di Marco Nucci
"Non ricordo né l'ora, né lo scoppio. Mi ricordo solo di essermi trovato in mare. Mi passò vicino un palo di legno, forse un pezzo d'antenna della nave e mi ci appoggiai. Dopo un pò gli altri s'appoggiarono, eravamo in sette. (...) mentre eravamo in balia delle onde, mi pareva d'essere una di quelle formiche che io da ragazzo mettevo sulle pagliuzze e abbandonavo alla corrente del ruscello" Aldo Piccini, ex alpino di Sansepolcro, classe 1919, descrive così i primi momenti della tragedia che si consumò davanti ai suoi occhi la mattina del 28 giugno 1940, quando la motonave Paganini, partita qualche ora prima da Bari, si inabissò nelle fredde acque albanesi, portando in fondo all'Adriatico oltre duecento soldati diretti a Durazzo.
Sono queste le vicende che Daniele Finzi, già autore di un importante studio sul campo di concentramento di Anghiari, racconta nelle pagine del volume Una storia nel cuore, edito da Nuova Toscana Editrice con il contributo del Consiglio Regionale della Toscana. Si tratta di una ricerca condotta sul campo, negli archivi dei comuni e di quelli dell'esercito e che ha visto coinvolte persone e località in tutta Toscana, proprio perché la maggior parte dei poveri soldati della motonave affittata alla Tirrenia, proveniva dalla nostra regione.
Tra "i caduti rurali" della Paganini, figli di quell'Italia contadina che si immolerà tra le nevi dell'Ucraina e le dune del Sahara, ci furono infatti anche molti mezzadri e coloni di Arezzo, San Sepolcro, Calenzano, Greve in Chianti e Campi Bisenzio. La ricerca si è avvalsa delle testimonianze dei pochi sopravvissuti e dei familiari delle vittime e riesce finalmente ad inquadrare un fatto rimasto nel "cuore" e nella memoria di molti - ogni anno in Santissima Annunziata si celebra una messa in suffragio di questi caduti - ma che è stato dimenticato dalla storiografia ufficiale.
Si è lasciato colpevolmente in un cassetto un episodio che con tutta probabilità rappresentò il primo affondamento della Royal Navy ai danni della marina italiana durante la Seconda Guerra Mondiale. Al sabotaggio "comunista", come volle la versione delle autorità del tempo, Daniele Finzi contrappone la tesi di un attacco inglese, testimoniata dalle modalità dell'incendio e dalla presenza di sottomarini britannici nelle acque adriatiche.
L'affondamento della Pagnini fu il primo anello della lunga catena di sciagure che caratterizzarono la campagna contro la Grecia voluta con forza da Galeazzo Ciano: i soldati della Paganini si stavano dirigendo in Albania, per la preparazione dell'attacco che avrebbe dovuto portare l'esercito italiano diritto a Salonicco e che invece rivelò l'impossibilità da parte dell'Italia fascista di condurre una guerra parallela rispetto all'alleato tedesco, allora trionfante su tutti i fronti.
L'improntitudine, la faciloneria, la colpevole incapacità da parte delle autorità nel predisporre gli strumenti adeguati a condurre a buon fine le operazioni militari si riscontrano anche nella situazione in cui si trovava la Motonave Paganini al momento dell'affondamento: soldati, animali, armi e macchinari sistemati a forza in coperta, mancanza di scialuppe di salvataggio e di vie di fuga - la nave passeggeri affittata alla Tirrenia non aveva scalette abbastanza larghe per far uscire i soldati in massa- nessun tipo di addestramento per le operazioni di evacuazione.
"Il mare era mosso, molto mosso. - racconta ancora Piccini rievocando i momenti prima dell'inabissamento della nave - Noi eravamo giù nella stiva. C'erano i lettini a castello e c'avevano detto di stare fermi perché il mare era mosso. (...) C'era un fittacchiume incredibile, non si respirava . Mi alzai e andai sul ponte. Mi ricordo che le scale erano strette ed io che sono grosso ci passavo appena. Dopo un quindicina di minuti che ero sul ponte, la nave si inclinò e io mi ritrovai in mare."
Il libro è anche un saggio sulle modalità con cui si effettuano le ricerche sul campo, si vagliano le fonti e la documentazione e si ricostruisce filologicamente un avvenimento complesso e dalle molte implicazioni storico-politiche.
E' soprattutto un doveroso omaggio alla memoria delle vittime, "una storia nel cuore", che merita il giusto spazio tra gli avvenimenti che caratterizzarono la storia locale e nazionale durante la Seconda Guerra Mondiale.