Il filo conduttore dello spettacolo è costituito dai frammenti della memoria personale racchiusi in 45 anni di canzoni, da quelle meno consuete come “Stelle” e “Figlio, figlio, figlio” a “Sogna ragazzo sogna”.
La scelta è quella di prediligere i suoi brani più personali rispetto a quelli intellettuali per raccontare attraverso la musica e le parole l’urgenza di felicità, le gioie vissute, i momenti dimenticati e superati che appartengono a quel tempo definito da Vecchioni “verticale”, che ci si porta sempre addosso.
Il cantautore in questo spettacolo ha giocato con l’ironia, si è immerso nel ricordo e rincorre la sua passione per costruire un bilancio in cui i giorni che sembravano più neri hanno lasciato il posto a quelli più luminosi. Vecchioni lascia da parte il repertorio costituito da personaggi mitici e storici che frequenta solitamente per creare un clima intimista, ed attingere dalle cose belle della propria vita, come il ricordo della mamma descritta in “Dimentica una cosa al giorno” e “Un lungo addio” dedicato alla figlia.
Non sono mancati i classici da Luci a San Siro a Chiamami ancora amore.