Firenze- Due italiane, stessa famiglia, stesso trono: Caterina e Maria de’ Medici, prima regine di Francia portatrici di orizzonti culturali inediti, quindi energiche reggenti del regno quali madri di numerosi re bambini. Due donne al potere, entrambe controverse ed emblematiche, che hanno marchiato un secolo di storia d’Europa. Quattrocento anni dopo, Firenze ne celebra il mito riportandole idealmente nella loro città d’origine attraverso una mostra di particolare fascino (Caterina e Maria de' Medici: donne al potere, 24 ottobre 2008 – 8 febbraio 2009), che prende spunto dalla recente ricomposizione di una straordinaria serie di arazzi monumentali esposti con bel successo a Parigi nella Galleria dei Gobelins e nel Castello di Chambord.
Si tratta delle quindici spettacolari opere (tutte di altezza prossima ai cinque metri) dedicate alla leggendaria regina Artemisia. Ne fu proposto il progetto a Caterina, vedova di Enrico II, dopo l’inizio della reggenza (1560), per glorificare, con il re defunto, la dinastia dei Valois. Il capostipite dei re Borbone Enrico IV (‘Parigi val bene una messa’) la volle realizzata oltre 40 anni dopo, alla fine delle sanguinose guerre di religione, per celebrare la nuova consorte Maria de’ Medici senza risparmio di ori e fili tra i più preziosi.
Questo nucleo centrale della mostra, di evidente gusto classicheggiante e manieristico, dialoga stilisticamente con una serie di dipinti del belga Bernard Rantwyck (le ‘sette meraviglie del mondo’) e calchi in gesso, tutti di soggetto mitologico, e trova il suo contesto storico e culturale in due sezioni che aprono e chiudono il percorso: la prima presenta dipinti e oggetti riferiti o appartenuti alle due regine; l’altra restituisce al mito dell’antica Artemisia la sfera del dolore privato che per Caterina e Maria era stato disinvoltamente alterato per esigenze che oggi definiremmo propagandistiche.
La mostra è patrocinata dal Presidente della Repubblica Francese (domani all’inaugurazione sarà rappresentato dall’ancien Ministre de la Culture, Instruction National et Communications Jack Lang) e, per l’Italia, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (rappresentato dal sottosegretario Francesco Maria Giro e dal consulente del ministro Alain Elkann) con il Ministero degli Esteri. Ha promosso, prodotto e organizzato l’evento l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze con la Fondazione Palazzo Strozzi e il sostegno di Regione Toscana, Provincia, Comune, Camera di Commercio di Firenze e Associazione Partners di Palazzo Strozzi.
Oggi alla presentazione alla stampa hanno partecipato i presidenti Edoardo Speranza (Ente Cassa di Risparmio) e Lorenzo Bini Smaghi (Fondazione Palazzo Strozzi) con il governatore della Regione Claudio Martini, gli assessori alla Cultura della Provincia (Giovanna Folonari) e del comune (Eugenio Giani), la sovrintendente al Polo Museale Fiorentino Cristina Acidini, il direttore della Fondazione Palazzo Strozzi James Bradburne, Jacopo Mazzei (Associazione Partners di Palazzo Strozzi) e la curatrice Clarice Innocenti, che con gli storici dell’arte Giorgio Bonsanti, Arnauld Brejon de Lavergnée e Maria Sframeli partecipa al comitato scientifico presieduto dalla soprintendente Acidini.
Il catalogo è pubblicato da Mandragora in doppia edizione italiana e inglese.
Caterina de’ Medici (1519-1589) era, come noto, figlia di Lorenzo duca d’Urbino e di Maddalena de la Tour d’Auvergne, ovvero pronipote di Lorenzo il Magnifico e nipote di papa Clemente VII. Maria (1575-1642) apparteneva invece a un ramo diverso della famiglia, essendo figlia del Granduca Francesco I dei Medici e di Giovanna d’Austria. La vicenda narrata dagli arazzi cui entrambe sono legate ha origine nel poema epico Histoire de la Royne Arthémise, composto nel 1561-1562 da Nicolas Houel, ‘farmacista’ parigino, collezionista e poeta dilettante.
