Firenze, 13 Novembre 2006- Una Holding toscana per la partecipazione nel settore dei servizi pubblici. Una vasta aggregazione territoriale per gestire al meglio le imprese affidatarie del servizio nei settori acque, gas, energia e rifiuti, che diventi una sorta di "cabina di regia" dei servizi pubblici regionali con lo scopo di ottenere una maggiore efficienza e qualità, accrescendo quindi la soddisfazione dei cittadini utenti, ma anche in grado di creare un soggetto che porti ad alleanze territoriali più vaste e quindi competere sul mercato.
Con questi obiettivi stamani in Palazzo Vecchio il sindaco di Firenze Leonardo Domenici, assieme ai colleghi di Pisa Paolo Fontanelli, Grosseto Emilio Bonifazi, Livorno Alessandro Cosimi, Prato Marco Romagnoli, Siena Maurizio Cenni, Pistoia Renzo Berti, Empoli Luciana Cappelli, Piombino Gianni Anselmi e il presidente della Provincia di Siena Fabio Ceccherini hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per la costituzione della Holding. Era presente l'assessore alle risorse finanziarie Tea Albini, che ha coordinato la stesura del protocollo.
"Quella di oggi - hanno sottolineato i firmatari - è la prima tappa, quella della dichiarazione politica, per arrivare alla Holding. A questa ne seguiranno altre due. Il protocollo prevede l'affidamento di uno studio per definire le modalità di applicazione, in quanto vi sono modelli societari diversi, come società interamente pubbliche o miste, e poi il passaggio nei consigli comunali. La creazione della Holding toscana si pone come soggetto autorevole e in grado di confrontarsi con altre entità di dimensioni di scala molto più ampie".
Cispel Confservizi Toscana selezionerà da una rosa un gruppo di advisor cui dare l'incarico per studiare il progetto L'advisor avrà novanta giorni per predisporre il progetto. Nel protocollo d'intesa siglato oggi è stato designato un Collegio istituzionale, di cui fanno parte gli amministratori che hanno sottoscritto il protocollo e che sarà presieduto dal sindaco di Prato Marco Romagnoli. Compito del Collegio è quello di dare l' indirizzo politico, di vigilare che il progetto risponda ai termini contenuti nel protocollo d' intesa e di dare un primo giudizio sul progetto di costituzione della holding che dovrà successivamente essere discusso e approvato dai singoli consigli comunali.
Anche Arezzo e Viareggio, che oggi non hanno sottoscritto il protocollo, potrebbero far parte della Holding, avendo già manifestato interesse e prevedendo, lo stesso protocollo, la possibilità di adesioni differenziate.
“Il Consiglio Regionale lanci al più presto, con la nuova legge regionale, un segnale forte per una vera e propria rivoluzione industriale nel settore dei servizi pubblici locali con più qualità, innovazione, trasparenza e partecipazione dei consumatori nella gestione e nell’offerta dei servizi.
Considero strategico e importante l’accordo sottoscritto dai sindaci toscani per la creazione di una nuova holding regionale unica dei servizi pubblici locali perché occorre superare i troppi ritardi accumulati e raggiungere presto almeno due obiettivi: aiutare le nostre aziende a dimensionarsi a livello regionale per evitare il rischio di essere percepiti dai grandi monopolisti e dai grandi gruppi economici solo come terra di conquista, e tutelare i lavoratori e il cittadino consumatore facilitando l’accesso ai servizi a costi contenuti ed elevata qualità.
La holding regionale è anche l’unico sistema in grado di attenuare la sovrapposizione dei ruoli di controllori e controllati di cui soffrono i grandi comuni che nello stesso tempo programmano, gestiscono e controllano alcune tipologie di servizi”. Così Erasmo D’Angelis, Presidente della Commissione Territorio e Ambiente del Consiglio Regionale commenta l’accordo siglato dai sindaci toscani in materia di servizi pubblici locali. “La partita dei servizi pubblici locali è iniziata da tempo e fanno bene i sindaci a spingere l’intero sistema Toscana a scendere in campo.
Finalmente stanno cadendo veti incrociati che rischiavano di farci perdere le sfide del futuro. Se l’Emilia Romagna ha dato vita alla gigantesca maxiutility Hera, la Lombardia ha fatto partire un polo dei servizi pubblici senza precedenti, e altre Regioni si stanno aggregando, la Toscana può avviare un processo di riorganizzazione verso una azienda regionale multiservizio aggregando le oltre 60 aziende pubbliche con 1.8 miliardi l’anno di fatturato e 14 mila dipendenti. Se perdiamo questa occasione, rischiamo la marginalizzazione all’interno di mercati globalizzati fortemente dinamici e la Toscana questo non può permetterselo”.
