Conservato in modo straordinario, pressoché integrale, di dimensioni ingenti, probabilmente più di 180 metri quadri – gli scavi per riportarlo alla luce sono ancora in corso – con un motivo decorativo che allo stato attuale sembra non trovare confronti. Il mosaico scoperto nel centro storico di Arezzo pochi giorni fa è un ritrovamento che ha dell'eccezionale. La straordinaria estensione del mosaico e i suoi motivi decorativi fanno pensare che sia il pavimento di un'aula relativa alla parte termale oppure ai balnea di una ampia domus romana, risalente al II secolo d.C..
Singolare e fino ad ora senza confronti il motivo del decoro: ad oche "natanti", quindi animali di terra, sono abbinati delfini. Eccezionale anche il suo stato di conservazione: il mosaico infatti appare pressoché intatto. Ricoperto da polvere e terra il mosaico è stato rinvenuto durante i lavori di risanamento e restauro del piano cantinato di Palazzo Lambardi, lungo Corso Italia nel centro storico di Arezzo. Ad effettuare la scoperta la dottoressa Silvia Vilucchi, archeologo della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana.
Il piano pavimentale musivo romano è stato scoperto durante un normale controllo preventivo di prassi nel centro storico di Arezzo, al cantiere che effettuava i lavori di ristrutturazione delle cantine del palazzo per conto della Società Sugar s.r.l., proprietaria dell'immobile.
Il ritrovamento ha portato alla luce una vasta aula rettangolare – ricostruibile in 17x11 metri – che conserva in modo straordinario e quasi integralmente il piano pavimentale antico. L'aula, attualmente divisa in tre ambienti adibiti a cantine e in uno stretto resede scoperto, sembra proseguire in altre proprietà sul lato Nord ed Est.
Il pavimento a mosaico che decora l'aula è costituito da un ampio campo a tessere lapidee nere perimetrato da due strette fasce a tessere bianche; il centro dell'ambiente è invece decorato da un riquadro - di circa 3,5x2 metri - a fondo nero perimetrato da una stretta fascia bianca, all'interno del quale "nuotano" alternati quattro delfini e quattro oche. Le oche disposte ai quattro angoli del riquadro, mostrano becco e zampe con tessere color arancio. Una lacuna quadrata al centro del campo musivo indica la presenza in origine di un elemento di fontana, probabilmente lapideo, purtroppo mancante.
Ad Ovest dell'aula, al di là di una parete completamente asportata dalle spoliazione successive all'abbandono dell'edificio, è presente un secondo ambiente in origine decorato da un prezioso mosaico a motivi geometrici di fattura raffinatissima, oggi purtroppo conservato solo in minima parte. I due ambienti rivenuti alla luce, dovrebbero appartenere ad un edificio residenziale di notevole pregio di età romana, sorto lungo l'asse viario antico - oggi ricalcato da Corso Italia - al di fuori delle mura della città etrusca.
La domus di Palazzo Lambardi rientra pertanto nella fase di sviluppo urbanistico che si constata ad Arezzo a partire dall'età augustea e fino a tutto il I e II secolo d.C., con espansione dei quartieri residenziali proprio al di fuori delle mura etrusche che correvano a monte. Già nell'Ottocento si parlava dell'esistenza dello straordinario mosaico "riscoperto" pochi giorni fa, ma nessuno lo aveva compiutamente rinvenuto e valutato.
G.F. Gamurrini nel 1895 parlava infatti dei mosaici di Palazzo Lambardi pochi anni dopo il loro rinvenimento – già allora risultava mancante la fontana centrale del riquadro con oche e delfini – e di come l'allora proprietario del palazzo ebbe, per fortuna, cura di preservarli.
Conservati sotto secoli di terra e polvere, stanno tornando integralmente alla luce i piani pavimentali musivi romani di Palazzo Lambardi, conservati in modo straordinario al livello di calpestio attuale: in pratica sotto i nostri piedi.