Clima, l'allarme del CNR: sulla costa toscana rischio desertificazione

Lo scorso anno a causa eventi estremi, caldo, grandinate e gelate la produzione agricola si è ridotta del 3,1%.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 giugno 2024 23:15
Clima, l'allarme del CNR: sulla costa toscana rischio desertificazione

Firenze, 22 giugno 2024 - “Dal punto di vista della desertificazione il sud dell'Italia è l'area con le problematiche maggiori. In Toscana il fenomeno interessa in particolare le zone del grossetano e della costa: non solo perché è la zona dal punto di vista climatico più arida rispetto alle altre della Toscana, ma perché c'è una pressione dal punto di vista dell'agricoltura, della pressione dell'acqua”. È l'allarme lanciato da Ramona Magno, ricercatrice del CNR e Responsabile dell’Osservatorio Siccità del CNR-IBE, che sarà ospite del quinto convegno annuale AISSA#under40, l’associazione il cui scopo è promuovere lo scambio di saperi con un approccio interdisciplinare e rafforzare i rapporti con le istituzioni nazionali e internazionali nelle aree agraria, forestale, agroindustriale ed ambientale.

Il convegno AISSA#under40 è in programma a Firenze, il 26 e 27 giugno, negli spazi del Campus di Novoli dell'Università di Firenze e rientra nel calendario delle celebrazioni per i 110 anni della Scuola di Agraria e per il centenario dell’Ateneo fiorentino.La quinta edizione verterà su “Le Scienze Agrarie nell’Antropocene: dalla produttività alla tutela del patrimonio materiale e culturale”e vedrà, oltre a Magno, la partecipazione di Vittoria Brambilla, prima ricercatrice italiana ad avviare la sperimentazione in campo delle TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) in agricoltura nel nostro Paese e di Francesca de Filippis, microbiologa dell’Università di Napoli che lavora sull’importanza dell’asse microbioma-uomo-ambiente.

Secondo Magno ci sono “colture a rischio in Toscana e sono quelle irrigue, come il mais, tutte quelle colture che richiedono molta acqua. Nel grossetano può esserci anche il problema del riso”. Tra i temi affrontati dalla ricercatrice anche la connessione tra risorsa idrica e turismo: “Il fattore del turismo non viene mai preso in considerazione – spiega -.

Tuttavia l'aumento improvviso di popolazione, in un limitato periodo, comporta un aggravamento dei prelievi idrici. Questo va ad aumentare la pressione sul territorio e la risorsa idrica”.

Risorsa idrica: “Non è infinita, serve cambiare mentalità. In Toscana eventi estremi in aumentoProprio sull'acqua “bisogna iniziare a cambiare mentalità, pensare di agire prima anche se questo può richiedere più tempo. Non esiste una sola soluzione a un problema. Sull’acqua andremo verso un futuro in cui ce ne sarà sempre meno: non solo perché le piogge stanno cadendo in maniera diversa, ma pure perché la usiamo male. Ci sono sprechi, perdite: la risorsa acqua, fondamentale per la vita, non è infinita”. A livello globale, osserva Magno, “nel 2022 il Water Forum stabilì che nel 2030 ci sarà un gap 40% tra quella che sarà l'acqua disponibile e quelle che saranno le richieste idriche: noi, come Italia, ci siamo dentro appieno.

E per la Toscana vale lo stesso discorso: in questa regione i fenomeni con venti molto forti, nubifragi, si stanno intensificando”. Tra le azioni che Ramona Magno illustrerà nel corso del convegno, c’è anche spazio per le città. "Bisognerebbe agire, ad esempio, anche sulla parte urbanistica seguendo l’esempio dei Paesi del Nord dove si cerca di accumulare l’acqua quando ce n’è tanta, in modo da averla a disposizione anche in periodi di siccità”.

In Italia - ha concluso Magno - siamo un po' indietro. Dobbiamo poi cominciare a pensare al riuso delle acque, intensificare il riutilizzo delle acque reflue depurate per l’agricoltura e per l'industria, e cercare di ridurre le perdite nelle reti idriche. E se queste azioni sono auspicabili per l’adattamento ai cambiamenti climatici dobbiamo agire anche sulla mitigazione, e incentivare l'uso dei mezzi pubblici che è una delle opzioni che ognuno di noi può mettere in campo”.

NEL 2023 RACCOLTI GIU’ PER VINO, OLIO, FRUTTA, FIORI E LATTE

Ventilatori e abbeveratoi a pieno regime nelle stalle per dare sollievo alle mucche in difficoltà a causa dell’afa. I primi giorni di caldo sfiancante, oltre a causare disagi agli abitanti delle città e a far scattare le misure di prevenzione nei campi per proteggere i lavoratori dallo stress da calore, impattano anche sugli animali della fattoria. È quanto emerge dal monitoraggio di Coldiretti Toscana in riferimento agli effetti dell’anticiclone Minosse che ha portato anche sulla nostra regione la colonnina di mercurio oltre i 30 gradi.

