Firenze, 16 gennaio 2020- Sono oltre 8 mila i ristoranti che hanno aderito al flash mob #ioaprosoloinisicurezza. Treviso, Firenze, Pisa, Salerno, Ravenna, Palermo: in tutto lo stivale gli imprenditori del mondo Horeca hanno acceso le luci e gli impianti stereo e si sono messi a tavola con i loro dipendenti, per una sera nelle vesti di clienti.
“Un’iniziativa per ribadire che i nostri locali sono sicuri e che il virus non distingue tra pranzi, cene, giorni feriali e festivi”, ribadisce Pasquale Naccari, portavoce di Tni-Tutela Nazionale Imprese e di Ristoratori Toscana, due tra le associazioni che hanno lanciato il flash mob, promosso insieme a Acs Associazione Commercianti per Salerno, A.I.O.S Palermo, Ristoratori Liguria, RistorItalia, Ristoratori Emilia Romagna, Ristoratori Lombardia, Ristoratori Veneto, Ristoratori Lazio, Ristoratori Campania, Ristoratori Puglia, Ristoratori Trentino, Ristoratori Sicilia, Veneto Imprese Unite. “Comprendiamo la disperazione dei colleghi, perché c’è gente che non riesce nemmeno più a fare la spesa, ma la via giusta è sempre quella di rimanere nei confini della legalità - continua Naccari -.
Ricordiamo che aprire i locali infrangendo le regole fa andare incontro a sanzioni pesanti, fino al ritiro della licenza”. Tni vuole essere dalla parte delle leggi. “Abbiamo organizzato questa protesta per ribadire che siamo imprenditori responsabili, sempre dalla parte della legge - continua Naccari -. Vogliamo però conoscere, come spiegato nelle lettere inviate ai prefetti, le prove scientifiche alla base delle misure estremamente restrittive nei confronti dei pubblici esercizi.
Chiediamo indennizzi sufficienti per poter coprire tutte le spese vive che sosteniamo. Ad oggi, infatti, quelli ricevuti si attestano in media al 3,3% del fatturato annuo. Sarebbe importante, inoltre, che il Governo iniziasse a prendere in considerazione le startup e tutte quelle attività che sono state dimenticate da tutti i decreti. La nostra battaglia a tutela del mondo Horeca continua”.
Alla luce dell'ultimo decreto del Governo per contenere il contagio sono ancora molte le attività chiuse o che devono ridurre il proprio orario di lavoro. Tra questi i ristoratori che in molte città ieri hanno tenuto aperto oltre l'orario consentito in forma di protesta: "A Prato c'è stati sin da subito un forte senso di responsabilità e ringrazio le categorie economiche e i ristoratori stessi per aver rigettato forme di protesta che violano la norma - dichiara il sindaco Matteo Biffoni -.
A tutti coloro che ancora oggi devono restare ancora con la propria attività sospesa o ridotta è necessario che siano date risposte concrete e rapide per sostenere questo momento di difficoltà. Il rispetto della legge anche nelle forme di protesta ci rende più forti nel portare avanti queste richieste". Il sindaco ha poi ringraziato le forze dell'ordine per il lavoro di controllo svolto: "Alle donne e agli uomini delle forze dell'ordine, coordinati dalla Questura di Prato, va il nostro ringraziamento per l'attività di controllo e anche di prevenzione che in questi giorni li vede impegnati sul nostro territorio".
Una scenografica azione quella realizzata a Firenze e Siena per sostenere la categoria dei ristoratori e in particolare la protesta di coloro che hanno deciso di restare aperti per cena durante questo fine settimana. A compierla le associazioni “Firenze Identitaria” e “Il Selvaggio Siena”, che hanno realizzato e appeso dei veri e propri fantasmi nelle rispettive città, apponendo anche dei cartelli con scritto “Delivery food – Ghost Kitchen, NO ai fantasmi delle multinazionali, SI alla tradizione dei nostri ristoranti”.
“Sostenere le rivendicazioni dei ristoratori significa difendere l'economia locale e quindi la ricchezza del nostro territorio – dichiarano congiuntamente i responsabili delle associazioni – in molti non lo hanno capito, ma è in corso un vero e proprio attacco al nostro tessuto socioeconomico. Come detto dal Forum Economico Mondiale, il virus si è trasformato in un’occasione per favorire logiche globaliste, ovviamente a discapito di tutto ciò che è prossimità.” “Dallo scorso marzo - continua la nota – la ristorazione italiana viene vessata con promesse mai mantenute, totale assenza di sostegni concreti e norme repressive che causano innumerevoli chiusure.
