Solo in Toscana le logge massoniche sono decine e raccolgono migliaia di aderenti. Ma l’identità dei loro iscritti è inviolabile. E’ un principio, al quale si è sempre appellato il Grande Oriente d’Italia, difendendo il diritto alla riservatezza dei propri membri, e che il Garante della Privacy ha ribadito nel parere espresso lo scorso 14 gennaio su richiesta del Ministero di Giustizia, in relazione allo schema di decreto, da adottare di concerto con il Ministero dello Sviluppo, sulle organizzazioni che partecipano a una class action e che pertanto devono figurare in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia.
Tale elenco, ha sottolineato il Garante, non potrà assolutamente contenere dati sensibili relativi agli iscritti, ma solo i dati identificativi della associazione e dei soggetti che ne hanno rappresentanza. Rilevando nello schema di decreto profili di criticità “che richiedono di essere perfezionati in senso conforme ai principi di liceità del trattamento previsti dalla normativa sovranazionale e interna in materia di protezione dei dati personali, il Garante si è soffermato in particolare sull’articolo 7 del dispositivo che affida l’elenco delle organizzazioni che intendono proporre class action alla responsabilità gestionale del Direttore generale della competente Direzione, a cui viene attribuita anche la titolarità del trattamento dei dati personali in esso contenuti e il potere di richiedere la lista degli iscritti alle associazioni.
“Al riguardo – scrive il Garante- si osserva che i dati personali riferiti all’ appartenenza ad associazioni private (o altra organizzazione comunque definita) rientrano fra le categorie particolari di dati cui il Regolamento e il Codice riservano le più elevate garanzie nel caso in cui siano idonei a rivelare le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale delle persone (art. 9 Regolamento; art. 2-sexies, Codice).
Approfondimenti
Pertanto si è richiamata l’attenzione del Ministero sulla contrarietà alla richiesta di ricevere l’intero elenco degli iscritti – rispetto all’attività di controllo sul mantenimento dei requisiti per l’iscrizione delle Associazioni nell’elenco – ai principi di “limitazione della finalità” e “minimizzazione dei dati” (art. 5, par. 1, lett. b) e e), Regolamento), nonché della libertà di associazione costituzionalmente riconosciuta (art. 18 Cost.).
Sotto quest’ultimo profilo, com’è noto, ricorda il Garante, l’articolo 18 delle Costituzione riconosce la libertà di associazione, assicurando a tutti il diritto di associarsi liberamente, senza necessità di alcuna autorizzazione e per fini non vietati dalla legge.
Un obbligo di comunicazione di dati personali riguardanti l’appartenenza dei cittadini ad associazioni di qualunque genere, come quello in esame, per finalità di controllo in ordine ai requisiti che tali organismi devono possedere per proporre azioni di classe – che potrebbero anche non essere mai esperite – appare irragionevole e può costituire potenzialmente anche un limite alla libertà di associazione stessa.
Esso, infatti, potrebbe dissuadere le persone interessate dalla partecipazione a forme di aggregazione sociale ove poter sviluppare la propria personalità (art. 3, comma 2, Cost.) per il timore di possibili conseguenze di carattere discriminatorio o di esclusione sociale che potrebbero derivare dalla comunicazione a soggetti terzi, per finalità di controllo, della propria scelta associativa in un ambito, peraltro, settoriale, qual è quello dell’esercizio della azione di classe.
In tale quadro, il Ministero, si conclude, deve tener conto del tenore stringente della disposizione normativa di riferimento, in base alla quale i requisiti per l’iscrizione comprendono esclusivamente “la verifica delle finalità programmatiche, dell’adeguatezza a rappresentare e tutelare i diritti omogenei azionati e della stabilità e continuità delle associazioni e delle organizzazioni stesse, nonché la verifica delle fonti di finanziamento utilizzate” (art. 196-ter, disp. att. c.p.c.).