Le stalle dotate di ventilazione, in particolare quelle per l’allevamento di mucche da latte che in Toscana sono circa 200 con poco più di 15 mila capi, sono state costrette ad azionare le varie strumentazioni a disposizione per cercare di sostenere gli animali, con un ulteriore aggravio dei costi energetici che già, nel 2023, erano aumentati del 7,1% a fronte di un “taglio” della produzione di latte in volume dell’1,1% secondo l’Istat.

Con le alte temperature ogni singolo animale arriva, infatti, a bere fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi meno caldi. Per le mucche specialmente – sottolinea Coldiretti Toscana – il clima ideale è fra i 22 e i 24 gradi, oltre questo limite gli animali mangiano poco, bevono molto e producono meno latte. Le condizioni avverse della precedente annata agraria, tra alluvioni ed eventi estremi, grandinate e gelate tardive, hanno avuto conseguenze molto pesanti sulle molte delle produzioni più importanti dell’agricoltura regionale con raccolti negativi per uva (-24,3%), olive (-18,3%), frutta (-23,3%) ma anche per il settore floricolo (-3,8%) e orticolo (-1,7%) secondo l’ultimo report dell’Istat. Allargando il campo la produzione del settore agricoltura, silvicoltura e pesca ha subito una contrazione del 3,1% nel 2023, peggiore della media nazionale (-1,8%) e del - 4,4% del valore aggiunto ed anche in questo caso superiore al dato italiano (-2,5%).

L’inverno eccezionalmente caldo, il più bollente degli ultimi 70 anni in Toscana, e le precipitazioni cadute in abbondanza in primavera hanno reso impraticabili i terreni, molti dei quali sono ancora fangosi, e ritardato la semina di molte varietà cerealicole come in Valdinievole, terra vocata al granturco, dove gli appezzamenti incolti sono il 20% stima Coldiretti Toscana. “E così, il combinato disposto di questi elementi fa temere un calo della resa per ettaro fino al 30/40%. Senza contare la mancata semina dei terreni ancora fangosi. Accade in Valdinievole, terra vocata alla coltura del granturco che vive l’ennesima stagione di passione - commenta amaro Paolo Giorgi, produttore di mais che usa per alimentare i suoi bovini da carne - Occorre - è l’appello di Giorgi- accelerare l’implementazione di una rete di invasi piccoli e grandi, sfoltendo l’iter dalle norme inutili, e stimolando gli investimenti, sia delle imprese, sia degli enti pubblici”.

Senza la disponibilità di acqua la Toscana rischia di perdere per strada, nei prossimi anni, una fetta importante del suo tesoro agricolo che vale oltre 4 miliardi di euro e qualcosa come quasi 3,5 miliardi di euro di export. “Il quadro che emerge oggi, analizzando le ultime annate agricole, è di profonda incertezza. Le frequenti anomalie climatiche portano con se, a fianco dell’effetto evidente e visibile di quella che è una stagiona siccitosa o eccessivamente piovosa sulle produzioni, una serie di problematiche connesse come l’esplosione dei patogeni che ha caratterizzato l’ultima annata: fattori che, messi insieme, riducono la nostra capacità di produrre cibo e destabilizzano le attività agricole dal punto di vista economico.

Cosa fare? Investire in prevenzione, sulla sicurezza del territorio, la gestione delle acque e, sulla riforestazione urbana e cambiare drasticamente il nostro approccio nei confronti della gestione del territorio considerando che il 100% dei comuni si trova in aree a rischio idrogeologo di cui 9 su 10 ad elevato rischio frane ed alluvioni. Un quinto del nostro territorio è già a rischio desertificazione nonostante ciò ogni anno continuiamo a consumare suolo fertile, ad impermeabilizzare ettari dopo ettari di terreno con cemento e capannoni rendendo così più fragili le nostre città e mettendo quindi a rischio la nostra vita”.

Infine, ma non ultimo, il tema fondamentale degli invasi e soprattutto il recupero dei migliaia di piccoli laghetti aziendali. “Stiamo cercando di sbloccare con la Regione Toscana il groviglio di normative e vincoli che oggi impediscono il loro recupero. – conclude la presidente di Coldiretti Toscana - Sono infrastrutture già presenti sul territorio e quindi che potrebbero dare risposte immediate salvando le acque piovane che sarebbero poi utilizzate per l’irrigazione ma anche per uso civile e per spegnere gli incendi che purtroppo, il clima siccitoso, favorisce durante l’estate”.

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