I fantomatici “ristori” sono ridicoli: circa il 3% del fatturato, per non parlare dell’agonia delle casse integrazioni. Inaccettabili, poi, le chiusure imposte ai locali dopo le ingenti spese sostenute per adeguarsi alle norme anticontagio. Noi vogliamo dirlo con chiarezza: i ristoranti sono luoghi sicuri e vanno completamente riaperti.” “Le multinazionali, attraverso il digitale con la compiacenza del Governo, stanno cannibalizzando un mercato che senza le restrizioni non avrebbero potuto arraffare.
I Dpcm avvantaggiano modelli a noi culturalmente estranei, che abbasseranno la qualità della nostra alimentazione. Il ‘delivery food’ obbligato è un socio occulto per gli imprenditori: non offre nulla, non mette capitali, ma detta regole e drena dividendi. I grandi gruppi lo collegheranno presto alle ‘ghost kitchen’: quattro mura in cui schiavi sottopagati scaldano e spediscono prodotti preconfezionati. In sostanza, la fine della ristorazione e della socializzazione. I nostri ristoranti – conclude la nota – sono invece garanzia di ricchezza diffusa, tradizione, salute e socialità, per questo motivo ci schiereremo sempre dalla loro parte.”
"Il divieto d’asporto, così come formulato nel nuovo DPCM, è un intervento gravemente iniquo. Oltre alle imprese di somministrazione senza cucina – bar, caffetterie e simili – colpisce infatti anche i negozi specializzati in bevande, come le enoteche, dove non è prevista alcuna consumazione sul posto. Un divieto quasi da proibizionismo, se non fosse che è limitato solo a pubblici esercizi e negozi specializzati: minimarket e grande distribuzione potranno infatti continuare tranquillamente a vendere bevande, anche alcoliche" Questo il commento di Claudio Bianchi Presidente Confesercenti Firenze a seguito della pubblicazione del testo del nuovo DPCM "Si tratta di una stortura da correggere immediatamente, perché rende ancora più insopportabile un divieto che è già di difficile comprensione.
Si colpisce l’asporto per colpire gli assembramenti, che comunque continueranno anche con i bar e le enoteche chiuse per decreto. Le imprese sono ormai all'esasperazione, hanno bisogno di chiarezza per programmare l’attività. Nonostante non fosse sufficiente a recuperare quanto perso con le restrizioni, in questi mesi l’asporto ha permesso a molte attività di galleggiare. Oltre all’aspetto economico, il divieto di asporto, dopo le 18.00 per i bar, rischia anche di avere un impatto psicologico sugli imprenditori, che si vedono privati anche di quel poco di lavoro che era rimasto. Chiediamo rispetto e dignità per il nostro lavoro".
"Questa zona gialla è una farsa: negozi nei centri commerciali chiusi e divieto di asporto per i bar dopo le 18" La denuncia è della presidente di Confcommercio Provincia di Pisa Federica Grassini “Ci siamo guadagnati il ritorno alla zona gialla, a forza di zone rosse e arancioni che hanno ridotto all'osso i fatturati di negozi e locali. Però i negozi dei centri commerciali debbono restare ancora una volta chiusi nei fine settimana, e ai bar si impedisce l'asporto dopo le 18.
Si è superato il limite, non c'è nessuna giustificazione plausibile a questo delirio regolatorio nei confronti di esercizi commerciali tremendamente discriminati e penalizzati una volta ancora. Tutti sappiamo bene che all'interno dei centri commerciali si entra dopo essere stati sottoposti al controllo della temperatura, con l'obbligo di mascherina e i dispositivi di sanificazione, nel rispetto dei protocolli stilati dalle stesse autorità sanitarie. Queste restrizioni sono immotivate e senza senso, anche in merito al nuovo divieto di asporto per i bar dopo le 18 – chiarisce Grassini: “E' profondamente ingiusto che un problema di ordine pubblico e di irresponsabilità dell'utenza debba ricadere sui bar, che con il divieto dell'asporto di fatto possono solo chiudere l'attività.
