di Nicola Novelli, presidente di Comunicazione Democratica
Il 70% della navigazione internet è intermediato dai motori di ricerca, il 20% da link tra siti e solo il 10% è frutto della richiesta diretta degli utenti attraverso la digitazione sulla tastiera. Ma il dato da sottolineare è che il 90% del 70% degli accessi generati dai motori di ricerca è riferibile esclusivamente a www.google.com, che genera di fatto 3/5 dei flussi on line.
Questi sono i dati desumibili dalle statistiche di www.nove.firenze.it.
Non credo si giunga a conclusioni diverse analizzando i dati di altri siti italiani.
Internet si affaccia alla maturità regalando la posizione di quasi monopolio ad un unico operatore. E' il premio per le straordinarie innovazioni che Google ha introdotto in questi anni, organizzando miliardi di informazioni digitali disponibili in maniera più accessibile, organica e democratica.
Sino ad oggi.
Non c'è garanzia che la tendenza progressiva dispiegata sinora prosegua anche in futuro, se non le parole rassicuranti dei due fondatori, Larry Page e Sergey Brin.
Sarebbe opportuno sviluppare a tutti i livelli una riflessione sul processo che condurrà la rete a gestire parole, idee e comunicazioni nella prospettiva del web semantico.
Soprattutto per quanto riguarda la conoscenza che, legata al territorio, genera quel concetto sociale che noi identifichiamo con il termine Cultura.
E' il caso della città di Firenze e del suo plurisecolare patrimonio.
Man mano che cresce l'utilizzo quotidiano di internet, nel lavoro, nella formazione, nella vita privata, diventa imprescindibile ricevere risposte appropriate e pertinenti dai motori di ricerca. Ma il problema non può essere risolto soltanto dall'informatica, senza un'assunzione di responsabilità culturale.
Potrebbe essere utile chiarire la questione con alcuni esempi divertenti.
Per intendersi chi garantirà che in futuro le informazioni ricercate sulla chiave "Firenze" non conducano al sito di un quotidiano on line? O che gli utenti alla ricerca della Pittura fiorentina non si imbattano in una fabbrica di vernici? E che non si confonda per sbaglio, o per astuzia, il Rinascimento con una metafora cara alle sette religiose? E la famiglia Medici per i "medici di famiglia", il Palazzo e il Ponte Vecchio per edifici pericolanti, Giotto per un marchio di pennarelli, il Parco delle Cascine per la resede di un giardino pubblico, o la Villa di Castello per un elegante fortilizio e così equivocando sulla Cupola del Duomo per la cupola mafiosa e il Campo di Marte per il Monte di Venere!
Tutto ciò fa sorridere, ma ci invita anche a una riflessione.
In futuro i Fiorentini saranno depositari e custodi del patrimonio monumentale e artistico cittadino, ma sempre più del patrimonio immateriale, culturale e identitario reperibile on line in forma georeferenziata. Pensiamo a termini come Scagliola, imprescindibilmente legata all'artigianato fiorentino e al suo territorio.
Fondamentale evitare ciò che sta accadendo in ambito alimentare, ove il mercato globalizzato diffonde prodotti apparentemente italiani, ma che di genuino hanno solo le sembianze.
Possiamo consentire che accada anche alla cultura che ci identifica da almeno un millennio?
Nel 2003 organizzammo, insieme ad altri soggetti della comunicazione on line, un convegno che celebrava i primi 10 anni di internet a Firenze. Parteciparono giornalisti, operatori culturali, commerciali e del sociale. Gli enti locali si limitarono a patrocinare l'evento.
La nostra intenzione era di sviluppare un dibattito sul ruolo strategico del web e sulla necessità di "fare rete" davvero, abbandonando quella diffidenza campanilisica tipica dei Toscani.
La riflessione però non è decollata, forse per la scarsità di risorse dirottabili verso una maggiore consapevolezza da parte di un panorama digitale fatto prevalentemente di volontariato e microimpresa.
Negli anni è maturata in noi la convizione che la riorganizzazione dei contenuti toscani on line non sia possibile senza l'apporto determinante dei principali siti locali, che sono pubblici. Mi riferisco in particolare alla Regione Toscana, alle Università e alle Reti civiche.
