Giovedì 18 settembre si è ufficialmente aperta la prima edizione delle "Giornate del cinema europeo di Firenze" organizzate dall' Istituto Stensen e Europe Direct. Una folla di persone si è riversata al Teatro Verdi per la prima nazionale di "Mar Nero" il film dell'esordiente fiorentino Federico Bondi, reduce dall'infornata di premi di Locarno. Un successo di pubblico che conferma che la città ha fame di eventi e che ha forse superato ogni rosea aspettativa. Grande ovazione in sala per Ilaria Occhini, vera "mattatrice" della pellicola, a lungo applaudita a fine spettacolo.
Ma l'evento forse più riuscito è stata la prima, la sera successiva allo Stensen, di "Ulzhan" di Volker Schloendorff. Un centinaio di persone non hanno trovato posto in sala, evento che non fa che rimarcare ancora una volta quanto in realtà la città sia attenta e desiderosa di una vita "cinematografica" che comprenda anche pellicole dal sapore europeo, ricercate e raffinate quale questo film del simpatico maestro tedesco. Che alle soglie dei settant'anni si lancia di petto in un'avventura nel profondo Kazakhistan senza il sostegno della sua amata letteratura (quasi tutti i suoi film più famosi erano infatti tratti da opere di narrativa) e filma forse il suo film più libero, anarchico, sognante.
La bravura del cast, nel quale ritroviamo pure David Bennent, il ragazzino del Tamburo di Latta già indiscusso capolavoro del regista, la storia a metà fra il picaresco e il viaggio iniziatico, la sconfinata bellezza del panorama kazako e la mostruosità industriale del petroldollaro fanno il resto. Fra le (tante) sequenze che colpiscono in questo delicato, struggente e persino ironico capolavoro, non può non lasciare il segno lo sguardo attonito, nostro come del protagonista, (il francese Philippe Torreton, grande faccia per il cinema) che si posa su Astana, la capitale Kazaka costata due miliardi, "Brasilia nel deserto della steppa" come la definisce un personaggio del film, dove gli ipermoderni grattacieli e le sfilate di moda contrastano troppo nettamente con il resto del paese dilaniato da guerre, esperimenti atomici e povertà.
Ancora in cerca di distribuzione in Italia, "Ulzhan" è un'esperienza visiva vitale e abbacinante.
Non male per un settantenne che veniva descritto come il più "classico" dei registi della sua generazione (in una accezione non del tutto positiva, chiaramente). Invece il simpatico, affabile Volker ci regala il film più bello dell'anno, almeno sino a questo punto.
Nel festival sono state presentate poi anche le opere di Corso Salani, in una "personale" (e non retrospettiva, come lui scherzosamente ha corretto) di un fiorentino a Firenze che durerà ancora per alcuni giorni. E questo fatto è più significativo di quel che si creda.
Al bravo regista e attore la soddisfazione di poter presentare le opere nella sua città, ad un pubblico che ancora probabilmente non lo conosce bene, se non per averlo visto in film di successo quali Il continente Nero o Muro di Gomma, e nel cinema dove lui stesso studente andava venti anni prima a vedere i grandi film della storia del cinema.
Una cinematografia, quella di Salani, al limite dello sperimentale, fatta più di parole che di immagini, di ricerca recitativa e contenutistica quotidiana ma non banale.
Stasera tocca al danese Peter Fly presentare il suo nuovo film, domani grande curiosità per "Staub"(polvere) di Bitomski, presentato se il tempo lo consente a Villa Romana, ancora in settimana Greenaway e altre piacevoli novità.
Alle giornate del cinema europeo di Firenze non ci si annoia.
Marco Cei