Poiché coloro che hanno la responsabilità di gestire l'ordine pubblico non effettuano i doverosi controlli verso tutti quegli irresponsabili che non possono fare a meno degli aperitivi di massa, ecco che si fa ricadere la mannaia delle restrizioni su imprenditori la cui unica colpa è quella di voler continuare a svolgere il proprio lavoro”. “La farsa rischia purtroppo di trasformarsi in tragedia per migliaia di imprese e lavoratori, con i ristori che coprono appena il 3% dei mancati fatturati, tasse, affitti e utenze che corrono come e più di prima.
Ma se non mi dai niente io non dovrei darti niente” - aggiunge e conclude la presidente, che stigmatizza anche la conclamata schizofrenia delle zone colorate: “Ormai siamo al caos più totale, con queste continue modifiche tra colori e all'interno degli stessi, le possibilità di spostamento e le condizioni delle aperture. Siamo tempestati di chiamate, i clienti non capiscono più come comportarsi, e questa assoluta incertezza incide ulteriormente su consumi già estremamente erosi da tutto il resto.
Continuare così è impossibile e ha davvero poco senso”.
Via gli indumenti arancioni e rossi. Sono tanti i fiorentini che hanno voluto sostenere simbolicamente le attività commerciali aderendo a 'Firenze in giallo', il flash mob lanciato dai Commercianti Uniti Firenze contro il sistema a semaforo che suddivide tutta Italia in tre livelli di rischio. I commercianti, balzati alle cronache con la bandiera di 'Esistiamo' hanno riservato un ulteriore 10% di sconto a chi ha consegnato accessori o vestiti nel doppio colore. Sette giorni di manifestazione pacifica che culmineranno lunedì 18 gennaio (ore 11:00) davanti alla sede della Regione Toscana di piazza Duomo quando una delegazione del gruppo consegnerà la scatola con gli indumenti raccolti e chiederà al presidente della Regione Giani un incontro in modo da presentargli le proprie richieste.
“Come è andata la prima settimana di giallo? Ci auguriamo che vada meglio la prossima. C'è stata poca affluenza nei negozi e la situazione politica non ha aiutato. Tanti non sanno nemmeno cosa fare, non sanno se possono entrare o meno. Servirebbe continuità, le persone devono prima tornare alla normalità e poi torneranno nei nostri negozi. Questo sistema a semafori non aiuta e in tasca ci sono meno soldi, diversi hanno perso o stanno perdendo il lavoro. Siamo in ginocchio, la maggior parte di noi ha cominciato le svendite per attirare un po' di clienti ma anche questo non serve a nulla” spiega Coppoli.
Tra le richieste che verranno consegnate al presidente Eugenio Giani lunedì mattina, la revisione dei codici Ateco “in quanto molte categorie, col sistema attuale, sono state escluse dalle misure economiche di sostegno”, l'azzeramento di Cosap, Tari e delle altre imposte legate all'esercizio dell'attività commerciale. Contributi per il pagamento di gas, luce e acqua e contributi a fondo perduto adeguati alle perdite di fatturato. “Alcune attività - conclude Coppoli - chiuse nel periodo di calcolo ristori per ristrutturazioni o riconversioni sono state escluse dalle misure di sostegno.
Chiediamo che i rimborsi siano erogati in base alle perdite mensili”.
Il settore della moda è una delle eccellenze toscane, frutto di una sapienza e cultura artigianale tramandate da secoli. L’impatto della crisi sanitaria sull’intera filiera è preoccupante. Secondo le stime dell’Irpet, il sistema moda nella nostra regione, nel maggio scorso, registrava un calo del fatturato del 40% ed un calo delle esportazioni del 35,5% rispetto all’anno precedente. Dati preoccupanti, che hanno spinto il Consiglio regionale ad approvare all’unanimità nella seduta di mercoledì una mozione, che impegna il presidente della Giunta regionale ad intervenire sul Governo, perché adotti quanto prima strategie efficaci per il settore, a partire da contributi a fondo perduto, liquidità dalle banche, detassazione, rottamazione dei magazzini, prosecuzione della cassa integrazione.
“La catena di oltre 17 mila imprese, per il 60% artigiane, è una delle eccellenze della Toscana nel mondo – ha osservato Vittorio Fantozzi (FI), che ha illustrato come primo firmatario il testo della mozione presentata - E’ chiaro che se la vendita al dettaglio frena, anche la produzione ne risente”.
“E’ una filiera, e la crisi del commercio ha ripercussioni evidenti sulla produzione. Lo vediamo da quanto è appena successo nel periodo natalizio” ha precisato Anna Paris (Pd), illustrando una serie di emendamenti presentati e condivisi. “La mozione è stata presentata molti mesi fa e l’abbiamo attualizzata - ha commentato - Il settore ha necessità di interventi specifici”.
