Ieri l'Unità Polizia Commerciale, amministrativa e anticontraffazione ha sequestrato 220 giocattoli e gadgets privi del marchio CE e delle indicazioni obbligatorie previste dalla normativa comunitaria, che erano venduti irregolarmente al mercato settimanale del viale Galilei. Con l’avvicinarsi delle festivita’ natalizie la Polizia municipale ha intensificato i controlli relativi alle attivita’ commerciali, con particolare riguardo alla vendita dei prodotti non in regola con le norme comunitarie, che possono rappresentare un pericolo per la salute dei consumatori.
Nella mattinata di domenica inoltre gli agenti di piazza Macelli sono intervenuti all’interno di un fondo in via Puccini dove è stata accertata un’attivita’ abusiva di parrucchiere, gestita da R.S., cittadino cinese di 26 anni. Al parrucchiere abusivo sono stati contestati due verbali di violazione amministrativa per un totale di 2.600 euro, in quanto esercitava l’attività senza il titolo autorizzativo ed in assenza dell’abilitazione professionale richiesta dalla legge. L’attivita’ è stata bloccata ponendo sotto sequestro tutte le attrezzature utilizzate per lo svolgimanto. «Con la tragedia che qualche giorno fa ha portato sette povere vittime cinesi, la Toscana e l’Italia hanno finalmente scoperto che Prato è diventata un’autentica e grave emergenza nazionale.
Questo senza però che Prato sia mai stata veramente riconosciuta dalla Regione Toscana e, per molti anni, nemmeno dalle amministrazioni comunali come un ‘caso Prato’ che avrebbe dovuto essere governato al di fuori degli stretti parametri della normalità burocratico-amministrativa» afferma i consigliere regionale Magnolfi (Nuovo Centrodestra) «Dopo questa tragedia che ancora ci sconvolge abbiamo sentito che – in un mare di pietà autentica ma anche di tanta ipocrisia e frettolosa rimozione di responsabilità politico-amministrativa – si è scoperto che anche la Toscana ha la sua ‘terra dei fuochi’: ci sono porzioni di una grande città sostanzialmente impenetrabili a controlli e prevenzione rispetto a situazioni di vita e di lavoro indegne, e ciò malgrado l’abnegazione meritoria delle forze dell’ordine e nonostante almeno negli ultimi anni ci sia stato tentativo costante dell’amministrazione comunale di invertire la rotta per contrastare un degrado ormai difficilmente reversibile».
«Io sono il primo firmatario della richiesta per questa seduta speciale. Ebbene: prima di assumere questa iniziativa sono stato combattuto quando mi son trovato a dover respingere e superare la sensazione intimamente dolorosa secondo cui è molto viva la preoccupazione che ormai qualunque cosa arrivi a Prato, ammesso che arrivi, in termini di contrasti e di rimedi lo faccia troppo tardi. Questa è una sensazione di sconfitta personale e politica per chi da anni assume la propria città come bussola forte per le proprie scelte, ma anche per un’intera comunità.
Da città degli stracci a Chinatown d’Europa, Prato custodisce eccellenze artistiche comparabili al resto della Toscana, e ha fatto della cultura del lavoro e dell’imprenditorialità diffusa un esempio di livello mondiale: perché allora oggi è ridotta in questo modo, a non riconoscersi più e a dubitare persino dei suoi presupposti di civicità?» «Dal dibattito di stamani non ci attendiamo miracoli ma un tentativo di rispondere a queste domande pressanti, però, quello sì. Non mi interessano i processi sommari su cose estremamente complicate: certo che ci sono responsabilità molto grandi, ma non sono tutte sullo stesso piano.
Quanto accaduto ha un nome e un cognome: è l’assoluta incapacità, da parte della sinistra che negli anni 90 guidava tutte le amministrazioni locali, di leggere i fatti, a causa della spinta ideologica a negare l’evidenza. In quei lustri tutto si è pregiudicato. Nel 1998, per fare un esempio, ci fu al Comune di Prato una commissione d’inchiesta sul problema del lavoro cinese e dell’immigrazione illegale: essa terminò i suoi lavori dicendo che in sostanza non c’erano problemi. Un consigliere comunale di Fi che invece chiedeva di «sollevare il velo di ipocrisia» sullo sfruttamento del lavoro minorile e le condizioni dei minori, interpellando l’allora sindaco e appellandosi alla Usl, si sentì rispondere dal sindaco: «Caro consigliere, non so dove lei viva ma questa non è Prato».
Era il gennaio 1998; sono passati 15 anni, e i problemi allora avevano non la dimensione ma la qualità di cui oggi siamo a raccogliere le conseguenze». «E veniamo all’oggi. All’inizio di questa legislatura, quando la sinistra aveva perduto il Comune, il presidente della giunta pose il caso Prato come elemento determinante per giudicare la politica della giunta sia quanto a ripartenza economica che quanto a legalità e civiltà. Fu lanciato il ‘Progetto per Prato’ e si aprì un ufficio di rappresentanze del presidente della giunta proprio a Prato: dopo 4 anni non si è investito praticamente niente.
