Il Cavaliere Oscuro - Un film di Christopher Nolan. Con Christian Bale, Heath Ledger, Gary Oldman, Michael Caine, Aaron Eckhart, Maggie Gyllenhaal, Morgan Freeman. Genere Azione, colore 152 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione Warner Bros Italia
C’è qualcosa di oscuro e maligno in questo film. C’è qualcosa che ti attanaglia e ti fa restare seduto al tuo posto di spettatore per due ore e mezzo di doppi, tripli giochi, di inganni, tormenti e follia incontrollata. C’è qualcosa di malato che non puoi non sentire sulla pelle , anche una volta uscito dalla sala.
Sarà dura dormirci sopra. Sarà per il fatto che Heath Ledger è morto e non potrà più interpretare questo favoloso, folle, ed in fondo terribilmente umano Joker.
E’ lui, il biondo attore di Perth, Australia, morto per overdose a Soho nel gennaio di questo anno, non ancora trentenne, il vero cuore di tenebra del film.
Non Christian Bale, perfetto nel ruolo del Batman reinventato da Frank Miller, un antieroe solitario e amaro , che vince le sue battaglie pagando un caro prezzo a livello personale .
Bale sta rapidamente diventando il miglior attore del mondo, poliedrico, camaleontico, onnipresente nelle produzioni di oltreoceano con una sceneggiatura degna di essere chiamata tale ; ma Heath gli ruba la scena. Non sono certo le sornione, e ben pagate, facce di Michael Caine e Morgan Freeman, veterani navigati e con ruoli che regalano ad entrambi delle memorabili caratterizzazioni con poche frasi di dialogo. Non è Gary Oldman, (il poliziotto Jim Gordon ) l’unico vero eroe comune, l’ uomo che si trova in mezzo ai mostri, ai criminali e ai supereroi, ma capace di slanci e di sacrifici che vanno oltre la sua stessa natura umana.
Non sono nemmeno i giovani e meno conosciuti Aaron Eckhart (Harvey Dent, poi lo spietato Due Facce ) e Maggie Gyllenhaal (qua in vece della signora Katie Holmes Cruise, che ha rinunciato al ruolo interpretato nel primo film ) pur bravi e empatici nei loro sofferti e dolorosi ruoli.
No, è questo Joker con la sua aura di morte presa in presto dai tragici eventi della realtà che spiazza, ripugna e ci affascina fino al punto di volergli quasi bene. Joker soffre anche se non sa di soffrire.
Si muove goffamente, il cerone sul suo volto si sfalda , i suoi capelli diventano sempre più untuosi , il suo ghigno permane come le leggende su come si è procurato le cicatrici ( che lui stesso partorisce). Questo Joker fa male perché è uno di noi pur essendo un mostro. Una maschera di morte che fa impallidire il clownesco personaggio interpretato da Jack Nicholson nel primo film della serie diretto da Tim Burton : un villain che non vuole i soldi o il denaro, ma solo portare anarchia, dolore, follia, per placare un vuoto della sua anima , senza il quale non si riconosce e non ha un motivo di esisterere.
Non a caso , catturato nel finale dalla Nemesi personale Batman, il criminale afferma il loro indissolubile legame : i due si completano, si integrano, sono ragione di esistenza l’uno per l’altro, due forze inarrestabili destinate ad un sempiterno confronto.
Christopher Nolan non è Shamalyan, che nell’ ottimo Unbreakable aveva già trattato questo argomento e questo assioma fra il bene e il male. Ma al pari del regista indiano gioca con lo script del film per condurlo nella direzione , inaspettata ma forse non del tutto, che vuole lui.
Non a caso, come i suoi due film più riusciti ed acclamati dal pubblico, (Memento e The Prestige) Il Cavaliere oscuro è stato scritto dal trentasettenne regista inglese insieme al fratello Johnathan, e mantiene delle “stimmate narrative” proprie dei film già citati.
Ad un certo punto , quando pensi di aver compreso tutto, Nolan ti ribalta la prospettiva, e ti accorgi di come in realtà ha ragione lui e da qualche parte te lo aspettavi. Così, dopo un’ora e mezza di “normale” film di supereroi, nell’ ultima ora, dopo la cattura di Joker, ecco i colpi di scena , il vero epicentro della storia, l’alzarsi della tensione drammatica. E’ l’ora delle scelte difficili, l’ora del dolore e dei sacrifici ; è l’ora più buia nella buissima Gotham City .
Nolan divora e metabolizza Frank Miller , regalandoci un film cupo e disperato che si fa amare fino all’ultimo fotogramma. Alla fine, è dura stabilire chi ha davvero “vinto”. Nella solitudine finale in cui si rinchiude volontariamente Batman, riecheggia un sinistro grido dolore, una risata di un clown sfregiato che a nemmeno trent’anni ci ha salutato con un capolavoro di recitazione che, purtroppo, non rivedremo più.
Marco Cei