E' un carcere della Florida la nuova residenza del cileno Pedro Rafael Navarrete Veganzones, detenuto sino ai giorni scorsi in Colombia dov'era stato arrestato in un ristorante di Medellin nel 2002 dalla polizia locale, in collaborazione con la DEA. Navarrete è considerato uno dei maggiori trafficanti di cocaína sudamericani. Detenuto nel carcere di Bogotá, Navarrete ha atteso per tre anni l'estraddizione richiesta dalla corte federale di Miami sin dal 1996.
Il Tribunale di Firenze, nel 1990, lo aveva condannato a 30 anni di carcere, grazie ad un indagine che un anno prima aveva sgominato l'importazione di 50 chili di cocaina.
In quell'occasione Pedro Navarrete Veganzones si era sottratto all'arresto.
Un'organizzazione che gestiva in Europa il traffico di cocaina colombiana che fa capo al Cartello di Medellin, con i suoi centri nevralgici in Spagna, in Olanda, in Svizzera per il riciclaggio dei soldi e, per quanto riguarda l'Italia, a Firenze trasformata in grande deposito di smistamento. E' il giro ricostruirono i magistrati nel 1990, al termine di un'inchiesta conclusa dopo due anni di indagini con il rinvio a giudizio di 34 persone.
Nella sentenza firmata dal giudice istruttore Roberto Mazzi, in collaborazione con il sostituto procuratore Silvia Della Monica e con gli investigatori della questura, figuravano i nomi di Jose' Gonzalo Rodriguez Gacha, uno dei boss del Cartello, ucciso nei mesi seguenti in Colombia dai militari statunitensi; del suo braccio destro Acuna Tovar (conosciuto come Freddy Espinosa, poi in carcere in Venezuela); di Juan Carlos Homhan, un tempo elemento di collegamento tra i cartelli di Medellin e di Cali, infine detenuto a Firenze.
Sarebbero stati loro i principali punti di riferimento dell'organizzazione che, di concerto con Mafia siciliana e 'Ndrangheta calabrese, avrebbe distribuito in Europa grandi quantitativi di cocaina prima di essere smantellata per l'intervento delle squadre investigative di vari paesi: primo fra tutti l'Italia, dove le indagini erano partite nell'estate del 1988 per una segnalazione del Dea (l'antidroga degli Usa) al servizio centrale antidroga italiano.
Gli statunitensi avevano scoperto che un importante terminale dell'organizzazione in Europa era a Firenze, nell'appartamento di una ricca venezuelana, Antonia Violeta Brizuela.
Seguendo i suoi spostamenti ed intercettandone le telefonate, la polizia fiorentina arrivò nel settembre 1988 ad arrestare un corriere con 5 kg di cocaina colombiana. Proseguendo nelle indagini, gli inquirenti vennero a sapere di una spedizione che stava per raggiungere l'Europa dalla Colombia, tramite la Spagna: proprio alla periferia di Madrid, in ottobre, la polizia spagnola arrestò un inglese ed un'americana che, su un camper, stavano portando in Olanda 40 kg di cocaina purissima. L'operazione mise in crisi l'organizzazione.
Nel giro di pochi giorni fu smantellata la filiale italiana controllata dalla Brizuela e da Rafael Pedro Navarrete, con le sue ramificazioni di Firenze, Roma e Milano. Furono poi arrestati a Bellinzona (Svizzera) la sorella di Navarrete ed un suo amico, che si ritiene avessero il compito di riciclare il denaro (la polizia li trovò in possesso di valuta per oltre 600 milioni di lire). Tra le conseguenze immediate dell'operazione internazionale, ci fu, secondo gli inquirenti, l'omicidio ad Amsterdam di uno dei principali ricercati, il colombiano Luis Salcedo Vega, forse ritenuto bruciato.