"Costituire un'unica grande holding per la gestione di acqua, gas e rifiuti, e presumibilmente utilizzare la forma giuridica della società per azioni -ribatte Ornella De Zordo, consigliera comunale a Firenze per Unaltracittà/Unaltromondo- come sempre fino ad oggi è stato fatto, significa permettere una maggiore e pervasiva presenza dei privati nella gestione dei beni comuni del territorio.
Questa è una cosa sbagliata che risponde solo a logiche liberiste e non al bene della comunità. Lo stesso governo Prodi, con i decreti Bersani/Lanzillotta dello scorso luglio, ha affermato che la proprietà e la gestione delle reti idriche deve essere pubblica e non può essere dunque affidata a privati. Oggi il sindaco Domenici e i suoi colleghi scavalcano a destra l'Unione rispondendo a mere logiche liberiste che hanno come unico obiettivo il profitto dei privati. Aggiungiamo che persino i conservatori inglesi si stanno ricredendo e lo scorso luglio hanno definito "non giusta" la decisione di separare le infrastrutture dalla società di gestione.
Tutti sanno infatti come la privatizzazione delle ferrovie è stato un disastro sociale, tecnico, organizzativo e finanziario, conclusosi con il fallimento della società privata RailTrack e la rinazionalizzazione delle reti.
Il corretto punto di partenza per l'architettura dei servizi pubblici essenziali ed insostituibili alla vita e dal vivere insieme sono i diritti, umani e sociali, e non i bisogni: diritto alla salute, diritto all'acqua, diritto alla conoscenza, diritto alla casa... Da qui, la funzione pubblica deriva dalla responsabilità/dovere della comunità di creare le condizioni ed i mezzi necessari per garantire l'accesso ai beni e servizi relativi ai diritti.
Per questo motivo la firma di oggi è particolarmente grave perché non esiste nessuna norma, né nazionale né europea, che vieta il ricorso all'affidamento in diretta, ovvero ad un'azienda pubblica. Anzi, per quanto riguarda l'acqua, dopo i decreti Bersani e Lanzillotta, è stato introdotto il divieto di ricorrere ad una gestione privata e tutti sanno che le Spa sono un soggetto giuridico di natura privatistica.
Più i beni comuni e i servizi pubblici sono parte integrante e qualificante del vivere insieme, più forte e reale deve essere il coinvolgimento dei cittadini al governo dello sviluppo comunitario.
Nell'economia di mercato, invece, è normale che non operino meccanismi di democrazia. La cultura di governo di una Spa è tutto salvo democratica, partecipata. La Spa è fondata su un funzionamento gerarchico verticale e tecnocratico. Il fatto di dare l'affidamento della gestione a una Spa, soprattutto a una Spa holding, è dunque perfettamente in linea con l'idea di economia liberista. I vantaggi sono molti per i privati, e solo per questi ultimi, ma non per la cittadinanza, che non a caso è stata definita mera "utenza".
Solo una Spa infatti, soprattutto se holding, è in grado di operare su mercati aperti in un regime di concorrenza per la conquista di quote parti crescenti di mercato; aver accesso ai mercati di capitale nazionali e internazionali; cercare di ottenere rendimenti finanziari elevati. Ma, in queste condizioni, è chiaro che non è possibile né giustificato attribuire l'aggettivo "pubblica" a una tale gestione. Scopriamo invece nel protocollo firmato a Palazzo Vecchio che "la creazione della Holding toscana si pone come soggetto autorevole e in grado di confrontarsi con altre entità di dimensioni di scala molto più ampie".
La strada è dunque tracciata e ben chiara.
Il fatto che i poteri pubblici diano il loro avallo a tale modello non rende pubbliche una logica e una pratica imprenditoriali di natura privatistica. Il caso frequente dell'indebitamento dei gestori Spa sui mercati di capitale internazionali è a questo riguardo molto significativo. Logicamente, i poteri pubblici non possono opporsi al ricorso a detti mercati. Cosi facendo, riducono considerevolmente il loro potere decisionale, passando quest'ultimo, per l'essenziale, nelle mani degli operatori finanziari.
