rispondere alle caratteristiche chimico-fisiche” previste dal disciplinare per il vino già certificato.
“Il vino è stato considerato negli ultimi anni come una moda e in questo nuovo mondo sono arrivati diversi imprenditori attratti dall’idea di facili guadagni” afferma Marco Pallanti, Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico. “Questa crisi riporta tutto a una dimensione più reale, favorendo i produttori di territori storici come il nostro. Un territorio che con le nuove modifiche al disciplinare investe ancora di più nella ricerca della qualità grazie a un sistema di tutela ancora più efficace”.
“La testimonianza di questo lavoro per la qualità – conclude Pallanti - sono anche i 1700 ettari di Chianti Classico che sono stati reimpiantati negli ultimi quattro anni che si sommano ad altri 3000 che sono stati reimpiantati nei quindici anni precedenti: un grande sforzo economico da parte dei produttori del Chianti Classico che ha portato al rinnovamento di oltre il 60% della superficie vitata iscritta all’Albo della DOCG”.