Nonostante la prolungata crisi (2003 – 2005) che ha toccato in modo più o meno forte diversi settori economici, l’artigianato ha reagito, cercando di mantenere il volume di forza-lavoro dipendente, anche se ha fatto ricorso più di prima a strumenti contrattuali flessibili come il tempo determinato. Nel 2006, con il passaggio ad una fase economica favorevole, l’artigianato è tornato ad assumere, facendo leva sull’apprendistato e recuperando i contratti tipici. E’ quanto emerge dal rapporto condotto da CNA Firenze, in collaborazione con la Camera di Commercio di Firenze, sulle dinamiche occupazionali nell’impresa artigiana della Provincia di Firenze nel triennio 2004 -2006.
L’indagine è stata elaborata integrando le informazioni contenute negli archivi informatici dell’Associazione, riguardanti classi di età, titoli di studio, nazionalità, forme contrattuali, qualifiche professionali, tempo di lavoro, super-minimi, mansioni e anzianità, con quelle reperite attraverso un apposito questionario distribuito ad un campione di aziende. Dall’aggregazione dei dati raccolti emerge con evidenza che nel 2006, insieme alla ripresa economica, si è assistito anche ad un leggero, ma significativo, aumento dell’occupazione compreso tra l’1 e l’1,4%, mantenendo irrilevante il ricorso al lavoro para-subordinato (la cui incidenza è stata inferiore al 2,5%).
Al tempo stesso appare molto forte il turn over: l’accesso al e l’uscita dal mondo del lavoro risultano, infatti, molto consistenti soprattutto per i giovani con un livello di istruzione basso.
Sotto il profilo contrattuale si è invece assistito ad una vera e propria asimmetria nei flussi assunti-licenziati ovvero, nel 2006 sono aumentati i contratti a tempo indeterminato ed i contratti di apprendistato a discapito dei contratti a tempo determinato.
“I dati della ricerca – sottolinea Rossano Cioppi Vice Presidente CNA Firenze - dimostrano che, almeno per la nostra Provincia e per il nostro sistema di impresa minore ed artigianale, i presunti effetti devastanti di grande flessibilità e precarizzazione del lavoro che la legge Biagi ha introdotto, non si sono di fatto concretizzati.
In particolare, analizzando il cosiddetto “lavoro para-subordinato”, la realtà dei dati dimostra che il fenomeno, nel mondo artigiano, assume sicuramente un qualche rilievo ma non risulta di dimensioni tali da far gridare alla catastrofe”.
Infatti i contratti tipici, pur avendo subito qualche flessione nel triennio studiato, continuano ad esser nettamente maggioritari (circa l’80%), soprattutto nell’artigianato di produzione e nei trasporti, mentre l’apprendistato (il 13% in totale) trova il suo terreno elettivo nelle costruzioni e nei servizi.
Inoltre, le assunzioni a tempo indeterminato si sono stabilizzate registrando leggeri aumenti sia nel primo semestre (+1,45%) che nel secondo (+7,21%), mentre cedono in misura non banale le assunzioni a tempo determinato (-3,57% nel 1°semestre e -5,22% nel 2° semestre) e l’apprendistato guadagna sempre più campo.
Le figure operaie (al netto degli apprendisti) risultano predominanti nei trasporti (oltre l’80%), scendono poco al di sopra del 70% nell’artigianato manifatturiero e raggiungono picchi negativi nelle costruzioni e nei servizi, dove sale notevolmente la componente degli apprendisti.
Le figure impiegatizie si distribuiscono in misura equilibrata nei cinque macro-settori, mentre il lavoro a domicilio e le altre forme impiegatizie si concentrano nell’artigianato di produzione, soprattutto nel sistema moda. Per quel che attiene alle modalità temporali di erogazione del lavoro, il part time è marginale nelle costruzioni, ha una buona presenza in alcune sezioni dei servizi (i servizi alla persona) ed anche delle attività manifatturiere (sistema moda).
Nell’universo delle imprese artigiane oggetto di studio, è marcata la predominanza maschile (leggermente superiore al 60%).
Riguardo alla struttura demografica dei dipendenti, prevale decisamente la classe medio-bassa (20-39 anni), che si attesta intorno al 60%. Da parte sua, però, la classe medio-alta (40-59 anni) esercita un peso pari ad 1/3 di tutti i dipendenti.
Relativamente alla nazionalità, colpisce non tanto la prevalenza di quella italiana, quanto la buona percentuale della componente extra-comunitaria (ben oltre il 12% del totale). In merito alle qualifiche professionali, le figure operaie sono nettamente maggioritarie (oltre il 70%, e se aggiungiamo il lavoro a domicilio, si arriva al 73%), in tal modo lasciando ben poco spazio alle figure impiegatizie (comunque, vicine al 13%).
Per quel che si riferisce al tempo di lavoro, il part time supera nel 2006 il 14%, concentrandosi soprattutto sulla componente femminile.
Infine, una quota percentualmente significativa della forza-lavoro “censita” (il 23%) gode di un trattamento salariale favorevole quale il super-minimo.
“Apprezziamo molto lo sforzo compiuto da CNA per questa indagine accurata – ha concluso il vicepresidente della Provincia, Andrea Barducci – un lavoro che ci fa conoscere dettagli fondamentali di un mondo, troppo spesso trascurato e sconosciuto.
Un mondo, fra l’altro, in continua evoluzione, soprattutto in certi settori molto importanti per tutta la nostra economia, ma anche per le nostre tradizioni culturali. Basti pensare ai settori dell’artigianato artistico, della pelletteria e della moda più in generale. Lo studio di Cna - ha continuato Barducci - ci aiuta a capire meglio questa realtà estremamente variegata e articolata, e di conseguenze ci aiuta ad indirizzare in modo più appropriato e mirato i nostri interventi. Questi dati ci aprono degli orizzonti fondamentali per mirare meglio gli obiettivi da raggiungere nell’ambito del processo che la Provincia svolge a supporto della crescita economica generale”.