Coppie gay: il Comune di Firenze si e' costituito in giudizio contro Francesco Piomboni e Matteo Pegoraro

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 giugno 2008 23:25
Coppie gay: il Comune di Firenze si e' costituito in giudizio contro Francesco Piomboni e Matteo Pegoraro

Con un atto del 28 maggio 2008 il sindaco Leonardo Domenici, in rappresentanza del Comune di Firenze, si è costituito in giudizio contro Francesco Piomboni e Matteo Pegoraro, la coppia gay che il 29 marzo 2007 ha richiesto ufficialmente, prima in Italia, le pubblicazioni di matrimonio e, conseguentemente al diniego delle stesse da parte del Comune di Firenze, ha avviato una procedura legale che l'ha portata fino alla Corte d'Appello, dinnanzi alla quale comparirà davanti al giudice il 20 giugno prossimo alle ore 9,30.

Il Tribunale di Firenze, con provvedimento del 3/10/2007, aveva rigettato il ricorso – con il quale la coppia aveva contestato il diniego alle pubblicazioni di matrimonio – con la motivazione che la magistratura non aveva il potere di consentire il matrimonio tra due persone dello stesso sesso. Secondo il Giudice di Primo Grado non spettava al tribunale la valutazione di dare rilevanza giuridica ai mutamenti del costume e della realtà sociale, compito assegnato al legislatore. I due avevano quindi presentato, il 14 novembre 2007, ricorso in Appello, affiancati dai loro legali Paola Pasquinuzzi, del foro di Firenze, e Francesco Bilotta, del foro di Trieste.

Il Comune di Firenze, che ha richiesto il rigetto del ricorso di Piomboni e Pegoraro per "manifesta infondatezza", ha argomentato che "la diversità di sesso è un requisito minimo per la validità del matrimonio", e che pertanto in Italia "il matrimonio tra persone dello stesso sesso è inesistente". Inoltre, nell'atto si sostiene che, poiché la circolare del Ministero dell'Interno 2/2001 del 26/3/2001 vieta la trascrizione di matrimoni gay celebrati all'estero perché "contrari all'ordine pubblico", si deve dedurre che è impossibile eseguire le pubblicazioni per celebrare un matrimonio analogo in Italia.

"La decisione del Comune di Firenze di costituirsi in giudizio contro di noi, con le motivazioni espresse dalla sua avvocatura, ci sconcerta" affermano Francesco Piomboni e Matteo Pegoraro. "Un comune che dovrebbe garantire diritti e doveri a ogni cittadino – che per altro contribuisce al progresso sociale come ogni altro – dovrebbe rappresentare lo spirito democratico di un Paese civile, non andare contro in un'aula di tribunale a chi come noi rivendica semplicemente i propri diritti, sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione".

"L'asserzione del Comune di Firenze è priva di fondamento" affermano i legali della coppia. "Tra i requisiti di validità del matrimonio, all'articolo 84 del Codice Civile non c'è alcuna traccia di un riferimento alla necessaria diversità di sesso degli sposi, e tale circostanza non viene smentita né dal Tribunale di Firenze, né dal Comune. Il Comune di Firenze" continuano Pasquinuzzi e Bilotta "si è limitato a ribadire che le espressioni 'marito' e 'moglie' in alcune norme del Codice rinviano implicitamente alla diversità di sesso dei contraenti.

Queste norme sono del tutto inconferenti a desumere una diversità di sesso dei coniugi," ribattono "in quanto sono state scritte in un periodo in cui non era immaginabile dal punto di vista giuridico un matrimonio tra persone omosessuali, al contrario della società attuale, dove è invece ben concepibile. "Il giudice non avrebbe alcuna difficoltà a operare un'interpretazione evolutiva delle norme che regolamentano l'istituto matrimoniale" continuano Piomboni e Pegoraro. "Nessun Paese al mondo, fino a qualche decennio fa, aveva creato norme che prevedevano l'unione di persone dello stesso sesso, e negli Stati che hanno ampliato il matrimonio agli omosessuali – o in quelli hanno creato istituti equivalenti con il solo nome diverso – vi erano norme che usavano termini analoghi a quelli italiani di 'marito' e 'moglie'".

Quanto alla circolare ministeriale che vieterebbe la trascrizione e la richiesta di pubblicazioni di un matrimonio omosessuale, i legali affermano che "una circolare ministeriale non si può assolutamente ritenere produttiva di norme: a fondare un divieto dev'essere una norma di legge, non un provvedimento amministrativo. Dunque" continuano "questa circolare non ha alcuna efficacia esterna. Infine," concludono "visto che si parla di 'contrarietà dell'ordine pubblico' nell'azione di Matteo e Francesco, ci si dovrebbe chiedere come sia possibile al giorno d'oggi che lo stare insieme di due persone omosessuali sia ritenuto una minaccia per la società italiana".

L'appuntamento è dunque all'udienza, che si terrà venerdì 20 giugno 2008 alle ore 9,30 presso la Corte d'Appello di Firenze.

Notizie correlate
Collegamenti
In evidenza