Possono essere poco graditi, spesso sono decisamente avversati, ma i termovalorizzatori - che producono elettricità e calore bruciando i rifiuti - sono ancora una necessità. L'importante è che questo processo avvenga in impianti sicuri e non inquinanti, in un'ottica di massima difesa della salute dei cittadini e di tutela dell'ambiente.
È questo, in sostanza, ciò che è emerso nel corso del convegno "Il recupero energetico dai rifiuti: esperienze internazionali a confronto", organizzato da Federambiente, Cispel Confservizi Toscana e Quadrifoglio Spa questa mattina a Firenze.
"La sfida della realizzazione d'un termovalorizzatore - ha detto il presidente di Quadrifoglio, Marco Maria Samoggia - i gestori la vincono sulla base delle migliori scelte tecnologiche e d'efficienza, per produrre energia e teleriscaldamento. L'impegno dev'essere mirato alla migliore gestione congiunta a una corretta informazione ai cittadini". "Occorre usare tutti gli strumenti necessari - ha affermato il presidente della commissione Ambiente di Cispel Conservizi Toscana, Paolo Regini -, con un approccio pragmatico.
Come sistema di aziende pubbliche puntiamo non solo a incrementare la raccolta differenziata e a ridurre il quantitativo di rifiuti prodotti, ma a usare tutte le politiche impiantistiche, comprese quella della termovalorizzazione, per garantire una gestione ottimale dell'igiene ambientale".
"Noi - ha sottolineato fra l'altro nella sua relazione il presidente di Federambiente, Daniele Fortini - siamo pienamente d'accordo con la gerarchia fissata dalla UE per il trattamento dei rifiuti urbani: prima di tutto riduzione della produzione, subito dopo raccolta differenziata e soprattutto riciclaggio.
Dopo queste operazioni, però, avanza un'ampia quota di rifiuti (in Italia 18 milioni di tonnellate/anno su un totale di poco meno di 32 milioni) che possono prendere solo due strade: o la discarica o il termovalorizzatore, ben sapendo che mettere i rifiuti in discarica significa solo nasconderli e lasciarli in velenosa eredità ai nostri figli e nipoti".
L'Italia, da questo punto di vista, è ancora molto indietro: a termovalorizzazione viene oggi avviato il 12% dei rifiuti urbani, contro una media europea - come ha spiegato Ella Stengler, direttore di CEWEP, l'associazione europea degli impianti di produzione d'energia da rifiuti - del 24%.
E sia Stengler sia Nickolas Themelis, presidente del WTERT della Columbia University di New York, hanno sottolineato il contributo che la termovalorizzazione dei rifiuti può dare alla riduzione di emissioni di gas serra, grazie a impianti sempre più "puliti". "Un quarto d'ora di fuochi artificiali la notte di Capodanno del 2000 a Londra - ha raccontato Ella Stengler citando dati dell'Agenzia inglese per la protezione dell'ambiente - ha prodotto la stessa quantità di diossine che un singolo termovalorizzatore emette in 120 anni d'attività".
“Con l’accordo firmato nelle scorse settimane - è stato l'intervento conclusivo dei lavori di Erasmo D'Angelis, presidente della Commissione Ambiente e Territorio del Consiglio Regionale - tra la Regione Toscana e le province di Firenze, Prato e Pistoia per la costituzione di un solo Ato con un’unica pianificazione della raccolta e gestione dei rifiuti e un solo nuovo impianto di termovalorizzazione, sicuro dal punto di vista ambientale e sanitario e necessario a chiudere il ciclo dello smaltimento, si è chiuso un lungo periodo di incertezza e si apre finalmente una nuova fase di pianificazione nella gestione dei rifiuti che dovrà metterci al riparo dalle emergenze.
E’ iniziata una corsa contro il tempo. Entro il 2009 chiuderanno il ciclo le nostre grandi discariche che saranno al colmo della loro capacità di contenimento e il sistema Toscana deve centrare alcuni obiettivi colmando alcuni ritardi. L’emergenza la evitiamo solo puntando da subito su risorse e azioni forti per la riduzione, per aumentare le raccolte differenziate, per aprire un nuovo mercato del riuso che dovrà vedere come primi acquirenti gli enti locali. Se l’impegno è portare entro 3 anni la raccolta differenziata al 55 per cento e ridurre del 15 per cento la produzione, obiettivi estremamente ambiziosi, è questa l’ora di pianificare l’intera filiera dello smaltimento con un vero e proprio piano industriale, recuperando anche nuove risorse”.