FIRENZE- Da Baghdad a Firenze per un viaggio della speranza, finanziato con i fondi regionali della cooperazione sanitaria. A due mesi dalla conclusione della guerra in Iraq, quando ormai i riflettori dei media si sono spenti, prosegue il programma della Regione, che ogni anno vede arrivare in Toscana per curarsi 300 cittadini stranieri provenienti da ogni zona del pianeta, ma soprattutto da quelle in guerra. Stavolta si tratta di sette iracheni, della regione di Baghdad, che da ieri sono a Firenze su richiesta della Croce Rossa.
Sono vittime dirette o indirette della guerra, in un Paese che ha visto le sue strutture sanitarie ridotte in condizioni critiche dal conflitto.
Sono sette i cittadini domenica arrivati ieri sera presso l'ospedale pediatrico Meyer di Firenze, provenienti da Baghdad. Fanno parte di un gruppo di 14, ma sei di loro hanno proseguito per la Lombardia e uno per le Marche.
Si tratta di un giovane venticinquenne con un arto amputato da una bomba, che sarà curato presso il centro ortoprotesico della Asl 6 di Campiglia (Li), di tre bambini ustionati: una femmina di 11 anni, una di 14 mesi e un bimbo (il più grave dei tre) di quattro anni.
Tutti verranno curati al Meyer. E' ricoverata presso lo stesso ospedale la bambina di 9 anni affetta da tumore al rene, mentre è al S. Chiara di Pisa, presso il reparto di oncoematologia il ragazzo di 20 anni affetto da tumore al muscolo della coscia. E' infine ricoverata in neurochirurgia a Careggi la donna cinquantenne affetta da tumore al cranio. Sono tutte vittime dirette o indirette della guerra che ha insanguinato il Paese nel marzo e nell'aprile scorsi.
Infatti la necessità di curarli in Toscana deriva non tanto dalla incapacità del personale medico iracheno, la cui preparazione professionale li metterebbe in grado di intervenire, ma proprio dai danni prodotti dall'embargo prima e dalla guerra poi alle strutture sanitarie di quel Paese.
Adesso per tutti loro e per i familiari che li accompagneranno in questo viaggio in Italia, inizierà un'attesa e la speranza di una definitiva guarigione.
La cooperazione sanitaria
Grazie al programma di cooperazione sanitaria la Toscana ospita gratuitamente fino a 250 bambini e 50 adulti ogni anno, provenienti da paesi poveri o interessati da conflitti.
Vengono soprattutto per patologie cardiache e oncoematologiche, anche se non mancano problemi come le mutilazioni provocate da mine antiuomo o malattie congenite. Ma l'impegno della sanità regionale per la cooperazione prevede anche missioni all'estero come nel caso di quella cardiochirurgica in Yemen nel corso della quale i medici di fisiologia clinica dell'ospedale Pasquinucci di Massa hanno visitato in quel Paese 200 pazienti e ne hanno operati 27.
La Toscana invia anche attrezzature sanitarie dismesse, anche se perfettamente funzionanti, perché sostituite con analoghe ma più moderne e promuove la spedizione di medicinali in situazioni di particolare emergenza.
"Lo avevamo detto - spiega il presidente della Regione, Claudio Martini - nel corso della riunione straordinaria della giunta regionale che tenemmo proprio quando giunse la notizia dello scoppio della guerra: avremmo messo a disposizione dei cittadini iracheni le nostre strutture sanitarie.
Oggi manteniamo la promessa fatta in quella occasione. Lo facciamo in pieno accordo con altre Regioni, nel rispetto della volontà di pace dei cittadini della Toscana e della sensibilità umana e sociale che hanno dimostrato in questi mesi difficili. E' questo il nostro contributo alla ricostruzione morale e materiale di quel Paese".
La Regione impiega ogni anno circa 3,6 milioni di euro per prestare cure e assistenza a 250 bambini e 50 adulti che non potrebbero essere curati nei loro Paesi e in questa attività sono coinvolte numerose strutture ospedaliere toscane, tra cui il Meyer, il Pasquinucci di Massa, S.
Chiara di Pisa, Careggi. Adesso ha deciso di unirsi ad altre realtà per creare una rete di ospedali che si dedicano in particolare all'assistenza dei bambini vittime della guerra e della povertà.
L'ospedale pediatrico Meyer di Firenze è infatti la struttura che coordina la Conferenza permanente degli ospedali pediatrici italiani, cioè l'organismo costituito anche dall'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, dal Burlo Garofalo di Trieste, dal Gaslini di Genova, dall'ospedale dei Bambini G.
Salesi di Ancona, dal S. Anna di Torino e dal Santobono di Napoli.
Attraverso questo strumento gli ospedali pediatrici si propongono di costruire una vera e propria rete nazionale di servizi destinati all’infanzia, sulla base di criteri di qualità e di standard avanzati. Alcuni progetti già avviati riguardano, oltre a una fase di ricognizione e censimento dei servizi, l’adozione della Carta dei diritti del bambino in ospedale, la realizzazione di protocolli e linee guida per il percorso nascita, l’accesso al pronto soccorso, l’appropriatezza dei ricoveri, i farmaci in pediatria, l’adesione di tutte le regioni interessate alla rete dell'Organizzazione Mondiale della Sanità degli ospedali che promuovono la salute, infine la formazione degli operatori e l’accesso ai finanziamenti.
"Si tratta di un protocollo - precisa il presidente Claudio Martini - che vale per i bambini italiani, ma che servirà anche per quelli iracheni, visto che i sette ospedali pediatrici, tra i quali c'è il Meyer, si sono impegnati ad ospitare i piccoli vittime della guerra.
I quattro che arrivano oggi, ai quali (insieme ai loro connazionali) voglio dare il mio personale benvenuto anche a nome di tutti i toscani, rappresentano il primo gruppo all'interno di questo ulteriore progetto di cooperazione sanitaria che sviluppiamo con grande convinzione e dedizione".