I primi risultati definitivi del 14° Censimento Generale della Popolazione ci mettono nella piacevole condizione di valutare le dimensioni e il significato delle più rilevanti trasformazioni della società italiana. Tali trasformazioni hanno certamente una grande importanza a livello di grandi aggregati come l’intero paese o le varie regioni, ma assumono un rilievo particolare a livello delle singole comunità locali dove i mutamenti demografici e sociali esercitano un’influenza più diretta e immediata sull’azione degli operatori pubblici e privati, sulle aziende di erogazione di servizi pubblici (sanità, scuola, trasporti), sulle politiche sociali, sulla programmazione economico-territoriale, sui piani urbanistici, sull’analisi dei mercati, e cosÏ via.
L’area interprovinciale costituita dalle province di Livorno, Lucca e Pisa ha subito nel decennio tra il censimento del 1991 e quello del 2001 trasformazioni molto intense che hanno inciso significativamente sugli equilibri territoriali, demografici e socio-economici, non solo tra le singole province ma anche, e soprattutto, all’interno delle stesse.
Quello che è avvenuto in questa area nell’ultimo decennio è per molti versi la continuazione di tendenze già consolidate e il riflesso di un comportamento tipico di una regione con caratteristiche peculiari rispetto al contesto nazionale. Tuttavia si possono osservare in questo periodo nella nostra area alcune interessanti tipicità rispetto alle tendenze di lungo periodo e al più ampio contesto regionale.
Cominciamo dalla dinamica della popolazione. La popolazione residente nell’area intercomunale ha subito nel decennio considerato una variazione relativamente modesta perdendo solo 16 mila unità (- 1,4%).
La flessione demografica dell’area risulta tuttavia un po’ più elevata di quella media regionale. PoichÈ, a causa del livello estremamente basso della natalità, l’area sperimenta un regime di rilevante deficit naturale, il moderato tasso di decremento della popolazione testimonia il rilevante apporto della componente migratoria allo sviluppo demografico ( ed economico) dell’area.
La variazione della popolazione complessiva è in realtà la risultante di variazioni territoriali molto differenti, sopra ttutto al livello delle singole aree sub-provinciali.
Sono tuttavia tutt’altro che trascurabili le differenze tra le singole dinamiche provinciali. La provincia di Livorno registra nel decennio considerato un tasso di decremento della popolazione più che doppio di quello medio dell’area interprovinciale (in questa provincia si concentrano ben 10 mila delle 16 mila unità di popolazione residente perdute dall’area interprovinciale), mentre praticamente irrilevanti risultano le perdite della provincia di Pisa. Quando l’analisi si sposta alle singole realtà locali, ossia ai cosiddetti sistemi economici locali, si osserva una maggiore varietà di comportamenti, che ci consente interessanti riflessioni sulla relazione tra dinamica demografica e dinamica socio-economica sul territorio.
Tra le realtà territoriali in significativo declino demografico una posizione di rilievo spetta naturalmente alle aree urbane costituite dai capoluoghi e dai rispettivi hinterland.
La crescita della popolazione dei comuni dell’hinterland, pur rilevante in sÈ, è stata insufficiente a contrastare il forte declino demografico dei capoluoghi che complessivamente nelle tre province hanno perduto circa 25 mila individui, ossia ben 2.500 persone in media all’anno. La flessione demografica delle aree urbane e lo spostamento del loro baricentro verso l’hinterland a causa del decentramento delle funzioni residenziali sono due aspetti del nuovo ruolo che i sistemi urbani stanno assumendo nel processo di riorganizzazione dei fatti economici e sociali sul territorio.
In questo caso il declino demografico dei sistemi urbani non deve essere considerato sinonimo di declino economico e sociale, poichÈ molte funzioni urbane tendono ad accrescere la loro importanza per qualità e grado di influenza sul territorio circostante.
Il declino demografico è invece sinonimo di declino economico e sociale in alcune realtà locali soggette da lunga data a intensi processi di spopolamento che ne hanno ormai compromesso le strutture demografiche e sociali condizionandone fortemente le possibilità di ripresa.
La rilevante diminuzione di popolazione che tuttora caratterizza tali aree è grandemente dovuta alle pesanti perdite naturali causate da una struttura per età particolarmente invecchiata. Due tipici esempi di tali realtà sono la Garfagnana e la Val di Cecina interna. Un esempio interessante di realtà locale dove la flessione della popolazione deve piuttosto mettersi in relazione con i riflessi occupazionali di un profondo processo di riconversione delle strutture produttive dopo la grave crisi del settore industriale è quello della Val di Cornia.
Sul versante della crescita demografica si collocano alcune realtà territoriali in cui la componente migratoria è un importante elemento di sostegno anche del loro sviluppo economico.
La Val di Cecina costiera, la Versilia, la Valdera, il Valdarno inferiore sono gli assi portanti dello sviluppo demografico ed economico dell’area interprovinciale.
