Parola d’ordine: crescere. Alzare il livello. Vincere. Poi, ancora: emozioni, più che tecnica. E ancora: energia Voglia di lavorare, di fare gruppo, di stare insieme. Di essere imprevedibili. Riassunto: “Darò tutto, ma dai giocatori voglio tutto”. Ecco in un’affollata e partecipata conferenza stampa il manifesto del Pioli-bis, sei anni dopo, e dopo uno scudetto, due secondi posti in serie A, due semifinali di Coppa Italia e una di Europa League, vabbè, quello era il Milan, ma anche se nessun dirigente questa volta dichiara pericolosamente “ambizioni” a scena aperta, è comunque chiaro il messaggio del claim in mezzo alle iconcine di mille sponsor sulla parete-fondale della sala conferenze al Viola Club: di nuovo insieme, ancora più forti. E ancor meno pericolosamente si parla di mercato, se non per il saluto affettuoso che il dg viola Alessandro Ferrari rivolge a Pietro Terracciano appena passato al Milan, “un ragazzo fantastico e prezioso”, amen, capitolo chiuso.
Di mercato non si parla, almeno in entrata, “prima vediamo le tre partite della tournée in Inghilterra poi valuteremo”, dice chiaro il neomister-bis. Di fatto però subito dopo consegna alla dirigenza un diktat preciso: “Non voglio troppi giocatori, di trenta non so che farmene, non mi va di fare partitelle 11 contro 11 e lasciarne 10 fuori, meglio doppi ruoli allo stesso livello ma anche con caratteristiche diverse purché con la massima determinazione”.
Messaggio chiaro, sfoltire, del resto “al 65-70% la squadra è completa e di buon livello, poi vediamo perché la squadra è fatta anche di equilibri, e se bocciamo qualcuno non è perché non serve...”. Riferimenti chiari, nessuno. Anche se di singoli si parla, ed è inevitabile. Vicenda Kean: “Si trova bene a Firenze, è grato al club che lo ha sostenuto e gli ha dato fiducia. L’ho visto volenteroso, è molto forte”. Dzeko? “Alto profilo, spessore, presenza importante.
Al primo anno al Milan se non mi davano Ibra avrei chiesto lui”. Gudmundsson l’anarchico? “E’ un errore focalizzarsi su un ruolo e una posizione, Gud ha qualità, è intelligente e propositivo per andare al possesso palla, al tiro, al dai e vai, al dribbling”.
Possono convivere in campo Kean, Dzeko e Gud? “Assolutamente sì, voglio una squadra con caratteristiche imprevedibili, non saremo sempre gli stessi ma potrò farli giocare insieme, dipende dalla loro disponibilità, chiaramente bisogna tenere di più il pallone se hai giocatori di qualità”. Capitolo Dodo, uno dato spesso per uscente. “Sta benissimo, è simpaticissimo, è molto forte, positivo nel lavoro e nel gruppo, può dare tanto, io lo vorrei ancora più propositivo in fase offensiva, ma è forte anche contro avversari forti, unico capace di reggere la gamba di Leao”.
Poi Beltran. “Lavora tanto per la squadra, con aggressività, è puro, generoso, gli piace la compagnia”, salvo poi aggiungere, “però intendiamoci, io non voglio una squadra di bravi ragazzi”. Sottil? “Vediamo, tutte le valutazioni sono rimandate a dopo l’Inghilterra, poi faremo gli interventi necessari”. Uhm. Squadra più italiana, come dimostrano gli arrivi di Fazzini e Viti? “Sono importanti, conoscono di più le abitudini del calcio italiano, ma l’obiettivo è comunque migliorare la squadra.
Fazzini ha qualità, ha gamba, è disponibile a lavorare con la squadra, offre soluzioni per poter fare male all’avversario”. Capitolo portieri: “Martinelli sarà il vice di De Gea, ha qualità e personalità, smettiamo di giudicare dall’anagrafe. Entrambi fortissimi nella gestione della palla”. Infine, il capitano. “Ho parlato con Luca (Ranieri, ndr), gli ho chiesto se può reggere il peso della fascia, l’ho visto motivato. E’ cresciuto, e determinato”.
Non vuole parlare di moduli e sistemi, “la squadra deve attaccare insieme e difendere insieme, poi passare a tre o a quattro è questione di dinamiche fluide, gli spazi sono sempre fluidi, l’importante è capire che gli spazi sono fluidi, i giocatori devono leggere quegli spazi prima degli avversari, questa è la chiave". E’ un vero diluvio di parole, la conferenza stampa. Un grande affresco dominato da uno splendido cielo fatto di emozioni, orgoglio, amore. Valori.
“Potevo starmene tranquillo, laggiù, ad allenare Cristiano Ronaldo che è una leggenda e ancora oggi alla sua età pensa solo a impostare ogni dettaglio della settimana in vista della prossima partita, ero uno dei dieci allenatori più pagati al mondo. Poi la Fiorentina ha chiamato...”. Cuore, ambizione, consapevolezza della propria crescita. Ma soprattutto amore, “qui sono a casa, conosco la città, mi piace quando il macellaio o l’edicolante ti danno un consiglio o ti muovono una critica, questa è Firenze, tifosi con una passione incredibile, non esiste la Fiorentina senza i fiorentini e la Curva Fiesole.
E noi vogliamo giocare con tanta energia, quella che i tifosi possono darci”. E così nascono gli obiettivi, “ora viene il preliminare di Conference che è difficilissimo perché gli avversari sono più avanti, l’obiettivo è essere pronti per il preliminare di Coppa e poi per le due trasferte di Cagliari e Torino. Ma passato il preliminare l’ambizione è arrivare in fondo”. C’è comunque, afferma, la chance per colmare il gap con i vertici della classifica.
Ma con la ricetta Pioli: farsi un mazzo così, e fare un calcio propositivo.