Per rendere omaggio alla reggente Caterina de’ Medici, Houel fuse in un unico racconto la vita di due Artemisie d’antan, entrambe regine della Caria, regione dell’odierna Turchia. Tempra guerriera, alleata dei persiani contro i Greci, la prima partecipò alla battaglia di Salamina nel 480 a. C. L’altra visse invece un secolo dopo: vedova del re Mausolo, in sua memoria fece erigere ad Alicarnasso (l’attuale Bodrum) il celebre Mausoleo, una delle sette meraviglie del mondo. Artisti importanti (il più noto fu Antoine Caron) illustrarono il testo di Houel con i disegni (53 sono ancora conservati nella Bibliothèque de France e al Louvre) da cui si dovevano trarre i cartoni per tessere gli arazzi.
Ideati per la vedova di Enrico II, celebrarono invece Maria de’ Medici, nel 1600 sposa a Enrico IV che aveva ripudiato la prima moglie (la reine Margot, figlia di Caterina) incapace di dare un erede al trono di Francia. Gli arazzi furono tessuti a Parigi nella manifattura di faubourg Saint Marcel, che si trovava nel quartiere dei Gobelins. Fu fondata dallo stesso Enrico IV e affidata a due arazzieri fiamminghi, François de La Planche e Marc de Comans. Per omaggiare la consorte, il re fece aggiungere nuovi episodi, per la maggior parte illustrati dai disegni di Henry Lerambert.
Ma essendo ancora in vita (morirà nel 1610), omise la parte del mito relativa alla devozione di Artemisia per il marito defunto (funerali e costruzione del Mausoleo). Volle invece inserito e ampliato il tema della guerra e delle vittorie, in virtù del mutato clima politico caratterizzato soprattutto dall’esaurirsi delle guerre di religione che avevano insanguinato la Francia. Questa immersione nel mito e nella storia si accompagna all’esibizione di dipinti e manufatti che consentono al visitatore di approfondire la conoscenza delle due regine, alle quali è quanto meno riconosciuto il merito di aver portato in Francia molte raffinatezze del Rinascimento fiorentino.
Nella sezione a loro dedicata sono infatti esposti dipinti e oggetti, legati alla loro biografia, che ne raffigurano le nozze e ne documentano il gusto. Fra quelli appartenuti a Caterina, la Cassetta di Valerio Belli, in argento e cristallo di rocca, e la coppa di Diana di Poitiers, la grande horizontale di Enrico II e somma rivale di Caterina. A testimoniare la passione della regina per i sortilegi (e i rapporti con Nostradamus) ecco anche il suo misterioso talismano astrale. Riferibili a Maria sono invece un cammeo con le effigi della coppia reale (dal Louvre), una piccola tela raffigurante un loro banchetto all’aperto e una lettera che Maria inviò, con un beneaugurante disegno di neonato, alla sorella Eleonora per la nascita del primo figlio.
Nella sezione Restituzione di Artemisia al mito la mostra presenta infine otto dipinti (due provengono dagli Stati Uniti) di altrettanti artisti italiani del Seicento: Francesco Curradi, Girolamo Forabosco, Cesare Dandini, Domenico Fetti, Gian Gioseffo Dal Sole, Bernardino Mei e Francesco Cairo. Le opere hanno di particolare che sono tutte relative a una scena tanto drammatica e teatrale, quanto assolutamente privata. Si tratta dell’episodio in cui Artemisia, sullo sfondo del Mausoleo, beve le ceneri del marito mischiate alle proprie lacrime, divenendo così sepolcro vivente dell’adorato consorte.
Comune a molti popoli e culture, il rito ha attraversato i millenni rivelandosi efficace per legittimare la trasmissione del potere anche alle donne, di norma escluse dalla successione al trono e accettate solo come reggenti pro tempore, in quanto madri di futuri sovrani ancora bambini. Il caso che, appunto, accomunò Caterina e Maria de’ Medici.