Una delle conseguenze delle profonde differenze tra i regimi locali di crescita demografica è naturalmente quella di una rilevante ridistribuzione territoriale di popolazione che ha alterato significativamente gli equilibri preesistenti. La Val di Cecina interna ha perduto nel decennio circa 2500 individui, mentre la Val di Cecina costiera ne ha guadagnati quasi altrettanti.
La valle del Serchio (Garfagnana e Media Valle) ha perduto circa 2700 residenti, mentre la Versilia ne ha guadagnati grosso modo la stessa quantità. Con riguardo alle dinamiche intra-provinciali, notiamo che l’aumento della popolazione residente della Val di Cecina costiera e dell’Arcipelago è riuscito a arginare solo in minima parte le perdite dell’Area livornese e della Val di Cornia. I guadagni della Versilia riescono a compensare, come si è visto, le perdite della valle del Serchio, ma non quelle, rilevanti, dell’Area lucchese .
L’incremento di popolazione della Valdera e del Valdarno compensa invece quasi integralmente la diminuzione dell’Area pisana e della Val di Cecina interna. La variazione aggregata della popolazione dell’area nasconde non solo differenze rilevanti tra le diverse aree locali ma anche differenze rilevanti tra i diversi gruppi di età. La diminuzione di 16 mila individui, come si è visto, è in realtà la risultante di una diminuzione di quasi 50 mila persone con meno di 60 anni e di un aumento di circa 30 mila persone con più di 60 anni.
Circa 1/3 del secondo gruppo è costituito da ultraottantenni. La stragrande maggioranza del primo gruppo è costituita da giovani con meno di 20 anni. Ogni anno, quindi, si sono perdute nell’intera area in media circa 5000 persone in età pre-lavorativa e lavorativa e si sono acquistate 3000 persone in età post-lavorativa o prossime a quell’età. Il gruppo dei giovani (fino a 20 anni) ha accusato la più rilevante flessione, mentre quello dei grandi anziani (oltre 80 anni) ha registrato il più forte incremento.
Queste poche cifre riassumono efficacemente l’intensità del processo di invecchiamento della popolazione nella nostra area.
Si nota, non sorprendentemente, come il grado di invecchiamento sia correlato al tasso di variazione nel senso che tende ad aumentare passando dalle popolazioni con i più alti tassi di incremento a quelle con i più alti tassi di decremento. L’indice di vecchiaia, ossia il rapporto tra le persone anziane (con oltre 65 anni) e le persone giovani ( con meno di 15 anni), dell’area interprovinciale ha raggiunto nel 2001 il valore di 2 anziani per ogni giovane.
Il valore più basso dell’indice (circa 3 anziani ogni 2 giovani) si osserva nel Valdarno inferiore, quello più alto (circa 5 anziani ogni 2 giovani) lo troviamo nella Val di cecina interna e nella Val di Cornia. Da questi dati si deduce che le dimensioni dell’invecchiamento sono davvero imponenti, in particolare in alcune realtà locali.Tutto questo è naturalmente gravido di conseguenze perchÈ la popolazione anziana, particolarmente quella molto anziana, esprime una domanda di assistenza sanitaria e sociale molto elevata.
Un altro aspetto molto importante del mutamento sociale si trova naturalmente nella dinamica delle famiglie e, in particolare, nella loro evoluzione per tipologia.
Si deve subito notare che, a fronte di una diminuzione della popolazione si è avuto nell’area un significativo incremento del numero dei nuclei familiari (circa 36 mila, ossia il 9,4%). Da ciÚ deriva un ulteriore assottigliamento della dimensione media della famiglia, scesa nel 2001 a 2,5 componenti. C’è stato un aumento di oltre 50 mila famiglie di piccole dimensioni (fino a 2 componenti) e una diminuzione di circa 20 mila famiglie con 4 e più componenti . Il maggior incremento relativo (+43%) si è avuto nelle famiglie unipersonali, il maggior decremento (-45%) in quelle di grandi dimensioni (con 6 componenti ed oltre).
Attualmente ben un nucleo su quattro è costituito da persone che vivono sole (in prevalenza donne anziane).
Queste sono solo alcune delle trasformazioni demografiche e sociali che ha subito nel decennio la nostra area interprovinciale sulla base dei primi risultati definitivi dell’ultimo censimento della popolazione. Probabilmente questa costosa macchina che ìfotografaî la società italiana ogni dieci anni ha bisogno di qualche significativa revisione per adeguarsi ai tempi. Il censimento, tuttavia, rimane allo stato attuale delle cose, tenendo anche conto delle condizioni in cui versano ancora le anagrafi , uno strumento insostituibile di conoscenza, specialmente ad un livello territoriale più fine.
In particolare, l’ultimo censimento con l’introduzione di alcune innovazioni e di nuove unità di rilevazione come, ad esempio, le persone con ìdimora temporaneaî da affiancare, se e quando i dati saranno disponibili, al classico aggregato della popolazione residente, di cui abbiamo finora parlato, testimonia una chiara volontà di miglioramento e di adeguamento della rilevazione censuaria all’evoluzione dei tempi.