E’ vero che si risparmia ad acquistare frutta ed verdura nelle aziende che effettuano la vendita diretta? Un’indagine della Coldiretti apuana dimostra che, il binomio prezzo-qualità, è possibile e non sta molto lontano, e che spesso, sta nel campo vicino a casa propria. Ci vuole po’ di accortezza, questo è chiaro, ma è davvero possibile portare a casa “sacchettate” di verdura risparmiando anche fino al 30%. I prezzi infatti – spiega l’organizzazione agricola da sempre impegnata a valorizzare il sistema agroalimentare - non subiscono le intemperie del mercato e non sono soggetti alla legge della domanda-offerta per cui un chilo di finocchi si paga a peso d’oro quando sul mercato cominciano a scarseggiare, e meno quando, invece, ne è invaso.
E dalla loro, le aziende agricole, hanno un altro importante punto: la qualità di un prodotto quasi biologico, se non bio al 100% (non vengono utilizzati prodotti fitosanitari o trattamenti per intensificare la produzione), la certezza della provenienza, e sapori e profumi che spesso si dimenticano con il sotto vuoto o rovistando nelle cassette di negozi e market. Ed il peso? Non si paga al grammo come accade nella grande distribuzione. Nelle aziende agricole che effettuano la vendita diretta si usa ancora la bilancia ad ago perché – spiegano gli ortolani – “se ci sono 100 o 150 grammi in più da noi si paga solo il chilo pieno.
E’ un agricoltura generosa che non bada al centesimo”. Coldiretti, per spiegare la dinamica della vendita diretta che in Provincia di Massa Carrara conta quasi un centinaio di esempi, da Massa a Carrara fino alla Lunigiana, ha analizzato i prezzi di supermercati e negozi e li ha paragonati a quelli osservati dalle aziende agricole che effettuano vendita diretta. In alcuni casi il risparmio è evidente, in altri, potrebbe non esserci perché – spiega Vincenzo Tongiani, Presidente Provinciale dell’organizzazione agricola – la qualità, in alcuni casi, si paga ed è giusto pagarla.
Ma a differenza di altre soluzioni di vendita c’è la certezza di cosa si mangia e in un mercato semprepiù globale sapere cosa c’è nel piatto è un motivo per gustarlo con più cura e soddisfazione”. Di certo è che questa vecchia maniera di “vendere” sta tornando in auge mentre la nuova tendenza del mercato dipinge un consumatore più attento, che predilige spendere di più e cercare la qualità. “C’è un ritorno del consumatore al consumo consapevole – sottolinea Tongiani. Si è stufato di non sapere cosa mangia.
E vuole mangiare bene e sano”.
I prezzi
Finocchi, cavolfiori, insalata (scarola e riccia), gobbi (o cardi), bietole, rapini, cavoli, cipolle e zucche: sono questi i 9 ortaggi del momento presi in analisi da Coldiretti. I prezzi sono riferiti al 25 gennaio e quindi, potrebbero essere diversi rispetto a quelli in vigore oggi. I negozi si trovano tra Massa e Marina di Massa mentre per la categoria supermercati si intende la grande distribuzione. I prezzi delle aziende agricole sono stati raccolti tra Carrara e Massa.
L’indagine dimostra che, ipotizzando una spesa basata sui 9 prodotti (un chilo di tutti i prodotti contenuti nel paniere di Coldiretti), è la grande distribuzione la più conveniente con una spesa minima (si intende il prezzo più basso rilevato) di poco superiore ai 10 euro ed una massima di quasi 15 euro (si intende il prezzo massimo rilevato).
Mentre nei negozi il gap è molto più elevato: si passa dagli oltre 13 euro ai quasi 20. E nelle aziende agricole? Più conveniente rispetto al negozio con 12,70 euro, ma più caro rispetto a tutte le tipologie: oltre 21 euro per una borsa. Si va da 1,50 euro a 2,00 euro per un chilo di finocchi in azienda, che sono i prezzi medi, al 0,98 centesimi (ma in questo caso era scontato) del market fino all’1,59 euro, per toccare punte di 2,20 euro nel negozio. Il cavolfiore è invece molto caro nella grande distribuzione dove sfonda quota 3 euro (il prezzo massimo) mentre in azienda non supera mai i 2 euro al chilo e si può trovare anche ad 1 euro.
Altalena di prezzi per l’insalata, probabilmente, la verdura più consumata: si passa dai 0,70 centesimi dell’azienda con punte fino a 1,50 euro ai 2,50-3,70 del negozio. Nella grande distribuzione si trova tra l’1,18 e 1,99 euro. Sicuramente più costosi in azienda i cardi (o gobbi) dove costano 3 euro al chilo come le bietole (sui 2 euro) contro la grande distribuzione con 1,28 euro e la forbice di 30 cent nel negozio dove si mette in borsina sborsando tra l’1,70 e 2 euro. La bietola è, invece, molto vantaggiosa in azienda dove si acquista con 1 euro, massimo 2.
In mezzo, tra 1 e 2 euro troviamo l’1,28 dei market fino all’1,40-1,50 dei negozi. Prezzo quasi standard per i rapini: da un minimo di 1,40 a un massimo di 2 euro un po’ ovunque. E i cavoli? Si va da 1 euro a pianta dell’agricoltore diretto fino all’1,50 del negozio quando nei grandi mercati si attesta intorno all’1,20 euro. Ma il prodotto più caro è la zucca: 4,70 euro al chilo in azienda come al negozio, con minimi di 1 euro; 1,15 euro per un chilo al supermarket. “L’analisi – spiega Tongiani – e la tabella non evidenziano due aspetti fondamentali: il prodotto e la provenienza.
La qualità non ha paragoni con nessun prodotto sul mercato. La verdura è di stagione, non ha forzature o aiuti chimici, e passa dal campo alla tavola senza passaggi intermedi. Si può pagare di più, è vero, ma anche di meno rispetto a molti prodotti di libero corso sul mercato. L’altro aspetto da considerare è la provenienza: sono terreni e produttori sicuramente locali e non cecoslovacchi o di chissà quale altro paese. La qualità, in questo frangente, si fa pagare e per fortuna sempre più persone si stanno dirigendo verso questo modo di fare acquisti”.
Ma c’è dell’altro, al di la dei prezzi e del mercato, che come spiega Tongiani, si chiama “valore immateriale delle produzioni”.
“Dietro un chilo di finocchi c’è il bello ed il cattivo tempo, c’è il rischio della gelata, e il lavoro del contadino, c’è l’amore verso la terra e verso il mestiere; non ci sono ettari a perdita d’occhio di coltivazioni ma piccoli orti. Non troverete ormoni e pesticidi, ne tanto meno produzioni intensive ma solo contadini, così si chiamavano, imprenditori che mantengono la tradizione di un segmento di mercato che ha perso le sue radici. Acquistare in azienda significa trovare assieme a qualità e risparmio, le radici della nostra terra e della nostra storia”.