TOSCANA- E' una campagna di commercializzazione cerealicola all'insegna dei cambiamenti colturali, quella iniziata ieri (venerdì 1° luglio). Il disaccoppiamento introdotto dalla riforma di medio termine della Pac, infatti, ha spinto gli agricoltori a cambiare i piani colturali, orientandosi a produrre in base all'effettiva richiesta di mercato, piuttosto che ad ottenere l'erogazione del premio di produzione.
Questo - in Toscana - ha avuto come conseguenza la riduzione netta di un terzo delle superfici a grano duro rispetto allo scorso anno (-33%), ed un decurtamento del 43% della produzione prevista, anche in virtù di una resa/ettaro minore del 17% sull'anno scorso.
Parallelamente, anche se non nella stessa proporzione, sono aumentate del 27% le superfici seminate a frumento tenero (+18% la produzione prevista), del 20% quelle a orzo (+14% produzione) e del 6% quelle ad avena (+5%). Orzo ed avena sono prevalentemente destinati alla filiera dei mangimifici.
"Il fenomeno del cambiamento delle scelte colturali - sottolinea il direttore di Toscana Cereali, Luciano Rossi - non va letto in modo negativo. La riduzione delle superfici a frumento duro era largamente prevista, perché oggi il premio non icentiva la coltura.
Ciò ha comportato positive novità: intanto, si è tornati a seminare le colture nelle zone vocate, e sono rimaste sul mercato solo le aziende produttive ed orientate alla domanda di mercato. In secondo luogo, si è fortemente ridotta la pratica del 'ringrano' (monocultura produttiva) - che nella maggior parte dei casi dava un prodotto di bassa qualità - riprendendo le buone pratiche agronomiche basate sulle rotazioni colturali, che favoriscono il ricarico di sostanze azotate dei terreni e ci restituiscono produzioni di qualità migliore, oltre che paesaggi agricoli più aderenti alla nostra tradizione.
Quella della Pac, pertanto, va considerata una buona riforma, che premia le aziende professionalizzate, orientate all'innovazione ed al mercato. Tutto ciò significa che in regione si è tornati sui livelli del consolidato storico per le principali colture cerealicole, dopo che negli ultimi anni il premio della Pac aveva impropriamente incrementato le superfici coltivate a grano duro. Quest'anno, dalle prime analisi, duro e tenero sono di buona qualità: ottimo i contenuto proteico e glutinico, leggermente al di sotto dei valori dello scorso anno il peso specifico".
Avvicendamenti colturali a base di foraggiere o proteiche, ma anche di orzo e grano tenero, quindi.
"In Toscana - continua Rossi - il ritorno alla coltivazione del frumento tenero, utilizzato per la panificazione e dall'industria dolciaria, è un fatto estremamente positivo, tenendo conto del fatto che l'Italia ne importa il 70% del proprio fabbisogno interno.
Il tenero ha di fatto recuperato 6.000 ettari".
Una delle questioni fondamentali per i cerealicoltori, è quella dei prezzi alla produzione. "Quest'anno - aggiunge Rossi - il contenimento dell'offerta e il miglioramento della qualità, hanno creato le condizioni per un mercato più sostenuto dalla domanda. Nell'ultima campagna appena conclusa (2004/5), infatti, i ricavi degli agricoltori sono stati sicuramente inferiori ai costi sostenuti, e si sono avuti i prezzi alla produzione più bassi degli ultimi 20 anni: -34% il grano duro, - 16% quello tenero.
Con 10-11 euro al quintale per il grano duro, e l'aumento dei costi per i concimi come l'urea (33-34 euro a quintale) o quello del gasolio agricolo, è chiaro che i margini di guadagn erano inesistenti. La campagna che si apre oggi, invece, ci dà motivi di ottimismo, perché la qualità del frumento duro è buona (più proteine), la domanda è sostenuta a fronte di una ridotta offerta, ed l'euro un po' meno forte scoraggia le imporatazioni (lo scorso anno 1.200.000 tonnellate)".
In definitiva, quindi - dopo i mutamenti introdotti dalla Pac - il problema reale è come accorciare la filiera e creare valore aggiunto.
"Ad essere messo in discussione, oggi più di ieri - conclude Rossi - è il ruolo delle OP, che devono sapersi innovare e progettare, contando su Organismi interprofessionali e accordi di filiera efficienti. Le OP devono inoltre proporre strade alternative alle imprese agricole, per ottenere redditi diversi da quelli cui erano abituate. Toscana Cereali, anche con il sostegno della Regione, ha puntato su accordi di filiera (contratti di produzione e vendita) che rispondono alle attese del consumatore e dell'agricoltore, avvalendosi del marchio che certifica il processo produttivo dell'agricoltura integrata a basso impatto ambientale.
Una scelta che ci ha consentito di lanciare sul mercato il Pane Toscano a lievitazione naturale in attesa della DOP, il pane del Mugello, Panem Nostrum, il Pane Gran Tosco’ e pane Agriqualità’, sfornato tutti i giorni dalla Coop nei propri supermercati e ipermercati. Stesso processo di valorizzazione ha avuto La Tosca, pasta prodotta esclusivamente con grano duro toscano certificato, alla quale presto seguiranno altri prodotti a marchio, come la farina, il riso ed i cereali soffiati per la prima colazione.
Risultati concreti, resi possibili dall'iniziativa di Toscana Cereali e dalla sensibilità della Filiera stessa. Nella stessa logica andrebbe valorizzato un marchio della pasta made in Italy, prodotta solo con grano italiano".