Il sito toscano più visitato è la Rete civica di Firenze.
E' possibile riorganizzare in forma collaborativa le risorse fiorentine on line prescindendo dalla Rete civica?
Lo spunto per l'apertura di un dibattito ci è offerto proprio dal suo recente rifacimento. Il nuovo sito è unanimemente giudicato più accessibile e gradevole, grazie a un'organizzazione dei contenuti che orienta l'utente verso la struttura dell'Amministrazione comunale, o verso i servizi offerti alla cittadinanza.
Al centro della propria home page la Rete civica fiorentina offre anche una serie di risorse informative sulla città, l'arte, lo spettacolo, il turismo, la sicurezza e la promozione economica.
Si tratta di un primo abbozzo della sezione, eppure già suscita la senzazione che non sarà facilmente riempibile senza il contributo della società civile. Può la Rete civica rappresentarsi come la sola porta di accesso a Firenze? Noi crediamo che disponga delle risorse per farlo, ma non ne abbia la titolarità e che meglio sarebbe abbattere al più presto la virtuale "cinta muraria".
Solo un radicale cambiamento di approccio può consentire alla nostra città di migliorare l'autorappresentazione che propone di se on line.
Partendo da alcuni assunti elementari:
1) che le risorse informative dei siti pubblici non sono automaticamente di qualità superiore, in quanto di fonte pubblica, rispetto a quelle prodotte dai siti della società civile, perché espressione, tutti, della stessa comunità sociale;
2) che gli utenti on line non cambiano natura quando passano da un sito pubblico ad uno privato, poiché mantengono le stesse esigenze e gli stessi diritti;
3) che lo sviluppo e la distribuzione della conoscenza on line passano attraverso la sua riorganizzazione in forma collaborativa, partecipata e anche dall'affermazione del principio di sussidiarietà tra pubblico e privato;
4) che la parte pubblica può guidare questo grande processo di comunicazione collettiva solo se sa fare a meno della bizzarra mole normativa che sinora frena la sua attività pubblicistica.
Ciò che auspichiamo è che gli operatori della cultura digitale toscana abbiano un approccio più collaborativo e che gli enti locali sappiano svolgere una funzione di programmazione, selezione e organizzazione delle migliori espressioni civili.
Per intendersi più scambi di contenuti e di link e più siti pubblici trasformati in portali verticali a sostenere e sfruttare le eccellenze tematiche.
Ciò che non auspichiamo è la concorrenza sugli stessi contenuti tra pubblico e società civile con siti pubblici che spendono risorse per alimentare la ridondanza tematica e siti privati che continuano ad essere realizzati come elementi isolati nel grande mare della rete, tanto da assomigliare a obsoleti CD-rom.
In altre parole proponiamo: a) l'apertura delle Reti pubbliche alla sussidiarietà dei contenuti, là dove non altrimenti gestibili che in cooperazione con la società civile; b) la nascita di luoghi di confronto tematico, magari istituzionalizzati, per consentire un governo partecipativo delle evoluzioni della nostra cultura digitale e on line.
Non guasterebbero prossimamente momenti di dibattito e riflessione su questi argomenti, per sviluppare una maggiore e più condivisa consapevolezza.
E' indubbia la necessità di armonizzare la visione delle cose tra i diversi soggetti.
La formazione degli operatori privati è prevalentemente di ambito scientifico. Si tratta della generazione formatasi in ambiente universitario a partire dagli anni '70/'80, che ha potuto giovarsi della primogenitura dell'Internet toscano. Perché uno dei primi nodi italiani della rete è nato a Pisa grazie alla ricerca scientifica legata ai grandi progetti internazionali. Da lì lo sviluppo del web nel comprensorio tra Firenze e il mare.
La classe dirigente toscana ha invece una formazione prevalentmente umanistica e anche dal punto di vista anagrafico è meno alfabetizzata al digitale.
E' necessario ricucire subito quella che potrebbe trasformarsi in una pericolosa frattura di linguaggi. Come dire? Facciamo a capirci.