Il caso Valdorcia–Monsanto sull’immagine dei cipressi

Redazione Nove da Firenze
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29 dicembre 2006 22:23
Il caso Valdorcia–Monsanto sull’immagine dei cipressi

Un piccolo comune della Val d’Orcia dichiara “guerra” ad un colosso mondiale dell’agricoltura. Inizia dopo la segnalazione di agricultura.it, dello scorso 15 dicembre, la “crociata” del Comune di San Quirico d’Orcia, in provincia di Siena, nei confronti della multinazionale Usa leader della produzione di organismi geneticamente modificati. Il sindaco Marileno Franci non ci sta, e ha portato la sua iniziativa addirittura in consiglio comunale, per mettere a conoscenza l’intera assemblea della sua azione.

Un’iniziativa che è stata pienamente condivisa. Un elenco di motivi hanno spinto Franci a scrivere alla Monsanto: perché il territorio di San Quirico e dell’intera Val d’Orcia è già stato dichiarato libero da Ogm; è patrimonio Unesco; è terra di grandi produzioni vitivinicole come il Brunello di Montalcino, di oli extravergine d’oliva Dop, di famosi formaggi pecorini, allevamenti di cinta senese e produzioni cerealicole di alta qualità. E poi il paesaggio della Val d’Orcia è il set di grandi kolossal cinematografici, su tutti “Il Gladiatore” e “Il paziente inglese” e di spot pubblicitari che vanno negli schermi e giornali di tutto il mondo.

Un territorio che è fiore all’occhiello della provincia di Siena, al primo posto nazionale per la qualità della vita. Inoltre la Val d’Orcia accoglie ogni anno alcuni milioni di turisti provenienti da ogni angolo del pianeta.
«Ci sentiamo di appoggiare l’azione della Amministrazione di San Quirico –spiega il Presidente della Cia Toscana, Giordano Pascucci– perché è fuorviante e improponibile associare l’immagine di uno dei cuori agricoli della nostra regione, quello che è stato definito il granaio della Toscana, alla promozione di una multinazionale che opera da anni nel settore delle produzioni Ogm».

«In questi anni – conclude il Presidente della Cia Toscana – la Cia Toscana si è impegnata nella lotta contro gli Ogm cercando, attraverso una serie di controlli alla produzione, di tutelare sia il consumatore finale, ma soprattutto il produttore, l’agricoltore. In Toscana in particolare abbiamo fatto della qualità dei nostri prodotti e della conservazione dei nostri territori un vero e proprio valore aggiunto per le produzioni. Ora è il momento giusto per ricordare che sarebbe opportuno avviare un Piano nazionale sementiero che possa mettere realmente in condizione l’agricoltura italiana e toscana di emanciparsi dall’import di seme estero incentivando e valorizzando la produzione nazionale».

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