“La ripartenza delle mostre mercato, un credito di imposta per gli affitti ed esenzione IMU legati alla perdita di fatturato, risorse adeguate a supportare le aziende dell’artigianato artistico, bandi regionali a fondo perduto, autorizzazioni a operare su area pubblica e tariffe calmierate per la partecipazione alla Mostra Internazionale dell’artigianato” Come spiega Urbano Corradossi, portavoce dell’Artigianato artistico di CNA Toscana Centro “in un momento di crisi senza precedenti, sono queste le proposte che la nostra Unione CNA regionale ha inviato direttamente al governatore Giani per far sentire con forza la voce degli imprenditori del settore.
Viviamo in una condizione di grande fragilità, le attività sono a rischio chiusura e, con loro, si rischia di vedere cancellato il patrimonio culturale di tradizioni e antiche tecniche su cui è stato costruito lo stesso Made in Italy e l’immagine del territorio toscano nel mondo. Questo non è accettabile e la nostra filiera non è certo marginale per l’economia produttiva, tutt’altro. Basti pensare che in Toscana operano nel settore dell’Artigianato Artistico e Tradizionale più di 20.000 aziende, con un totale di 107.000 addetti e ben 13 differenti settori produttivi; tra queste, 13.000 sono micro imprese con un massimo di 3 addetti; 5.900 imprese occupano dai 4 ai 15 addetti, le restanti 1.300 vedono operare, al loro interno, più di 15 addetti.” Ecco perché, prosegue Corradossi, “abbiamo un ruolo fondamentale nei distretti territoriali e chiediamo attenzione, tutela e sostegno alle istituzioni locali e nazionali.
Le conseguenze prodotte dall’epidemia, sia in termini materiali sia in termini immateriali, sono ingenti, difficilmente stimabili e avranno ricadute anche nel medio periodo. Per questo le migliaia di aziende artigiane che aderiscono a questi mestieri chiedono alla Regione aiuto non solo per salvaguardare le professionalità, l’occupazione e il rilancio delle attività economiche ma anche occasioni di incontro per poter esporre le nostre difficoltà ed entrare nel merito delle proposte che sono chiare e urgenti: credito di imposta per gli affitti o l’esenzione IMU, legati alla perdita di fatturato, lo stanziamento di risorse congrue per la difesa della rete delle micro e piccole imprese operanti nel campo dell’Artigianato Artistico e Tradizionale anche attraverso specifici Bandi regionali a fondo perduto.
Inoltre in questo periodo di emergenza sanitaria chiediamo di essere autorizzati alla vendita su suolo pubblico, con i tradizionali mercati dell’artigianato, secondo le disposizioni previste per le attività di commercio su area pubblica (mercati rionali) e di poter accedere al bando previsto per gli aiuti a spettacoli viaggianti, ambulanti turistici e di fiere. Infine, in vista della prossima Mostra Internazionale dell’Artigianato è necessaria un’azione per calmierare le tariffe di partecipazione degli artigiani, per garantire una maggiore accessibilità e restituire uno spiraglio di speranza per un futuro che oggi, purtroppo, facciamo fatica a vedere”.
Con molta fatica hanno resistito al primo lockdown di marzo, ma il colpo di grazia potrebbe arrivare dal secondo: circa la metà dei 1500 circoli Acli e Arci della Toscana, tra queste moltissime realtà più piccole, potrebbero non riaprire mai più. E’ l’allarme lanciato dai presidente regionali Acli, Giacomo Martelli, e Arci, Gianluca Mengozzi, che lanciano un appello. “La situazione è gravissima, ora basta. Il Governo ci consenta di aprire ed elimini le discriminazioni permettendoci di poter svolgere l’attività sociale di somministrazione riservata ai soci almeno in zona gialla, con gli stessi limiti e modalità consentite agli esercizi commerciali”. Tutte le attività sono chiuse da marzo, con l’eccezione di un paio di mesi in estate.
A pagare il prezzo più alto sono i circoli dei lavoratori e le case del popolo, quelle che spesso rappresentato l’unico luogo di aggregazione oltre che presidio sociale. “Queste realtà - spiega Martelli - hanno un valore fondamentale per tante persone, soprattutto anziane, che qui non solo passano il tempo, ma spesso ricevono servizi di prossimità per loro indispensabili, soprattutto se non possono muoversi facilmente. C’è una situazione di solitudine sociale molto grave”. “Le conseguenze sociali della pandemia saranno molto gravi – aggiunge Mengozzi – Aumenteranno povertà e disuguaglianze per i settori sociali più vulnerabili.