Non si è colto, ancora una volta, che lì siamo davanti a una situazione completamente eccezionale, non parametrabile con gli standard ordinari. Siamo di fronte a una città che sta morendo sotto il profilo economico e che non riesce a dare ai cittadini un’adeguata percezione di sicurezza». «Dopo la tragedia sentiamo un caleidoscopio di proposte, accompagnate da un tentativo imbarazzante di scaricare il barile sul ministro degli interni. Lo stato sta battendo colpi di attenzione. Certo sarà difficile pensare a qualcosa di risolutivo in un organismo così drasticamente colpito da non essere in condizione di riconoscere se stesso.
In questo contesto, se le proposte della giunta regionale sono quelle che i giornali hanno riferito beh, mi lasciano sconcertato. Si sbandiera una sorta di cittadinanza-premio a chi esce dalla clandestinità, ma ancora una volta si travisa la realtà: a chi è in quelle condizioni, dell’integrazione e della cittadinanza non importa niente. I bambini vengono mandati a studiare in Cina perché non si ‘italianizzino’ e poi fatti tornare a Prato per lavorare senza che conoscano una parola di italiano».
«L’altra proposta che vorrei capire sarebbe l’idea, per superare questa situazione penosa, di creare accanto ai laboratori-lager degli spazi abitativi. In questo modo si torna alla preistoria del nostro modello industriale: per superarlo, a Prato ci son volute decine di anni. Questo sarebbe il progresso che vogliamo indicare per riportare legalità e vivibilità in una città piegata da tutto ciò che è successo? Io spero che queste cose siano smentite, altrimenti sarebbe una spinta definitiva al declino che purtroppo già si sta profilando e rispetto al quale mancano ricette adeguate.
Io penso, e non è una ricetta ma solo un’idea, che una strada potrebbe esserci: occorre un rapporto con l’Europa, che individui nel ‘caso Prato’ una situazione da riconvertire completamente costruendo un progetto esportabile anche altrove. Per questo tipo di progetti l’Ue ha risorse importanti e già in altri casi le ha investite. Questa sì che può essere una soluzione e un lavoro che la Regione Toscana può fare con efficacia, non inventarsi modeste proposte propagandistiche che non risolvono alcun problema». “Dobbiamo abbandonare la retorica e il profilo del mero commentatore politico, perché siamo amministratori e dobbiamo parlare di cosa dobbiamo fare.
La città di Prato, fin dagli anni ’90, è un grande laboratorio di politiche nazionali per due fenomeni paralleli: da una parte la globalizzazione, che ha messo in concorrenza i nostri siti produttivi storici con i mercati internazionali, mettendoli in ginocchio; dall’altra, il processo migratorio che ha fatto divenire Prato la città con il più alto tasso di immigrati, pari al 17,5%, la metà dei quali appartengono alla comunità cinese e alle sue oltre tremila aziende”. Lo ha dichiarato, intervenendo in Aula in occasione della seduta straordinaria del Consiglio regionale sul Caso Prato, Rudi Russo, Consigliere di Centro Democratico.
“Prato, dunque, da decenni potrebbe essere un laboratorio per fare politiche di integrazione, potrebbe divenire un modello su scala nazionale, ma questo è stato sempre disatteso. Oggi abbiamo tutti sette morti carbonizzati sulla coscienza e siamo chiamati a intervenire con la più determinata e appassionata motivazione”, ha spiegato Russo. “Non possiamo pensare che il Comune, da solo, possa tamponare un fenomeno di tale intensità, né che vi riesca la squadra interforze che, come noto, non ha strumenti sufficienti”.
“Vogliamo chiedere al Parlamento di verificare e arginare il fenomeno dell’evasione fiscale che si sta verificando a Prato?”, ha aggiunto Russo, rivolgendosi direttamente al Governatore Rossi. “Il rispetto del regole è il miglior percorso verso la cittadinanza. Non esistono scorciatoie! Quanti casi si verificano tutti i giorni come quelli denunciati da Report? Vogliamo intervenire sulla tassazione delle rimesse all’estero? Si parla di un milione di euro al giorno che passa attraverso i money transfer.
Sono soldi che possono rimanere a Prato, essere investiti a Prato e creare opportunità nuove, perché oggi gran parte dei cinesi vive Prato come una transizione e non come un progetto”. “Il Governo deve fare necessariamente una cosa, e la Regione Toscana deve incalzarlo su questo punto: insieme ai patti commerciali, dobbiamo chiedere una collaborazione giudiziaria e di polizia tra Italia e Repubblica Popolare Cinese perché dietro la manodopera cinese c’è la mafia che organizza i trasferimenti in Italia e da questi vuole essere ripagata”, ha concluso Russo.
“Gli interrogativi sono molti e puntuali. Presidente Rossi, io auspico che lei sia capace di sollevare la discussione oltre i recinti della retorica e del rimpallo delle responsabilità del passato e ci possa mostrare gli interventi amministrativi di competenza regionale e le proposte di intervento che andremo a presentare al Governo”.