Il fascismo ottenne l’approvazione del parlamento al progetto di legge contro le associazioni, in particolare contro la Massoneria. Una legge, che entrerà in vigore il 26 novembre del 1925, e che segnerà l’inizio della fine di tutte le libertà civili. Il testo della normativa, elaborato già a partire da gennaio, era tra le priorità del governo e del partito fascista, che il 14 aprile aveva diramato a tutte le sue federazioni una circolare in cui si legge: “La Massoneria costituisce in Italia l’unica organizzazione concreta di quella mentalità democratica che è al nostro partito e alla nostra idea della Nazione nefasta ed irriducibilmente ostile, che essa, ed essa soltanto, permette ai vari partiti, borghesi e socialisti, dell’opposizione parlamentare ed aventiniana, la resistenza, la consistenza e l’unità di azione”.
Proprio oggi, nell’anniversario di quella discussione alla Camera dei deputati, esce nelle librerie “Massoneria e fascismo” (Carocci editore), il libro del fiorentino Fulvio Conti, ordinario di storia contemporanea all’università di Firenze.
Tra i pochi deputati presenti in aula nel giorno della discussione è Antonio Gramsci che prende la parola per scagliarsi contro quella legge: una lucida denuncia contro la deriva liberticida. Ad aprire il dibattito è Gioacchino Volpe che nella sua arringa a sostegno del provvedimento fascista toglie ogni dubbio sul riferimento della legge alla Massoneria, accusandola di “equivoco politico, degenerazione della vita pubblica, confusionismo delle idee, sopravvivenza di illuminismo e di ideologie settecentesche, pacifismo spappolato, internazionalismo, disorganizzazione dello Stato, strumento di stranieri interessi a danno del Paese, vecchio e vacuo anticlericalesimo, e specialmente intrigo e camorra”. A Firenze quel feroce sentimento antimassonico sfociò nella Notte di San Bartolomeo del 3 ottobre 1925.