Le feste natalizie ci hanno regalato posizioni da primato nelle classifiche della qualità della vita e di produzione del reddito. Oggi il telegiornale RAI ha dedicato a Firenze una trasmissione per spiegare le ragioni di questa leadership. Infatti non se la spiegano forse neppure i fiorentini.
Che si domandano quanto potrà durare la rendita di posizione. Perché al di là dei divertimenti e della socializzazione che offre, la città ha un patrimonio culturale in lento sgretolamento, intorno al quale ruota un’economia turistica di non eccelso livello.
La politica fiorentina discute del futuro sviluppo, ma la città sembra molto incerta sul concetto di modernità.
La Giunta comunale mette in cantiere grandi progetti che riorganizzeranno l’assetto urbano, fermo da decenni. In mostre e convegni ci presentano la nuova rete tranviaria che tra qualche anno dovrebbe evitarci l’assillo del traffico quotidiano. Ma se la rete di trasporto pubblico costerà milioni di euro a chilometro servito la gente si domanda perché intanto il Comune non elimini le buche sotto casa. La futura stazione dell’alta velocità ferroviaria servirà centinaia di migliaia di viaggiatori, ma l’attuale tracciato ferroviario continua a strangolare il traffico automobilistico urbano, privo com’è dei necessari sottopassi.
Le telecamere per impedire l’accesso delle auto nel centro storico sono state appena attivate, ma intanto l’Ataf, negli ultimi 20 anni, ha dimezzato il numero di passeggeri trasportati, e i dipendenti insoddisfatti nelle ultime settimane si sono uniti agli scioperi nazionali di categoria. Perché anche a Firenze due anni di potere d’acquisto riorganizzato dall’Euro si sono fatti sentire. E la redistribuzione della ricchezza mette l’una contro l’altra le categorie sociali: autonomi e salariati divisi dalla forbice reddituale.
Le prospettive per il futuro non sono rosee: si guarda all’apprezzamento della valuta con rassegnazione, come se la moneta europea (in rapporto con quella USA) fosse l’unico parametro di riferimento per fare impresa. Il ceto imprenditoriale è pigro, sazio, consuma, anziché rischiare capitale in proprio. Seconde e terze generazioni, in crisi di vocazione, preferiscono vendere e campare di rendita nelle belle dimore acquistate dai nonni. E la città è ormai deindustrializzata.
Firenze non è in testa alle classifiche di furti, rapine e scippi, i senza tetto sono relativamente pochi, ma ad esempio il rapporto con la popolazione extracomunitaria non è facile, comunque ai margini della città ufficiale, come lo sono le fasce sociali più deboli.
E poi c’è il mercato immobiliare, che anche quest’anno imporrà un ulteriore aumento del 10% dei prezzi già ai massimi. Un mercato nero per gli affitti, che chiede 1.000 euro al mese per un monolocale. Commercianti e residenti dovrebbero tassarsi perché i giovani studenti si iscrivano all’Università degli Studi di Firenze. Invece da decenni ne approfittano con prezzi da capogiro. E intanto la popolazione diventa sempre più vecchia, l’emergenza prioritaria dei servizi sociali.
E’ soprattutto per il carovita che le giovani coppie si cancellano dall’anagrafe fiorentina per approdare ai comuni dell’hinterland, oramai sino ai confini della provincia.
Salvo tornarci tutti insieme ogni mattina per ragioni di lavoro. Con un traffico veicolare massiccio, che negli ultimi mesi è diventato selvaggio. Gli assessori competenti sorvegliano i cantieri della Fortezza da Basso e cantano vittoria perché i viali di circonvallazione non vanno mai in tilt. Ma fanno finta di non sapere che le auto si sono spostate negli angoli più improbabili della città, persino nelle viuzze collinari che costeggiano il centro storico, pur di trovare una via di fuga dall’ingorgo.
Risultato: inquinamento da traffico tra i maggiori del paese, estate irrespirabile per le temperature da record, inquinamento acustico.
Firenze è colpita dal virus occidentale dell’opulenza, non curata da una classe dirigente mediocre, che preferisce scendere a compromesso con l’imprenditoria non fiorentina, anch’essa interessata a speculare sulla rendita culturale della città. Che davanti a tutto ciò rimane indifferente, o si ritrae, arroccata dentro i fatti propri.
Il divario sociale si allarga e la qualità e la quantità delle relazioni sociali non sempre riescono a farvi fronte.
Perché c’è un mare di gente che fa volontariato, o attività sociale e culturale, nasce un consumo equo e solidale, continua la diffusione della pratica sportiva. I fiorentini amano gli eventi collettivi, le librerie, il teatro, la musica. Ma questa vitalità sembra spegnersi quando si accenna alla politica, in particolare alle imminenti elezioni amministrative. Quasi che ormai le istituzioni locali fossero apolitiche, o fuori del controllo popolare. Viziati dal benessere, i Fiorentini sembrano volerne ignorare la crisi.
Il sindaco Domenici sfida la città sul tema della modernizzazione e vola verso la rielezione nella completa indifferenza, quasi sbandierando il diritto storico a governare di questo centrosinistra riformista, che però dialoga e progetta di concerto con il capitale “forestiero”, lo stesso che a livello nazionale ha “sostentuto” l’ascesa berlusconiana. Firenze non si illude, ma non sembra neanche più capace di indignarsi. C’è da aspettarsi un’astensione in crescita. Eppure i manifesti elettorali che, tra non molte settimane, vedremo sui muri della città non sono come quelli del cinema: l’ingresso è gratuito, ma lo spettacolo dura qualche anno e, se non piace, non è consentito alzarsi.
Nicola Novelli