Si è spento ieri a Los Angeles Sidney Pollack 73 anni da tempo malato di cancro aveva diretto circa 21 film tra i quali “ la mia Africa “ 1985 (premio oscar) “ Come eravamo” 1973 ,Toootsie 1982 , ma anche” Non si uccidono così anche i cavalli” 1969 “Corvo rosso non avrai il mio scalpo “ 1972, il memorabile “I tre giorni del Condor “ con Robert Redford amico e suo attore feticcio con cui aveva fondato il Sundance Festival .E’ stato anche produttore per film indipendenti ,e attore per amici come Woody Allen “ Mariti e mogli” e di Stanley Kubrick per “Eyes wide Shut”. Colto e raffinato ha girato a Firenze forse uno dei suoi film meno riusciti .
Era l’estate del 1976 e chi scrive transitava in via Tornabuoni all’altezza di Gucci : gran movimento e diversi vigili che bloccano la strada, riflettori da diecimila e una macchina da presa Panavision . E’ una snella ma grossa produzione , un giovane Al Pacino vestito da omino con occhiali da sole recita duetta con Marthe Keller , di chiaro vestita con un cappello di paglia. Il regista che si sbraccia si agita e fuma una sigaretta nervosamente è Sidney Pollack . Una vecchia Citoen 2 cavalli fa le veci di un carrello Sul marciapiede di Giocosa , un gruppo di turiste americane gridano eccitate Al Al Al quando la scena finisce .
E lui sparisce veloce in un grande albergo del centro….Il film era “Un attimo una vita” (Bobby Deerfield) , tratto dal romanzo di E.M:Remarque “il cielo non ha preferenze” ,è la storia di un pilota automolistico in giro per il mondo con tappa a Firenze dove ha una breve storia con una ragazza gravemente ammalata . Firenze è ancora una volta lo sfondo da cartolina per la storia, certo fotografata benissimo da un grande autore della fotografia Henri Dacae ( i quattrocento colpi, ascensore per il patibolo, Frank Costello faccia d’angelo, i senza nome) ma è bello ricordare che in una città in cui i cinema del centro chiudono sistematicamente ,seppur conditi da lacrime di coccodrillo delle istituzioni , un grande regista come Pollack ha fatto cinema ha filmato Firenze.
Una Firenze che non c’è più.
Stefano Lazzeri