Una volta inseriti nei meccanismi finanziari privati, la logica finanziaria determinerà le grandi scelte dell'azienda e i suoi margini di manovra.
La promozione e il sostegno ai processi di liberalizzazione, di deregolamentazione e di privatizzazione dell'acqua e, in particolare, la diffusione e l'espansione delle società multiutilities (acqua, energia, telecom, trasporti, rifiuti…) rappresenta oggi la punta avanzata del neocapitalismo municipale competitivo. I cittadini sono ridotti a clienti e a consumatori.
Gli uffici territoriali attraverso i quali l'azienda è presente sul territorio sono trasformati in business units. Come accade per le piccole cliniche, le piccole scuole, i piccoli uffici postali nei piccoli comuni (è notizia di queste settimane il taglio effettuato da Poste spa), gli uffici territoriali della Spa idrica sono eliminati per ragioni di riduzioni di costi, contribuendo cosi allo sfilacciamento del tessuto sociale dei piccoli centri e, quindi, al loro spopolamento.
Per evitare pianti del coccodrillo, come i conservatori inglesi, ma soprattutto per evitare pianti ai toscani, non sarebbe meglio per tutti cambiare già ora, ed evitare di compiere l'errore? Domenici e la sua maggioranza non sono di questo parere.
In futuro ne pagheremo tutti le conseguenze".
"Sui servizi pubblici siamo nuovamente al giro di boa -commentano i capogruppo di Rifondazione Comunista- Dimensionamento, efficienza, trasparenza, competitività e economicità sono i temi all’ordine del giorno.
Si deve partire da una operazione verità: la situazione dei servizi pubblici (gas, acqua, rifiuti, trasporti) in Toscana è molto variegata. Il processo di liberalizzazione è compiuto solo per l’acqua: 6 ambiti territoriali ottimali, 6 soggetti gestori.
Esternalizzazioni e aziendalizzazioni sono già andate molto avanti, in tutti i settori – con un netto peggioramento delle condizioni dei lavoratori -, ma non è decollato il processo di dimensionamento, che oggi vede una miriade costosa di consigli di amministrazione (rifiuti). E’ fallito l’indirizzo e il controllo pubblico: i consigli comunali sono esautorati dalle scelte di programmazione, di tariffazione, di trasparenza; controllori e controllati coincidono troppo, l’ATO è composta dai sindaci che sono in maggioranza nelle società di gestione.
E’ difficile che multino se stessi! E’ fallito anche l’obiettivo della migliore qualità del servizio e dell’economicità: come testimoniano le cronache dei giornali. Emerge il tema delle diseguaglianze ed iniquità tariffarie: per i rifiuti la TIA ha sostituito la Tarsu ma la sostanza è la stessa perché il cittadino non paga per i rifiuti prodotti. E così le politiche per la riduzione della produzione dei rifiuti vanno a farsi “benedire”. Siamo all’anno zero per la partecipazione: se ne parla molto e non si pratica per niente.
Ed infine, il programma e Governo dell’Unione ribadiscono proprietà e gestione pubblica per l’acqua.
Inoltre è in piedi un movimento che riflette e chiede proprietà e gestione pubblica dei servizi, fuori dalle regole di mercato, proprio perché sono i beni comuni naturali e sociali verso i quali deve essere garantito il diritto universale all’accesso delle presenti e future generazioni.
Rifondazione Comunista non crede nel potere salvifico del privato, è convinta invece che la qualità dei servizi pubblici si raggiunga attraverso un forte radicamento sul territorio, protagonismo dei consigli elettivi e partecipazione attiva della cittadinanza.
Con queste convinzioni ha affrontato la discussione sul documento preliminare alla legge regionale non escludendo a priori di misurarsi con il tema del dimensionamento a condizione che questo sia fortemente intrecciato con il rilancio del ruolo pubblico. Questa sfida è possibile solo se investiamo su un rinnovato ruolo degli ATO, e per questo, siamo invece contrari a un ATO unica regionale.
Parlare di holding ci sembra sbagliato e pericoloso perché la sfida del soggetto gestore unico per ATO è ambiziosa (va a toccare interessi forti protetti dai tanti consigli di amministrazione) e solo, a ruolo pubblico rafforzato, si potrà parlare di dimensionamento regionale.
Sbagliato perché il salto che si propone rischia di annegare definitivamente la grande sfida che abbiamo di fronte: ridemocratizzare la gestione dei servizi. Siamo molto preoccupati delle fughe in avanti".