In uscita al cinema il film sulla vita di Luca Flores, il musicista jazz fiorentino prematuramente scomparso. Il film, del regista Riccardo Milani, ripercorre le tappe dell'esistenza professionale e privata, a cominciare dagli anni dell'adolescenza.
L'opera cinematografica, che s'ispira al libro di Walter Veltroni Il disco del mondo, inizia infatti dal tempo dell'infanzia di Luca Flores, precisamente in Africa, teatro non solo di ricordi privati ma luogo di inizio alla tragica vita dell'artista.
Un'esistenza lacerata da lutti e da sfortuna, alle quali non si è mai rassegnato; a cominciare dal doloroso preludio africano che vide madre vittima di un incidente stradale. Un incidente che segnerà il suo percorso esistenziale di uomo e di artista, la sua estrema sensibilità da un'attitudine tormentata. Il centro della narrazione comunque resta Firenze, sua città di adozione, dove Luca frequenta il conservatorio con gran successo e dove inizia a muovere i primi passi sui palcoscenici musicali.
Firenze sarà infatti il centro della sua vita, l'universo attraverso il quale il giovane inizia a manifestare la propria musica, la propria insofferenza. Siamo negli anni ottanta e la città non sembra più essere il centro del fermento culturale. Musicisti, pittori, scrittori in erba, s'affacciano sulla scena di una Firenze oramai in bilico tra una realtà provinciale e nello stesso tempo cosmopolita. E' qui, nel piccolo regno che s'affaccia sull'Arno, che il giovane musicista incontra tanti amici, le persone con le quali inizia un percorso umano e artistico di grande impatto emotivo.
E' la città dei locali notturni, delle luci a neon, dei concerti ancora timidi, dei giorni d'attesa per una risposta che non arriverà mai, di una vita bohemienne condotta sino in fondo e sino a non trovare più un centesimo nelle tasche. E' il tempo della casa alla Certosa, dove Luca passa i suoi giorni a leggere e a suonare, a cercare tra le note del proprio strumento una vita altra e, forse, priva di dolore. La casa alla Certosa sembra poi essere un via vai di persone, di amici che lo vengano a trovare, di ritrovi, un labirinto di ricordi e di attese che lo fanno vivere sul filo del rasoio, tra alti e bassi: da un ritmo vertiginoso simile a quello delle montagne russe.
Il film, che ne ripercorre le tappe, i tasselli principali della biografia dell'artista, come il libro di Veltroni, testimonia da vicino la tragedia di una vita lacerata da mille drammi, da lutti, da un'insofferenza tanto profonda quanto lesiva che da sempre ne ha minato l'esistenza.
Inoltre, è certamente un documento sull'attività musicale, sul dualismo che in sé, tra musica ed esistenza, albergava nel giovane Flores. Un dualismo che solo i geni nutrono e che diventa una sola cosa dai confini incerti tra la vita e l'arte, tra il sogno e l'espressione più profonda dell'umano.
Insomma, si tratta di una vicissitudine, un odio amore che lo strappa, nel correre degli anni, agli affetti, alla realtà, che lo mette a tu per tu con il proprio passato. Un passato che, certamente, gli impone di non vivere il presente, di proiettarsi in un futuro incerto e prematuro, popolato di fantasmi.
Così, nel corso della narrazione, si ricordano i frangenti più dolorosi, come il timpano rotto con il cacciavite per sentire la musica totalmente dentro di sé, o come i polpastrelli delle dita sfregiati per vedere il sangue sui tasti del piano, sino al tragico epilogo del suicidio a Montevarchi.
Si tratta di un film che per Firenze, nonostante tutto, rappresenta un ulteriore documento sul passato dei suoi figli illustri.
Una pellicola ricca di sogni, di esodi mentali, di progetti futuri di un protagonista assoluto, purtroppo mancato in giovane età che tanto avrebbe potuto ancora dare, se non si fosse perduto nel dolce incanto della sua più struggente espressione.
Iuri Lombardi