Il Consiglio provinciale ha approvato con i voti della Maggioranza di Centrosinistra (contrari la Casa delle Libertà e Rifondazione comunista) una serie di modifiche e integrazioni al regolamento per l’alienazione del patrimonio immobiliare e al primo programma di alienazione dei beni immobili di proprietà della Provincia di Firenze approvato dal Consiglio provinciale quattro anni fa. Le modifiche sono state analizzate e studiate nella commissione competente prima di essere portare alla discussione del Consiglio provinciale, dove sono state illustrate dall’assessore agli Assetti istituzionali Valerio Nardini.
Grazie a questi cambiamenti, ad esempio, si evita un conflitto di interessi nei tecnici che predispongono le stime e si stabilisce che la validità delle stime è limitata a circa sei mesi. Vi sono disposizioni anche per il caso in cui un’asta vada deserta. L’opposizione di Centrodestra, con gli interventi del capogruppo del Ccd Alessandro Corsinovi e del consigliere Demetrio Donati (Forza Italia), ha apprezzato il lavoro fatto in commissione, ma ha espresso, con rammarico, voto contrario perché su alcune questioni considerate decisive non vi è stato accoglimento delle proposte della Casa delle Libertà, come sulla dilazione dei pagamenti e sui metodi d’asta che vengono tenuti quando un’asta va deserta, sulla facoltà di opzione e la modalità con cui viene esercitata.
“E’ stato fatto un lavoro molto serio – ha replicato Tiziano Lepri, capogruppo Ds – rispettando l’obiettivo primario del regolamento: alienare immobili non più necessari ai fini istituzionali”. Su questa linea anche il consigliere della Margherita Pasquale De Luca che ha sottolineato come il Centrosinistra abbia idee diverse sulla funzione delle alienazioni del patrimoni immobiliare. Contrario il voto di Rifondazione comunista: “Noi riteniamo non utile – ha detto il capogruppo Eugenio D’Amico – Alcune scelte politiche si possono ottemperare perché abbiamo dei beni, non perché li alieniamo”.
Il Consiglio provinciale ha approvato con i voti della Maggioranza di Centrosinistra e di Rifondazione comunista (contraria la Casa delle Libertà) una mozione presentata dai consiglieri Beatrice Biagini e Tiziano Lepri (Ds) sulle misure “salva deficit” e la valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e ambientale nazionale contenute nel decreto legge 63 del 15 aprile 2002 e sulla.
Con la mozione il Consiglio ha espresso la propria “netta contrarietà” alle misure contenute nel decreto legge che prevede il trasferimento alla Spa “Patrimonio dello Stato” di tutto il patrimonio statale, “ivi compreso quello relativo a beni classificati di interesse storico artistico e ambientale”, invitando la Giunta Provinciale a promuovere con le realtà del territorio un percorso di analisi e monitoraggio sulle esperienze culturali e sulle esigenze di coordinamento sui temi della gestione e modernizzazione del patrimonio artistico culturale e ambientale anche in collaborazione con le esperienze in corso portate avanti dall’Anci, Cispel, Federculture su scala regionale.
Il Consiglio ha disposto l’invio della mozione ai Presidenti delle Camere, ai parlamentari della circoscrizione, ai Presidenti della giunta e del consiglio provinciale, ai sindaci della Provincia, alle associazioni delle autonomie.
Secondo i proponenti la mozione negli ultimi anni si è provveduto a restaurare e recuperare edifici e monumenti in tutta Italia facendo ricorso a finanziamenti soprattutto pubblici e della comunità europea, ma anche di provenienza privata, grazie all’intervento di soggetti e imprese che hanno considerato strategico investire sul settore della conservazione e valorizzazione dei beni culturali.
In molte città come sul territorio si sono elaborati standard di qualità e inaugurati nuovi musei in assenza di un’elaborazione approfondita sulle modalità di gestione e di individuazione dei soggetti e dei criteri necessari al funzionamento dei servizi culturali e aggiuntivi (caffetterie, bookshop, custodia, promozione, vigilanza manutenzione ordinaria etc.). Questo processo di trasformazione nelle gestioni del patrimonio artistico culturale e ambientale è stato possibile grazie ad interventi normativi quali il Decreto legislativo 112/98, il TU 490/99 che nascono “da un cambiamento culturale nell’impostazione della pubblica amministrazione nel settore del patrimonio e non da provvedimenti di natura contingente e meramente finanziaria”.
L’esigenza di modifica della normativa esistente si fa evidente dal momento che molte esperienze invitano a considerare la materia della gestione del patrimonio artistico culturale e ambientale una priorità per lo sviluppo economico e culturale del Paese, attraverso un’analisi sistematica ei processi produttivi dei servizi legati all’offerta turistico-culturale oltre che alla formazione di competenze qualificate per la tutela e la cura dei beni. La cultura dell’ambiente e della sostenibilità dello sviluppo dei territori si va consolidando nelle dinamiche che intervengono nelle nuove modalità di gestione (cfr.
le realtà dei Parchi delle aree ambientali protette e attrezzate, del sistema terme delle risorse litorali e dell’entroterra, etc);
Il processo di innovazione nella tutela del patrimonio “deve continuare ad essere un percorso che si inserisce pienamente in quello del decentramento amministrativo attraverso un serio e pertinente conferimento di mezzi e competenze da parte dello stato verso le Autonomie Locali”. Al contrario la disciplina contenuta nel decreto legge n° 63/2002 relativa alle nuove modalità di gestione di tutto il patrimonio dello Stato mediante il conferimento del medesimo al ad una società per azioni denominata “Patrimonio dello Stato s.p.a.”, corrisponde “finalità del tutta avulsa dal contesto di elaborazione e analisi in cui si stanno portando avanti i processi di cui sopra”.