L’esistenza dei circoli ricreativi e culturali sarà ancor più necessaria per la salvaguardia dei diritti delle fasce popolari e per la coesione sociale delle nostre comunità. Per questo le Istituzioni, in primis il Governo, devono sentire l’obbligo di assicurare con atti concreti la sopravvivenza di questi insostituibili presidi." Con le entrate azzerate, la sostenibilità economica di queste realtà, che vivono di autofinanziamento, viene a mancare. Anche la campagna di tesseramento non è partita.
Poco o nulla al momento è arrivato dai ristori del Governo e aumentano anche le difficoltà per l’accesso al credito agevolato. “In attesa dei ristori promessi dal Governo, al momento le associazioni possono contare solo sugli aiuti previsti dalla Regione Toscana che ha sempre mantenuto alta l’attenzione sui presidi”. “Che il Governo – puntualizzano i presidenti - elimini l’ingiusta discriminazione che stiamo subendo. Non si comprende perché ai circoli siano impedite attività permesse ad altre categorie.
Non accettiamo l’idea che, a parità di regole di sicurezza, le attività che si svolgono nei circoli vengano considerate più nocive di quelle realizzate nelle strutture commerciali. In assenza di sostegno economico, il Governo ci deve permettere almeno l’azione di autofinanziamento per poter sopravvivere. E’ necessario intervenire urgentemente per non mettere fine alla lunga storia dei nostri circoli. Facciamo appello anche ai parlamentari toscani che non ci hanno fatto mancare in questi mesi segnali di solidarietà perché intervengano presso il Governo”.
"Davanti alla situazione attuale comprendiamo la rabbia e la delusione del mondo della ristorazione, ma guai a giustificare atteggiamenti di taluni fuori dalla legge ed in contrasto totale con le normative nazionali anti Covid-19. Abbiamo tutti fatto sacrifici durante questi 12 mesi, chi più chi meno, ma nessuno adesso può gettare al vento gli sforzi fatti dando una immagine sbagliata dei ristoratori. Siamo d'accordo nel sostenere la protesta di chi chiede chiarimenti al Governo Conte in vista delle prossime settimane e dei prossimi decreti, e capiamo anche chi pensa a forme di contestazione moderate ma chiare.
Giusto evidenziare lo stato delle cose, ma non mettersi a fare i ribelli come taluni auspicano" "Certo da parte nostra, siamo preoccupati, quando davanti ai pochi aiuti giunti da questo Esecutivo, si viene a sapere che sono quei pochi anche in ritardo, come nel caso del famoso "bonus filiera". Si apprende infatti con rammarico che il pagamento dell’anticipo del 90% del contributo per il fondo filiera verrà erogato nei primi mesi del 2021. Peccato che questa risposta a cura del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, sia stata resa nota solamente da qualche giorno su portaleristorazione.it Peccato aggiungiamo inoltre che tale contributo fosse ALTERNATIVO a quello dei centri storici; quest’ultimo ad oggi è stato erogato in misura superiore al 70% mentre gli altri esercenti sfortunati che hanno optato per il fondo filiera (entro il 15/12), se tutto va bene, dovranno attendere fino a Marzo 2021 inoltrato per vedersi accreditato l’acconto". "Ci domandiamo: Se queste tempistiche fossero emerse prima o comunque presenti nelle condizioni generali del servizio - quante aziende vi avrebbero aderito rispetto all’altro? Come al solito la trasparenza è in secondo piano; come al solito certe iniziative seppur apprezzabili negli intenti, vengono tradite dalle costanti consuetudini burocratiche della macchina statale che rendono inesorabilmente vani i buoni propositi iniziali, che ricordiamo dovevano essere quelli di sostenere la ripresa e la continuità dell’attività degli esercizi di ristorazione, non di farle cadere nell’oblio più cupo.
E pensare che siamo anche in una fase di emergenza..." dichiarazioni del Coordinatore Cittadino di Forza Italia Firenze e Capogruppo in Palazzo Vecchio, Jacopo Cellai insieme al Consigliere di Quartiere 1 di Forza Italia, Domenico Caporale ed al Responsabile Dipartimento Commercio di Forza Italia Firenze, Riccardo Pretolani.