Questa disciplina sarebbe “visibilmente in contraddizione con le norme esistenti in materia di tutela e gestione del patrimonio in quanto non considera la disciplina esistente che regola la proprietà demaniali e le condizioni di alienazione, come del resto ha rilevato anche il Capo dello Stato nel messaggio che ha accompagnato la firma della legge di conversione del Decreto legge 63/2002”. Le nuove norme per la gestione del patrimonio storico artistico di proprietà statale “non presentano alcun riferimento alla questione ambientale, che invece è centrale nella discussione sulle metodologie di sviluppo economico e culturale in tutta Europa”.
Per incentivare l’intervento e i contributi dei privati diventa interessante “verificare forme di detassazione delle donazioni e delle partecipazioni a eventi e opere culturali, concertate con i soggetti dell’impresa e del mercato e con gli Enti locali, modalità peraltro attiva in molti paesi omogenei e statunitensi con buoni risultati”. Per far questo esistono strumenti “capaci di garantire al pubblico la tutela del bene e al soggetto che investe la qualità dell’opportunità economica”.
Lungo il dibattito sulla mozione.
Per Fabio Filippini (Forza Italia) “il Governo punta a valorizzare il patrimonio: non c’è tracotanza nel provvedimento, ma individuazione di un percorso che ha finalità credo condivise da tutti. Si vuole vedere il male dove non c’è”. Per Enrico Nistri (An) la mozione si muove “su una linea pregiudizialmente ostile a quello che è stato l’operato del governo. La cultura non è qualcosa di statico, ma una realtà che può essere valorizzata anche a fini economici. Non si tratta di alienare questi beni, ma di affrontare il problema dell’onere della loro gestione”.
Di segno contrario la posizione di Sandro Targetti (Rifondazione comunista), per il quale si è davanti “al tentativo di privatizzare i beni culturali e artistici, nonché naturali del nostro Paese. La collettività di fatto perde il controllo e la gestione di questi beni”. Francesca Avezzano Comes (Forza Italia) ha detto che il Governo ha cercato di “affrontare il problema senza ipocrisie. Ci sono all’estero Paesi che chiedono tassa di ingresso per valorizzare i beni culturali. Certo la legge del Governo è perfettibile, ma non punta a liquidare i gioielli del Paese”.
Massimo Marconcini (Comunisti italiani) contesta il ritenere che “solo attraverso una società per azioni e la privatizzazione dei beni culturali essi possano essere valorizzati.
Credo che si possano battere altre strade”. Per Alessandro Corsinovi (Ccd) la Provincia “ha dimostrato un dissennato utilizzo del cospicuo patrimonio immobiliare. La Sinistra non ha le carte in regola per parlare di questo problema per gli interessi che essa è riuscita a cementare su tutto il mondo della gestione dei beni culturali”. Secondo Eugenio D’Amico “il patrimonio culturale rischia di non essere più pubblico. Viene a mancare il senso del bene comune. Questi non sono atti di Governo ma atti di mercanti”.
Tiziano Lepri, proponente con Beatrice Biagini la mozione, rileva che “è stato infranto il principio della demanialità e quindi dell’inalienabilità del patrimonio storico artistico.
Su questo si è appuntato il richiamo del Capo dello Stato, ma il Governo ha continuato a giocare sugli equivoci”.
Carlo Bevilacqua (Forza Italia) ha detto che quando si parla di una Spa che detiene il 51 per cento di patrimonio da parte dello Stato bisogna tenere conto dell’articolo 7 del provvedimento, con il quale si prevede che tutto il patrimonio azionario della Spa resti in mano allo Stato, nell’ambito del Ministero dei Beni culturali. “Il provvedimento – ha sottolineato - tende proprio ed esclusivamente a valorizzare il patrimonio dello Stato”.
Contrario a questa interpretazione l’assessore Riccardo Gori per il quale “cartolarizzazioni, alienazioni e condoni di ogni tipo alla fiera della finanza creativa aprono un capitolo di barbarie culturale”.
Beatrice Biagini (Ds) ha tenuto a sottolineare che la mozione non si oppone a qualsiasi tipo di gestione alternativa dei beni dello Stato, ma specifica quale tipo di gestione rischi di fatto di deprivare il patrimonio culturale del Paese.
Pier Giuseppe Massai (An) ha difeso il provvedimento del Governo ravvisando nelle critiche espresse durante il dibattito in Consiglio “l’atteggiamento di chi con ha molti argomenti per potere contestare”.
Giovanni Vignoli (Margherita) condivide la mozione, non alcuni toni ritenuti ultimativi espressi nel dibattito.